Storie di donne, letteratura di genere/ 582 – Di Luciana Grillo
Emerita Cretella e Michela Nacca: «Guarda come una donna, Storia nelle Storie» – Un libro da leggere dalla… prima all’ultima donna

Titolo: Guarda come una donna. Storia nelle storie
Curatrice: Emerita Cretella
Curatrice: Michela Nacca
Editore: Armando Editore, 2024
Pagine: 272, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
Cretella e Nacca hanno raccolto diciassette storie di donne impegnate – ciascuna nel proprio raggio di azione – al raggiungimento della parità fra generi.
Nella prefazione, scritta da Alma Maria Grandin, sfilano i pensieri di «donne di tutte le epoche» che abbiamo il dovere di non dimenticare.
Fra queste, insieme a Grazia Deledda, Lina Merlin, Rita Levi Montalcini, Tina Anselmi, Oriana Fallaci e tante altre, troviamo Sibilla Aleramo che incita la donna a «rivendicar sé stessa, ch’elle sola può rivelar l’essenza vera della propria psiche composta, sì, d’amore e di maternità e di pietà ma anche di dignità umana».
Alla sorellanza invece fa riferimento Nilde Iotti che ricorda come «si determinò in quegli anni una specie di coscienza comune fra le rare donne presenti nell’Assemblea Costituente. Nei momenti più essenziali al ruolo delle donne funzionò una unità, che non era espressione di accordi di vertice, ma di una comune responsabilità e consapevolezza».
La prefazione si chiude con le parole di Michela Murgia: «Se potessi lasciare un’eredità simbolica, vorrei fosse questa: un altro modello di relazione, uno in più per chi nella vita ha dovuto combattere sentendosi sempre qualcosa in meno».
Prefazione ricca di osservazioni che ci invitano a riflettere, prima di passare alle testimonianze interessanti e varie delle donne che hanno storie, formazione, origini diverse:
Emerita Cretella, prendendo in considerazione «sguardi e voci di donne tra passato presente e futuro» ricorda le lotte femministe della sua adolescenza e giovinezza e confessa che se «qualcuno mi avesse detto che i diritti allora conquistati dalle donne a distanza di più di trent’anni sarebbero stati in serio pericolo e che ancora oggi mi sarei trovata ad occuparmi di discriminazione e violenza di Genere, non gli avrei creduto».
E invece, nulla deve essere dato per contato, le conquiste non sono per sempre, le lotte non si esauriscono… Cretella parte da lontano, dalla Maddalena e dalle streghe, dagli stereotipi assai diffusi («Le isteriche hanno una inclinazione naturale all’inganno e alla menzogna, tratti di una pronunciata invidia e, in varie misure una tendenza alla sporcizia» secondo Ficher Hoberger), dalle storie di donne internate nei manicomi, non solo le donne povere e abbandonate, ma persino la sorella di Stefania del Belgio, moglie del principe ereditario Rodolfo d’Asburgo.
Si chiamava Luisa, trascorse otto anni in manicomio perché si era ribellata alla violenza del marito Filippo di Coburgo.
Duri a morire gli stereotipi, se una giovane italiana - Chiara Tilesi - va per studiare a Los Angeles e scopre che «nel mondo cinematografico la rappresentazione delle donne era basata su stereotipi».
Nel 2015, fonda una casa di produzione dedicata ai film sulle donne, con lo scopo di creare nuovi modelli, prendendo per esempio donne come Frida Kahlo, Rosa Parks, Erin Brockovich e tante altre.
Vive a Los Angeles anche Debora Medici Guetta, fotografa che, dopo aver avuto tre figli ed essersi dedicata a loro per alcuni anni oltre che alla carriera del marito, decide di occuparsi dei diritti femminili creando foto «stratificate» in cui si sovrappongono varie generazioni di donne.
Tra le altre, vorrei citare Rita Coruzzi che ha fatto della disabilità la sua forza e della fede la sua determinazione.
Dopo aver parlato di sé, ricorda due donne celebri: Matilde di Canossa, capace di governare in pieno Medioevo un ampio territorio, di mediare fra Papa e Imperatore, di andare a combattere al fianco dei suoi soldati; Eleonora di Arborea, tornata in Sardegna per amministrare i possedimenti di famiglia.
Conosciuto il destino delle donne che si suicidavano dopo aver subito violenza, promulgò un Codice che le tutelava, obbligando l’uomo violento a sposarle o a mantenerle per tutta la vita.
Alma Maria Grandin racconta la vita, i sacrifici e i successi di Marie Curie, mentre Anna Milvia Boselli - femminista in prima linea - descrive il suo impegno politico e le donne del Nepal; di politica scrive anche Roberta Agostini, di scarsa presenza femminile nei luoghi della politica, di gerarchie consolidate in famiglia e nel lavoro, di donne «percepite come un corpo estraneo e non pienamente legittimate ad occupare dei ruoli nello spazio politico».
