Post-Trattamento chirurgia della mammella – Di Nadia Clementi

Ne parliamo con la dottoressa Rossella Mattedi Responsabile F.F. dell’Unità Operativa di Medicina Fisica e Riabilitazione 1 di Trento

La dottoressa Rossella Mattedi.

Nel 2023 presso l’Ospedale di Trento, è nata un’importante collaborazione fra diverse Unità Operative di Chirurgia, Oncologia, Medicina Fisica e Riabilitazione per sviluppare un approccio sistematico nella gestione delle pazienti, in particolare di quelle che necessitano di cure riabilitative in seguito a interventi chirurgici o trattamenti oncologici.
L’obiettivo centrale di questa iniziativa è garantire un percorso di presa in carico chiaro, rapido e mirato, minimizzando i tempi di attesa e riducendo il rischio di dispersione delle pazienti in ambulatori non adeguati.
Il primo passo di questa collaborazione è stata la creazione di una flow chart operativa, che definisse sia la gestione delle pazienti ricoverate sia di quelle dimesse e monitorate dalle unità di chirurgia e oncologia.
La flow chart è stata fondamentale per standardizzare le procedure, definire i passaggi critici del percorso e favorire una comunicazione immediata tra i vari reparti.
 
Dopo un anno di raccolta dati, è emerso che questo approccio integrato ha portato a una riduzione significativa dei tempi di attesa e ha evitato l’«abbandono» delle pazienti post-trattamento.
Grazie alla pianificazione di visite di controllo regolari, è stato possibile monitorare attentamente le condizioni delle pazienti e intervenire tempestivamente in caso di necessità.
La speranza è ora quella di far conoscere questo percorso anche ai medici di base, affinché possano favorire un contatto diretto con i servizi di riabilitazione anche quando il monitoraggio specialistico è concluso.
 
Quando un chirurgo o un oncologo individua una problematica che necessita di intervento riabilitativo, invia direttamente il nominativo della paziente alla struttura riabilitativa di riferimento, rilasciando alla paziente stessa l’impegnativa per una visita fisiatrica.
Grazie a questa comunicazione diretta (senza passaggi tramite il CUP), la segreteria può fissare rapidamente un appuntamento con un medico specializzato in valutazioni delle problematiche e delle complicanze post chirurgia o terapia oncologiche.
Se il fisiatra identifica una reale necessità di presa in carico, lo comunica al coordinatore, accelerando l’iter e riducendo il rischio di peggioramenti clinici.
Le pazienti sono seguite in modo continuativo, con visite di controllo a intervalli stabiliti in base alla problematica clinica.
 
Inoltre, vengono effettuate regolarmente valutazioni congiunte tra medico, tecnico ortopedico e fisioterapista per la fornitura di tutori su misura, un aspetto essenziale anche per intercettare tempestivamente eventuali nuove problematiche.
Un altro elemento essenziale del percorso è la presenza di numerosi punti di erogazione del trattamento nella provincia, pensati per facilitare le pazienti e ridurre la necessità di spostamenti lunghi.
Questa iniziativa rappresenta un passo avanti nella gestione delle pazienti post-trattamento, mettendo al centro la collaborazione tra reparti e la volontà di garantire un percorso di cura lineare e accessibile.
La diffusione e la conoscenza di questo approccio tra i medici di base rappresentano un obiettivo importante per favorire un sistema di cura più diretto e coordinato, in cui ogni paziente sia presa in carico nel modo più efficiente e umano possibile.
 
 
Abbiamo intervistato la dr.ssa Rossella Mattedi Responsabile Facente Funzioni dell’Unità Operativa (U.O) di Medicina Fisica e Riabilitazione 1 di Trento.
L'U.O. opera sui principi di team multidisciplinare in cui collaborano tra loro le figure professionali del fisiatra, del fisioterapista, del logopedista e del terapista occupazionale, che erogano prestazioni a pazienti adulti e pediatrici con patologia muscolo scheletrica ortopedica e neurologica, sia in regime ambulatoriale sia in regime di ricovero (Vedi).

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Tramite questo link si accede al curriculum della dottoressa Mattedi.

 
Dottoressa Mattedi, ci può raccontare come è nata l’idea di questa collaborazione tra Unità Operative e in che modo ha contribuito a migliorare la presa in carico delle pazienti?

«L’accesso al nostro servizio prima della creazione di questo percorso avveniva tramite l’invio della paziente da parte della Chirurgia o Oncologia al medico di base; con l’impegnativa per visita fisiatrica la paziente doveva contattare il CUP e prenotare così la visita.
«Ci siamo resi conto che in questo modo risultava elevata la dispersione: appuntamenti forniti tardivamente, o a cui la paziente doveva rinunciare in quanto poco raggiungibili oppure con fisiatri non specializzati in questo tipo di valutazione.
«Questo portava naturalmente a tempistiche di presa in carico più lunghe e quindi all’incremento delle problematiche, su cui risulta sempre difficile intervenire a distanza. Abbiamo perciò pensato che una collaborazione fra Unità Operative con la possibilità di una segnalazione diretta potesse permettere di ridurre i tempi visita, garantire la valutazione da parte di un medico esperto, ridurre il rischio di peggioramenti clinici, dando pertanto un aiuto concreto a persone che vivono una problematica molto impattante anche dal punto di vista psicologico.»
 
