Sergio Decarli: «Ridatemi il mio colore» – Di Daniela Larentis
Inaugurata a Trento allo Spazio FoyEr la nuova personale dell’artista trentino, visitabile dal 21 marzo al 4 aprile 2025 – Intervista

Sergio Decarli
Con «Ridatemi il mio colore», la nuova personale di Sergio Decarli da poco inaugurata a Trento, lo Spazio FoyEr propone una mostra che non è solo un evento espositivo, ma un’occasione di riflessione sul nostro rapporto con il mondo naturale.
Presentata da Antonio Cossu, presidente di Promart Trento, l’esposizione è visitabile dal 21 marzo al 4 aprile 2025 nei seguenti orari di apertura: da lunedì a venerdì dalle 10 alle 12 e dalle 16 alle 19, presso la sede di via Galilei 26.
L’artista trentino, noto per la sua eclettica produzione che spazia dalla pittura alla scultura sonora, espone nel cuore della città dodici tele di grande formato realizzate in bianco e nero, incentrate sulla rappresentazione degli alberi, la maggior parte delle quali in mostra per la prima volta.
Una scelta espressiva radicale, lontana dalle cromie intense che hanno caratterizzato la sua produzione passata, e che assume il valore di una denuncia silenziosa: la perdita del colore diventa metafora della crisi ambientale, un invito a riflettere sul fragile equilibrio tra uomo e natura.
Antonio Cossu ha sottolineato come l’opera di Decarli sia da sempre attraversata da un profondo legame con gli elementi naturali e da una costante tensione sperimentale: «Essere l’interprete di una natura generosa, ma che soffre, è da sempre l’impegno sociale dell’artista trentino Sergio Decarli. Da decenni le sue opere - sia quelle in musica, sia quelle nell’ambito delle arti visive - testimoniano immancabilmente il legame con la natura nelle sue diverse espressioni», ha messo in luce davanti a un folto pubblico.
Con questa nuova serie, Decarli prosegue il suo percorso di ricerca tra arte e ambiente, facendo della sottrazione cromatica un linguaggio essenziale per esprimere l’urgenza della sua riflessione ecologica.
Le opere, realizzate con tecnica acrilica su tele preparate dall’artista stesso, restituiscono un paesaggio essenziale e quasi rarefatto, in cui gli alberi si stagliano come presenze arcaiche in un sogno sospeso, immobili testimoni del tempo che si sgretola.
Il titolo stesso della mostra sembra amplificare il messaggio dell’artista, trasformando ogni dipinto in un appello alla consapevolezza e alla responsabilità.
Pittore, musicista e sperimentatore instancabile, Sergio Decarli ha sempre affrontato la pratica artistica con un approccio interdisciplinare e innovativo.
La sua carriera, iniziata negli anni Sessanta come percussionista della band «I Britanni», lo ha portato a esplorare il rapporto tra suono, materia e segno visivo, dando vita a strumenti musicali da lui costruiti con materiali poveri e di recupero, e a sculture sonore capaci di coniugare arte e musica.
Nella pittura, il suo linguaggio concettuale si esprime attraverso una sintesi rigorosa, che in questa esposizione trova una nuova forza espressiva nell’assenza del colore.
Sergio Decarli, n.10, ciclo Alberi.
Cenni biografici.
Sergio Decarli (Trento, 1946).
Fin da ragazzo l’interesse per la musica lo spinge a maturare le proprie esperienze artistiche attraverso importanti esibizioni concertistiche; uno straordinario istinto lo muove a sperimentare incessantemente nuove tonalità musicali attraverso l'utilizzo di strumenti ora tradizionali, ora «inventati» o «inutili», scelti tra gli oggetti della quotidianità.
Con questi strumenti apparentemente impossibili, l'artista misura senza timore e con l'intima passione che lega l'uomo al suono, la sua elevata professionalità di percussionista.
Contemporaneamente sviluppa un rigoroso impegno di ricerca espressiva nella pittura e nella scultura.
Ha tenuto numerose esposizioni personali, tra le altre alla Galleria Civica di Bressanone, alla Galleria Argo Arte di Trento, alla Galleria Fogolino di Trento, negli spazi verdi di Villa Madruzzo, a Trento.
Tra le partecipazioni a rassegne collettive si ricordano «Correnti e Arcipelaghi», Castel Ivano; «Situazioni Trentino Arte e Tra un tempo che si sfalda e uno che nasce», MART, Rovereto; «Il vero nemico dell’arte? Il conformismo», Monte San Savino (AR); «Racconti dal Carcere», Museo Diocesano Tridentino, Trento; «Fogolino contemporaneo», Galleria Fogolino, Trento.
