Terrorista a 15 anni – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Dall’isolamento alle scelte estreme: l’analisi di un comportamento inquietante

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A leggere la storia del 15enne di Bolzano, presunto terrorista in procinto di attentati violenti, si rimane increduli.
Ma ciò che sconvolge di più è l’età del giovane che indica, se mai ce ne fosse ancora bisogno, quanto l’infanzia oggi si concluda precocemente.
Di certo in questa storia inquietante ci sta l’iperconnessione dei giovanissimi che fa arrivare nel dark web dove attrae e cattura quella dimensione oscura di internet.
 
A me sembrano ancora più significativi però la solitudine e l’isolamento con cui cresce questa generazione.
Un ambiente familiare ricco di problematicità, generalmente distante dagli interessi degli adolescenti impegnati nei compiti evolutivi, non aiuta.
Meno che meno sostengono quegli adulti che neanche si accorgono di chi se ne esce di casa per andare a scuola armato fino ai denti e vaga nel vuoto di presenze affettive che dovrebbero invece esserci per arginare il flusso continuo della violenza.
 
Complice di questo stato di cose, per gli attuali adolescenti che hanno attraversato il Covid, c'è anche l'esperienza del forzato isolamento che ha aumentato la dipendenza dai social e ridotto la capacità critica individuale.
Preoccupa allora l’aumento dei comportamenti estremi e la radicalizzazione delle idee degli adolescenti. Che però non sono fenomeno nuovo come non lo è l'attrazione per il rischio in quanto parte integrante del processo di individuazione e di ricerca di senso.
 
Anzi non c’è adolescenza senza quell’andare da un estremo all’altro e dove è ridotta, forse ridottissima, la percezione del pericolo per ragioni fisiologiche ma anche per la carenza di figure autorevoli capaci di frenare l’impulsività giovanile.
E non c’è sempre la psicopatologia dietro le scelte estreme così come nemmeno in questo quindicenne temo si possa ritrovare un disturbo narcisistico di personalità che qualcuno ha già ipotizzato.
 
Diagnosi possibile ma non certa. Perché se ci può stare una salute mentale precaria, dietro le radicalizzazioni ci sono motivazioni diverse, più spesso connesse con il tentativo di risolvere i problemi di una crescita faticosa e reggere un impegno evolutivo complesso.
I comportamenti estremi di oggi sembra abbiano più a che fare con questa generazione senza futuro, amputata del domani, delusa e immersa in una realtà che, per frequenza, ha normalizzato la violenza e incrementato le scelte estreme e spettacolari.
 
Non a caso molti giovani solitari fuggono e si ritirano dalla realtà sociale o abbracciano cause violente con poco o scarso senso critico e con la percezione della propria insopportabile fragilità.
Qualche volta addirittura col sentimento plumbeo di una vulnerabilità ingovernabile.
Contro l’insoddisfazione e il dolore interiore, possono funzionare le dinamiche del «branco» che ammalia e cattura.
 
E allora l’appartenenza a un gruppo o magari a una cellula terroristica operativa serve per mettere al riparo l’adolescente, incurante dei rischi, dalle difficoltà relazionali che deve affrontare, anche quando gli offre un quadro di valori violenti, che però controbilanciano le negatività con cui egli vive la sua quotidianità.
Forse casi come questi ci spaventano, ma ci obbligano a rivedere le nostre funzioni adulte.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Università di Trento