Interessante la citazione del pensiero di Chimamanda Ngozi Adichie: «Nel nostro mondo un uomo è sicuro di sé, una donna è arrogante. Un uomo è senza compromessi, una donna è una rompicoglioni. Un uomo è assertivo, una donna aggressiva. Un uomo uno stratega, una donna manipolatrice. Un uomo è un leader, una donna ha manie di controllo…».
Diventato un grido di battaglia «Sono Giorgia, sono una donna, sono cristiana, sono una madre», questo “urlo” dà a Giorgia Meloni un volto femminile, ma tinge la campagna elettorale di competitività muscolare e dunque maschile.
D’altra parte, una volta eletta, Meloni ha preteso di essere definita “Il Presidente del Consiglio” «aderendo perfettamente al consolidato ordine maschile».
Altre testimonianze parlano di lavoro e Servizio Sociale e presentano la «Maison Antigone» nata nel 2017, che si occupa di donne vittime di violenza e dei minori, testimoni diretti di tale violenza.
Nella seconda parte, questo saggio tratta le discriminazioni sulle donne nel mondo della Giustizia: non solo vittime di uomini violenti, ma vittimizzate spesso dalla stessa famiglia, dalla società, dalle istituzioni, persino dai tribunali.
Michela Nacca, Presidente e cofondatrice di Maison Antigone, Avvocata della Rota Romana, si è occupata di casi matrimoniali provenienti da ogni angolo del mondo ed ha partecipato in prima persona all’evoluzione della Chiesa che, soprattutto dall’insediamento di Papa Francesco, «ha bisogno dello sguardo femminile e del punto di vista delle donne».
Altre discriminazioni si verificano nel mondo dello sport: Luciana Germano racconta la sua infanzia da “emarginata”, la violenza subita, la libertà sottratta, l’allontanamento forzato dalle amiche, l’abbandono del lavoro… «io non potevo perdere una persona che dimostrava così tanto interesse per me,… divenni in breve succube…».
Per fortuna la relazione tossica finisce, Luciana frequenta una palestra, conosce un uomo nuovo, diventa campionessa europea di Kickboxing, è un punto di riferimento per giovani e adulti che chiedono aiuto perché bullizzati.
Antonia Cunti, continuando a ragionare su Donne e Sport, sostiene che «la mascolinità è associata a forza fisica, resistenza, velocità e combattività; ne deriva che “le donne che si impegnano nello sport possono essere viste come mascoline»…
«Ancora oggi il calcio o il pugilato, ad esempio, molto raramente vengono proposti alle donne… al contempo, la danza e la ginnastica artistica continuano a suscitare un interesse risicato presso il pubblico maschile».
E aggiunge che per alcuni «l’essere donna e atleta sono in qualche modo considerati opposti… le donne e le ragazze che partecipano allo sport si trovano a navigare in complesse intersezioni tra sport e identità di genere relative alla femminilità e alla competenza atletica».
Ci sarebbe ancora tanto da scrivere su questo libro, ma non posso trascurare la testimonianza di Rahila, «la cui voce è stata messa a tacere per sempre».
Rahila è afgana, nata nel 2000, ha visto con i suoi occhi i tanti progressi delle donne, le loro conquiste relative alla parità di genere, e poi, drammaticamente, ha vissuto la presa di potere dei Talebani dopo il ritiro degli Stati Uniti.
Dal 2021 l’Afganistan è stato schiacciato da paura del domani e incertezze sul futuro; per le donne si è chiuso ogni spiraglio, Rahila è riuscita a fuggire con l’aiuto di persone italiane.
Con un aereo militare ha raggiunto l’Uzbekistan, poi è passata per la Germania, infine è arrivata in Italia, dove si è fermata e affermata come giornalista, dove assiste i rifugiati frequentando contemporaneamente «Global Humanities and Human Rights» presso l’Università La Sapienza di Roma.
Il suo motto è: «Smile and Go ahead!» Sorridi e vai avanti!
Non è la sola donna straniera a testimoniare sulla condizione femminile, c’è anche Parisa, iraniana, figlia amata di genitori moderni che, con il ritorno di Khomeini, hanno visto sgretolarsi i diritti conquistati dalle donne.
Parisa ha quattordici anni e si prepara ad andare in Francia per continuare a studiare quando i pasdaran fanno irruzione nella casa dove un ragazzo festeggiava il diciottesimo compleanno: urla, offese, spintonate e tutti in cella, accusati di corruzione morale e processati nello stesso luogo dove, trentacinque anni dopo «il 22 settembre 2022, Mahsa Jina Amini, una giovane ventiduenne di etnia curda si è accasciata a terra e ha perso conoscenza per sempre».
Ho letto tutte le testimonianze, ho citato quelle che mi sono sembrate più significative, con il rammarico di non poter scrivere di tutte.
Invito però chi vuole approfondire queste tematiche a leggere «Guarda come una donna» dalla prima all’ultima pagina.
Luciana Grillo - [email protected]
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