Abbiamo avuto il piacere di porgergli alcune domande.
Sergio Decarli, n.67, ciclo Alberi.
Partiamo dal titolo della mostra: «Ridatemi il mio colore». Qual è il suo significato?
«Il titolo nasce come una metafora e rappresenta una richiesta d'aiuto da parte della natura. L'inquinamento, in tutte le sue forme, ha intaccato profondamente il nostro ambiente, e attraverso questa mostra desidero dare voce a questa sofferenza.
«Sono tre anni che porto avanti questo progetto: le opere esposte sono interamente realizzate da me, dalle tele alla pittura.
«Il colore predominante è il bianco avorio, su cui emergono alberi e rami raffigurati in nero.
«In alcuni quadri ho inserito tre cerchi colorati, simbolo di speranza e di una natura che chiede di riappropriarsi della propria vitalità.»
Qual è il significato di questi tre cerchi colorati?
«I tre cerchi sono elementi fortemente simbolici: rappresentano la terra, il cielo, il bene e il male.
«Sono la voce della natura che esprime il desiderio di ritrovare il proprio colore, un grido silenzioso affinché torni a essere rispettata.»
Le tele su cui lavora sono di sua produzione. Con quali materiali sono realizzate?
«Si tratta di pannelli in multistrato leggero, di circa tre millimetri di spessore, sui quali applico una tela appositamente trattata.
«Dopo aver incollato la tela, la lavoro con uno stucco particolare che realizzo personalmente.
«Il processo di rifinitura è lungo: la superficie viene levigata con carta abrasiva e acqua fino a ottenere una base perfettamente uniforme.
«Solo a quel punto posso applicare il colore, che non viene mai steso in una sola mano: lavoro a stratificazioni, con almeno quattro o cinque passaggi, per ottenere la tonalità esatta che desidero.
«Il bianco avorio che uso non è un semplice colore, ma un avorio mio, frutto di una ricerca meticolosa.»
Utilizza colori acrilici?
«Sì, in questa mostra utilizzo esclusivamente acrilici. In passato ho utilizzato terre e calce, ma per ottenere un nero intenso ho dovuto optare per l’acrilico. Le cromie rimangono molto delicate.»
Come mai questa scelta cromatica così raffinata e delicata?
«Le mie scelte cromatiche nascono da una lunga riflessione. Il colore deve trasmettere armonia, eleganza e benessere visivo.
«Inoltre, il passaggio a questa palette deriva dalla mia ricerca figurativa: se in passato il mio stile era più concettuale, oggi mi avvicino a una rappresentazione figurativa stilizzata, quasi astratta.
«Ogni albero che dipingo è il risultato di un lungo lavoro di osservazione e selezione, basato su migliaia di fotografie scattate in natura.
«L'immagine che scelgo deve avere un impatto immediato, deve "parlarmi" prima ancora di essere tradotta in pittura.»
Le sue opere non hanno titoli, ma numeri. Perché questa scelta?
«Non assegnare titoli consente allo spettatore di approcciarsi all'opera senza condizionamenti, lasciando spazio a un’interpretazione personale e libera.»
In quale arco temporale sono state realizzate le opere in mostra?
«Queste opere sono frutto degli ultimi tre anni di lavoro. Tra le prime realizzazioni c'è un grande dipinto che raffigura un albero con una divisoria verde, simile a una finestra.
«Questo lavoro ha un significato molto personale: l’ho realizzato pensando a mia madre, che ho accudito per vent’anni. Durante quel periodo, osservavo la natura attraverso una finestra.»
Quali alberi l'hanno ispirata maggiormente?
«I platani, i pini, in particolare il pino mugo, e altri alberi che ho fotografato nel corso delle mie passeggiate in Trentino.
«I platani, in particolare, mi affascinano per la loro forma e struttura, che trovo affine alla mia gestualità pittorica.
«Sono alberi che si snodano in modo libero, esattamente come il mio tratto.»
Fra tutti, c’è un albero a cui si sente più legato?
«Sì, il pino e l’abete hanno un significato speciale per me. Inoltre, in uno dei miei progetti musicali avevo dedicato una scultura sonora proprio all’albero più antico del mondo, un simbolo di resistenza e memoria.»
Progetti futuri?
«Voglio continuare a dipingere, a sviluppare questo ciclo pittorico. La mia ricerca non è ancora conclusa.
«Il mio obiettivo è proseguire su questa strada, sempre con lo sguardo rivolto all’essenza degli alberi e alla loro forza espressiva.»
Daniela Larentis – [email protected]