«Sebastião Salgado. Ghiacciai» – Di Daniela Larentis

Al Mart di Trento e Rovereto e al Muse - Museo delle Scienze di Trento, è in corso una straordinaria mostra per celebrare i ghiacciai del mondo

Ghiacciaio Grey, Patagonia, Cile, 2007 - © Sebastião Salgado-Contrasto.

È stata inaugurata sabato scorso al Mart di Rovereto e al MUSE di Trento «Ghiacciai», il nuovo progetto fotografico di Sebastião Salgado.
L’esposizione coinvolge due sedi museali — il Museo di arte moderna e contemporanea di Trento e Rovereto e il Museo delle Scienze di Trento— e presenta oltre 60 fotografie in grande e grandissimo formato.
La mostra si configura come un potente manifesto visivo dedicato ai ghiacciai del pianeta, in occasione dell’Anno Internazionale della Conservazione dei Ghiacciai proclamato per il 2025 dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con l’obiettivo di sensibilizzare l’opinione pubblica sul loro ruolo fondamentale nei sistemi climatici e idrologici globali.
 
Il progetto nasce da un’idea del Trento Film Festival, è curato da Lélia Wanick Salgado e prodotto in collaborazione con Contrasto e Studio Salgado. Il coordinamento è affidato a Gabriele Lorenzoni per il Mart e a Luca Scoz per il MUSE.
La mostra è visitabile dal 12 aprile al 21 settembre 2025 al Mart e fino all’11 gennaio 2026 al MUSE.
Dopo «Genesis» — un viaggio fotografico nelle regioni più remote del pianeta per raccontarne la bellezza primordiale — e «Amazônia», progetto in cui Salgado ha vissuto per settimane nei villaggi della foresta amazzonica per documentarne la biodiversità e le culture indigene, «Ghiacciai» si concentra sulla forza visiva e simbolica delle masse glaciali.
 
Le immagini, molte delle quali inedite e selezionate appositamente per l’occasione, spaziano dalla Penisola Antartica al Canada, dall’Himalaya alla Patagonia, dalla Georgia del Sud alla Russia.
In un bianco e nero ad alto contrasto, Salgado ritrae alcuni tra i luoghi più osservati dai ricercatori per studiare la storia geologica della Terra e le conseguenze della crisi climatica e del riscaldamento globale.
Un invito, quindi, a riflettere sulla vita, sull’equilibrio degli ecosistemi e sulla necessità di comportamenti rispettosi e consapevoli.
 
Al Mart, le oltre 50 fotografie esposte offrono un itinerario immersivo ed emozionante, che si conclude con una «sala video» realizzata con il Trento Film Festival.
Qui è proposta una selezione tematica di film, inaugurata da «Icemeltland Park» di Liliana Colombo (Italia/Regno Unito, 2020, 40’), premiato con la Menzione Speciale della Giuria nel 2021.
Alla selezione hanno lavorato Miro Forti e Rosanna Stedile, Trento Film Festival, insieme alla direttrice del Festival, Luana Bisesti, e al curatore della mostra, Gabriele Lorenzoni.
L’iniziativa rafforza l’impegno del Trento Film Festival nella difesa dell’ambiente e degli ecosistemi naturali, integrando i contenuti della 73ª edizione, che si terrà a Trento dal 25 aprile al 4 maggio 2025.
 
Per questa edizione, è stata scelta una fotografia di Salgado raffigurante il ghiacciaio del Parco nazionale e riserva di Kluane come immagine ufficiale del manifesto.
Al Muse, le fotografie costituiscono un’installazione site specific sospesa nel «Grande Vuoto», spazio centrale progettato da Renzo Piano.
Scattate tutte nel Parco nazionale e riserva di Kluane, in Canada, le immagini formano un ciclo fotografico unitario, pensato appositamente per l’architettura del museo.

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Isole Sandwich Australi, 2009, © Sebastião Salgado-Contrasto.

 
 Cenni biografici  

Sebastião Salgado è nato nel 1944 a Minas Gerais, Brasile, e vive a Parigi. È sposato con Lélia Deluiz Wanick, con cui ha due figli e due nipoti.
Economista di formazione, inizia la carriera di fotografo professionista nel 1973 a Parigi; lavora con diverse agenzie fotografiche fino al 1994, anno in cui fonda con Lélia Wanick Salgado Amazonas Images, un’agenzia dedicata esclusivamente al suo lavoro.
Oggi questa struttura è il loro studio. Salgado ha viaggiato in più di cento paesi per i suoi progetti fotografici, che, oltre a essere ampiamente pubblicati sulla stampa internazionale, sono stati raccolti in libri come Altre Americhe (1986), Sahel. L’homme en détresse (1986), Sahel. El fin del camino (1988), Un incerto stato di grazia (1990), La mano dell’uomo (1993), Terra (1997), In cammino e Ritratti di bambini in cammino (2000), Africa (2007), Genesi (2013), Profumo di sogno (2015), Kuwait. A Desert on Fire (2016), Gold (2019) e Amazônia (2021).
 
