Quella voglia di pace, che ancora non c’è – Di Paolo Farinati
Il 1° gennaio 2025, dall’intera Umanità si deve levare il 58° grido di Pace
Il 1° gennaio 2025 è la 58ª Giornata Mondiale della Pace.
È una ricorrenza proclamata dalla Chiesa cattolica proprio in coincidenza del primo giorno dell'anno da Papa Paolo VI nel dicembre del 1967 e fu onorata per la prima volta 1° gennaio 1968I.
l Papa, in presenza della guerra del Vietnam, invitò tutte le Nazioni e tutti i Popoli a riflettere, a confrontarsi, a lavorare per la Pace.
L’omelia del Papa di quel lontano giorno d’inverno si concluse con questo accorato appello:
«Giunga ora il Nostro saluto fraterno e paterno e il Nostro augurio di Pace, con quanto la Pace deve recare con sé: l'ordine, la serenità, la letizia, la fraternità, la libertà, la speranza, l’energia e la sicurezza del buon lavoro, il proposito di ricominciare e di progredire, il benessere sano e comune, e quella misteriosa capacità di godere la vita scoprendone i rapporti con il suo intimo principio e con il suo fine supremo: il Dio della Pace.»
Da laico non credente mi è molto difficile non concordare con le parole di Paolo VI.
Sono passati ben 58 anni, la storia anche di questi ultimi decenni, non ci ha insegnato granché.
La colpa è esclusivamente di noi esseri umani, rimasti avidi, presuntuosi, affamati di potere e di denaro, per niente disposti al rispetto delle differenze politiche, di fede, di razza, come pure spesso dei valori universali della Libertà, dell'Uguaglianza e della Fratellanza.
Sembra strano, se non assurdo, che all'inizio del 2025 si debbano ancora evidenziare contrasti, guerre e genocidi, nati dal ripudio di questi valori che l'umanità intera avrebbe dovuto fare propri da molto tempo.
Ma, purtroppo, la storia continua inesorabilmente a non insegnarci alcunché.
Ogni giorno siamo investiti da cronache di guerre, più o meno lontane, ma tutte capaci di mietere migliaia di vittime, soprattutto innocenti, come donne, bambini e vecchi, ad un ritmo talmente e drammaticamente costante e continuo a cui ci siamo, ahi noi, abituati e assuefatti.
Sempre più spesso siamo indifferenti, leggiamo i titoli dei giornali e guardiamo i notiziari televisivi con sguardi impotenti se non talvolta indispettiti.
Ma le guerre che ci vengono narrate e mostrate in tempo reale non sono solo lontane, in altri continenti, ma pure assai vicine a noi, a un'ora o a poche ore di volo d'aereo dalle nostre case.
Anche nel cuore della nostra amata Europa.
Questo nostro continente, che ci ha dato dal 1945 ad oggi quasi 80 anni di pace, dopo aver vissuto sul proprio territorio nel secolo scorso ben due guerre mondiali e visto morire inutilmente decine di milioni di persone, oggi appare debole, quasi smarrito innanzi ai nuovi conflitti.
Va detto che siamo fortunati a vivere in queste Nazioni, che pur essendosi tragicamente combattute per molto tempo, si sono unite con umiltà, lungimiranza, comprensione e poste da anni in una irreversibile condizione politica, economica e sociale fondata sul rispetto e sul dialogo.
Studiando, proponendo e adottando forme di convivenza nuove e pacificamente «rivoluzionarie».
Basti solo pensare a come si è evitata con grande intelligenza nella nostra Regione Trentino Alto Adige Sudtirol nei non lontani Anni '60 una possibile drammatica guerra civile.
La stessa modalità poteva e può evitare la barbara e sanguinosa invasione dell'esercito russo di parte dell'Ucraina, assegnando maggior autonomia a territori come il Donbass?
La stessa visione politica poteva e può portare ad una pacifica soluzione in Medio Oriente attraverso la costituzione dei due Stati di Israele e della Palestina?
Non ne abbiamo la certezza, ma le probabilità di successo erano e sono tuttora molto elevate. La differenza, come sempre, la fanno la visione, il coraggio, la determinazione, la credibilità delle persone, di coloro che sono ai vertici della politica delle Nazioni.
Un'Europa, più unita e più robusta, poteva e può tuttora essere garante degli Accordi di Minsk, recuperando i capisaldi di una quieta convivenza tra ucraini e russi.
Allo stesso modo, un'Unione Europea più autorevole, forte dell'esperienza di quasi 80 anni di pace, potrebbe porsi in un ruolo determinante per affermare la pace anche in Medio Oriente. Ne sono fermamente convinto.
Volendo cercare di dare un significato tangibile al prossimo 1° gennaio 2025, mi limito a menzionare solo questi due conflitti, pur sapendo che sulla Terra ve ne sono moltissimi altri.
Ogni Nazione, ogni comunità, di qualsiasi pensiero politico, dei più diversi credo religiosi e colori della pelle, giunti a questo drammatico punto, non può più starsene comodamente seduta in disparte. È irrimediabilmente giunto il momento di una forte presa di coscienza.
La pace è un diritto universale. Chi o coloro che lo violano devono renderne conto non solo ai loro avversari o nemici, ma all'intera umanità.
Il mondo è talmente interconnesso che non può più sopportare passivamente il dolore, la fame, le condizioni di guerra di moltissimi nostri simili.
Ad ognuno di noi spetta il dovere di alzare la voce e di mostrare il proprio impegno, per far sì che la giustizia, la libertà, l'uguaglianza e la pace siano affermate in ogni angolo della Terra.
Auspicabilmente tutto questo attraverso un dialogo costante e persistente. La tenacia, il coraggio e la determinazione, nel pieno rispetto di ogni umana diversità, devono divenire le migliori e le più efficaci medicine.
Tutto può essere risolto, ogni contesa ha sempre una sua equa soluzione. L'unica cosa certa per ogni essere umano, sin dalla sua nascita, è la morte.
Tutto ciò di altro che appartiene alla vita deve trovare nella stessa un chiarimento, una stretta di mano, un sorriso, in definitiva il realizzarsi di un sogno di pace e di felicità.
Paolo Farinati – [email protected]