Storie di donne, letteratura di genere/ 584 – Di Luciana Grillo
Alice Robb, «Non pensare, cara. Amare e abbandonare la danza classica» – Quando la danza non è un divertimento. È una meditazione, una preghiera fatta con il corpo

Titolo: Non pensare, cara.
Autrice: Alice Robb
Traduttrice: Flavia Gasperetti
Editore: 66thand2nd, 2025
Pagine: 300, Brossura
Prezzo di copertina: € 20
Per una persona come me che ha frequentato con passione una scuola di danza classica e che ha dovuto lasciarla contro la sua volontà, leggere questo romanzo è stato tornare indietro di molti anni, rivedere sbarra scarpette rosa e tutù di tulle, ripensare alle altre ragazzine che hanno potuto continuare, capire quanti sacrifici costi la danza classica e quanto sia difficile procedere nel percorso.
L’autrice di questo romanzo racconta la sua storia e la devozione senza riserve per Balanchine, fondatore della School of American Ballet, «che amava la suspence, voleva che il pubblico non sapesse mai cosa aspettarsi… per questo insegnò ai suoi danzatori a mandare in cortocircuito i passi preparatori, a spiccare un salto dopo un plié minuscolo… lo spettatore non poteva sapere se una ballerina con le ginocchia solo leggermente piegate fosse in procinto di spiccare il volo, lanciarsi in una piroetta… oppure fare qualcosa di molto semplice… o drizzare le ginocchia e tornare in piedi. Questo permetteva di conservare l’elemento sorpresa, ma aveva un impatto durissimo sulle ginocchia dei danzatori. Balanchine li spingeva fino al limite, e talvolta a oltrepassarlo… Balanchine il tiranno che puniva le ballerine…».
Alice Robb scrive delle ballerine diventate famose e anche delle tante che non hanno raggiunto il successo, nonostante sacrifici infiniti; ci presenta Maria Tallchief, la cui storia con Balanchine fa pensare a un lungo abuso di potere; Darci Kistler, che alla prima lezione subì «una violenta pacca sul sedere, lì, davanti all’intera compagnia»; Meiying, dotata di un’attitudine naturale e di carisma come Misty, che «trovò nella danza un rifugio dal caos che la circondava… desiderava essere presa sul serio… mise tutta se stessa nel ruolo (di Marie nello Schiaccianoci)», ma dopo sei anni lasciò quel mondo, frequentò un college, ma poi smise anche di studiare, la danza l’aveva stancata, era esausta...
Dopo, né le partite di basket, né gli studi e le feste resero piena la sua vita, fin quando la madre non le suggerì di frequentare una scuola d’arte.
Cominciò a dipingere, soggetti preferiti erano… le ballerine! Diventata madre, ha proposto ai figli di suonare uno strumento o di dedicarsi a sport di squadra. Non vorrebbe che una figlia, impegnata nella danza classica, «imparasse a odiare se stessa».
Anche a Rachel era stato affidato il ruolo nello «Schiaccianoci» e fino ai venti anni «era rimasta sempre ossessivamente concentrata sulla danza», lei e le altre non avevano pensato al sesso, il corpo era uno strumento nelle mani dei ballerini che le sollevavano <<in aria tenendole per la pancia… sorrette per i fianchi… A quindici anni le mani dei ragazzi erano praticamente nella mia vagina… Per tutta la vita, il contatto fisico era stato talmente onnipresente da aver perso qualsiasi connotazione sessuale»
Lily, troppo alta per la danza, diventò anoressica quando seppe che stava crescendo velocemente: «cominciò a tener conto di ogni caloria assunta e si mortificava se superava un totale giornaliero di mille».
Diventò così debole da subire fratture frequenti, che cercava di nascondere, come fece quando seppe di essere «una delle cinque allieve scelte come nuove apprendiste del New York City Ballet».
Il dolore atroce che l’affliggeva a causa di un alluce fratturato dopo varie serate la costrinse a non finire il balletto. Aveva la febbre molto alta e un’amica le aveva offerto della cocaina.
Aprì una scuola di danza e alle allieve che si preoccupavano del peso, diceva: «Cinque chili non distruggeranno la tua carriera».
La sua carriera ha fatto molti progressi, ma i dolori fisici sono rimasti, le sue ginocchia «non torneranno mai quelle di prima».
Altre sono le storie che Alice Robb ci propone, chi legge finalmente comprende che «la danza non è un divertimento. È una meditazione, una preghiera fatta con il corpo. È una ricerca della perfezione e un abbandonarsi all’istante presente».
Luciana Grillo - [email protected]
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