La progettazione e il design di questi libri sono stati curati da Lélia Wanick Salgado. Le mostre realizzate a partire da questi lavori sono state e continuano a essere presentate nei musei e nelle gallerie di tutto il mondo.
Lélia Wanick Salgado, la curatrice, ha ideato la maggior parte di queste esposizioni.
Nel 2013 è stato pubblicato Dalla mia terra alla Terra, un racconto della vita e della carriera di Salgado scritto con la giornalista francese Isabelle Francq.
Nel 2014 è uscito invece il documentario Il sale della Terra, co-diretto da Wim Wenders e Juliano Ribeiro Salgado, che ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria al Festival di Cannes 2014 nella categoria «Un Certain Regard», nonché il César per il miglior documentario nel 2015.
È stato anche candidato come «Miglior Documentario» agli Oscar dell’87a edizione degli Academy Awards. Tra i principali riconoscimenti ricevuti da Sebastião Salgado figurano il Premio Primo Levi (Italia); la Medaglia di Rappresentanza del Presidente della Repubblica Italiana (Centro Internazionale di Ricerca Pio Manzù, Italia); il Premio Príncipe de Asturias per le Arti (Spagna), il Premio Internazionale per la Pace degli Editori Tedeschi e il Premio Praemium Imperiale della Japan Art Association, considerato il Nobel delle Arti.
 
È membro onorario dell’American Academy of Arts and Sciences negli Stati Uniti; nel 2016 è stato eletto membro dell’Académie des Beaux-arts dell’Institut de France e nel 2019 membro onorario dell’American Academy of Arts and Letters (New York).
Nel 2021 è stato nominato Honorary Doctor of Arts dall’Università di Harvard (Cambridge, USA). Sebastião e Lélia lavorano dagli anni Novanta al recupero ambientale di una parte della Foresta Atlantica brasiliana, nella valle del Rio Doce, nello stato di Minas Gerais.
Hanno restituito alla natura un appezzamento di terreno di loro proprietà, che nel 1998 è diventato una riserva naturale. Nello stesso anno hanno creato l’Instituto Terra, con l’obiettivo di promuovere la riforestazione, la conservazione e l’educazione ambientale.
Oggi l’Instituto Terra ha dato vita a una foresta ricca di varie specie di fauna e flora endemiche della foresta atlantica.

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  Il progetto espositivo 

Il progetto espositivo è accompagnato da un catalogo edito da Contrasto, che raccoglie le opere esposte e si apre con una poesia di Primo Levi del 1946, pubblicata da Einaudi.
Il volume include anche un intervento della climatologa e divulgatrice Elisa Palazzi, docente di Fisica del clima all’Università di Torino, che introduce il tema dal punto di vista scientifico.
Fin dagli anni Sessanta, le ricerche scientifiche documentano una drammatica e costante riduzione di volume e superficie dei ghiacciai, alcuni dei quali già scomparsi.
Oltre alla perdita culturale e paesaggistica, la scomparsa dei ghiacciai compromette il ciclo idrologico e l’equilibrio climatico: da essi dipendono l’approvvigionamento di acqua potabile per circa due miliardi di persone e due terzi dell’agricoltura irrigua a livello globale.
 
Sottolinea Elisa Palazzi, in un passo del suo contributo critico: «I ghiacciai si formano dove la neve si accumula durante la stagione fredda e umida senza fondere totalmente nel corso della stagione calda e secca, andando incontro, negli anni, a una serie di trasformazioni.
Prima si accumula, strato su strato, aumentando gradualmente la sua densità, poi si trasforma in una neve più vecchia, granulare, fortemente compattata, e infine diventa ghiaccio. In montagna tali processi avvengono nella cosiddetta «zona di accumulo» del ghiacciaio, in alta quota, da dove il ghiaccio inizia il suo lento movimento verso le zone a più bassa quota, dette di «ablazione», in cui può andare incontro a fusione.
 
Il movimento del ghiacciaio – un lento scorrere dalla zona di accumulo a quella di ablazione, spinto dalla forza del suo peso – è segno che il ghiacciaio è vivo. È vivo perché si muove.
Il passaggio dalla zona di accumulo a quella di ablazione corrisponde a una linea immaginaria, chiamata linea di equilibrio del ghiacciaio, dove il bilancio fra l’accumulo di ghiaccio e la sua perdita è pari a zero.
Quando un ghiacciaio rimpicciolisce troppo, come sta accadendo in questi tempi di riscaldamento globale, non ha più la forza di muoversi, di scorrere, e questo, spesso, decreta la sua morte […].
I ghiacciai sono sentinelle del cambiamento climatico e la loro recente fusione testimonia che il mondo si sta scaldando a una velocità mai vista prima.
Uno studio del 2021 ha evidenziato che, dagli anni Ottanta a oggi, sulla spinta del riscaldamento globale, la criosfera ha perso ogni anno una superficie di circa 87.000 chilometri quadrati […].»
 
Con questa straordinaria esposizione, Sebastião Salgado unisce fotografia, scienza e impegno ambientale in un’opera che è al tempo stesso denuncia e celebrazione, testimoniando, ancora una volta, la bellezza e la vulnerabilità del nostro pianeta.
 
Daniela Larentis – [email protected]