«Si esporti altrove il sistema opera romani»

Moser: «Evitiamo i trionfalismi, ma troviamo le risorse per applicare altrove il modello Nomi»

Fenalt, sindacato di maggioranza nel settore delle case di riposo, esprime forte perplessità sulle recenti dichiarazioni dell’Assessore provinciale alla sanità Mario Tonina riguardanti l’organizzazione della APSP di Nomi.
«L’ente gode di entrate proprie e di rendite da affitti - precisa Roberto Moser, vice segretario generale Fenalt - elementi che garantiscono una maggiore disponibilità di risorse per assunzioni extra parametro e per il mantenimento di bilanci in attivo. Questa realtà non è rappresentativa della situazione complessiva del settore. Ma se l’Assessore considera il modello della APSP di Nomi un esempio virtuoso, allora deve assumere misure immediate per garantire risorse adeguate al resto delle APSP».
 
Fenalt osserva come le parole di Tonina rappresentino una tacita ammissione delle difficoltà che affliggono il mondo delle case di riposo trentine. La carenza cronica di personale, i carichi di lavoro insostenibili e la necessità di ricorrere ai tribunali per vedersi riconosciuti diritti elementari sono solo alcune delle problematiche che gli operatori e il sindacato affrontano quotidianamente.
 
«Per non parlare della questione dei buoni pasto - aggiunge Moser - che ancora oggi non vengono riconosciuti ai lavoratori del settore. La Provincia autonoma di Trento assegna alle APSP trentine un contributo variabile in base alla gravità degli ospiti, per un totale di oltre 137 milioni di euro, ai quali si aggiungono altri finanziamenti fino a superare i 143 milioni di euro, senza contare le rette pagate dalle famiglie. In queste cifre, aggiornate ad ogni rinnovo contrattuale, è inclusa anche la spesa per i pasti dei dipendenti: 7 euro per ogni giornata lavorativa di almeno 6 ore. Tuttavia, la maggior parte degli operatori non ha la possibilità di usufruire della mensa, in quanto vincolata da turni di lavoro estremamente serrati».
 
Non si può ignorare neppure il tema della sicurezza sul posto di lavoro: i lavoratori delle RSA si trovano spesso ad affrontare situazioni difficili, comprese aggressioni da parte di pazienti con disturbi cognitivi.
«Definire queste strutture semplicemente case di riposo è ormai obsoleto e fuorviante - dichiara il sindacalista - Vista la complessità dell’utenza accolta, che spazia da ospiti allettati a persone con gravi problematiche comportamentali, sono da considerare vere e proprie cliniche».
 
Su questi temi il sindacato chiede un confronto serio e costruttivo con le istituzioni per affrontare le problematiche strutturali delle RSA e per garantire condizioni di lavoro dignitose a tutti gli operatori del settore.
«Le dichiarazioni ottimistiche non bastano - conclude Moser - servono risposte concrete e impegni tangibili».