Quali sono i principali benefici della flow chart [diagramma di flusso - NdA] operativa per la gestione delle pazienti, e come viene utilizzata quotidianamente dal personale?

«Per la paziente operata per tumore mammario sono garantite delle visite di controllo in Chirurgia, Chirurgia Plastica, Oncologia e Radioterapia, a seconda della fase clinica e delle necessità.
«Il personale di questi reparti, in caso di riscontro di problematiche che necessitano di una valutazione fisiatrica, inviano già in corso di visita una e-mail alle segreterie di Trento a Villa Igea oppure Rovereto (a seconda del domicilio della paziente) con richiesta di visita.
«Alla paziente viene consegnata direttamente l’impegnativa per la prima visita, in tal modo non è nemmeno necessario il passaggio dal medico di base. Le nostre segreterie possono quindi assegnare alla paziente la disponibilità di visita con medici formati ed in tempi rapidi.
«Il reparto inviante viene messo a conoscenza della data dell’appuntamento, che può essere utile anche al fine di programmare eventuali successivi controlli.»
 
Che impatto ha avuto questo approccio integrato sui tempi di attesa per le pazienti? Ha notato una riduzione significativa rispetto al passato?

«Dai dati che abbiamo raccolto in relazione al primo anno di applicazione di questo percorso sulla presa in carico a Villa Igea, la media dei giorni di attesa è stata di 3 giorni lavorativi.
«Credo questo sia un dato significativo, sia per la riduzione del rischio di sviluppare complicanze, sia in quanto la paziente, che già si trova in un momento di difficile gestione personale, si trova caricata dal dover affrontare un ulteriore passaggio che non sempre sarebbe lineare.
«Abbiamo notato inoltre da parte delle pazienti la consapevolezza di una reale presa in carico, cosa che solleva da molte preoccupazioni.
«Sappiamo tutti che dover attendere (una visita, una diagnosi) porta ad un incremento dello stato d’ansia che certo non aiuta nel percorso di queste pazienti, con possibili conseguenze negative anche in ambito personale, famigliare e lavorativo; con questa modalità si sentono forse più accolte e accompagnate.»
 
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Come è strutturato il sistema di invio diretto per le pazienti che necessitano di cure riabilitative? Cosa cambia rispetto a un percorso tradizionale?

«Come si diceva, il cambio radicale sta nel salto del passaggio dal medico di base e del CUP, la paziente proprio non ci deve pensare, viene gestito tutto tramite la comunicazione tra reparti e la paziente deve solo concordare al momento della telefonata data e orario, nel rispetto di eventuali altri appuntamenti, della possibilità o necessità di essere accompagnata, della vicinanza o meno dalla sede di erogazione di visita.
«Per fare un esempio, alla paziente di Moena non verrà dato un appuntamento a Trento alle 8 di mattina, come pure alla nonna che deve gestire i nipoti al pomeriggio, verrà proposto un appuntamento al mattino.»
 
Il monitoraggio continuo delle pazienti è un aspetto essenziale di questo progetto. Ci può spiegare come viene organizzato e quali criteri vengono utilizzati per decidere la frequenza delle visite di controllo?

«In corso di visita fisiatrica non necessariamente viene prescritto un trattamento riabilitativo, per cui la paziente rischia di uscire dal circuito.
«Sapendo però che alcune problematiche possono insorgere anche tardivamente, quindi quando non saranno più previsti neanche controlli chirurgici o oncologici se non molto distanziati, provvediamo noi ad inserire la paziente in un nostro calendario per la convocazione per controllo a distanza, in maniera tale da poter monitorare l’evoluzione clinica, secondo un modello proattivo di presa in carico.
«Usualmente i controlli sono annuali (a meno di situazioni particolari che meritano un monitoraggio più ravvicinato), ma diamo indicazione a contattarci direttamente anche prima nel caso di insorgenza di problemi relativi all’intervento subito ed alle terapie intraprese.
«Nel caso in cui si arrivi invece a scadenza programmata, la segreteria contatterà la paziente telefonicamente e concorderà la data della visita.
«Se invece viene impostato un trattamento riabilitativo, usualmente il fisiatra vede a controllo la paziente al termine delle sedute prescritte, in maniera tale da valutare l’efficacia del trattamento e la necessità o meno di proseguire con le cure in atto.
«Una volta terminato il trattamento, il monitoraggio prosegue annualmente.»
 
Il percorso prevede anche la fornitura di tutori su misura. Qual è il ruolo di queste attrezzature nel processo riabilitativo e come viene gestita la loro personalizzazione?

«Le pazienti che hanno subito una linfoadenectomia, cioè lo svuotamento dei linfonodi del cavo ascellare, sono predisposte allo sviluppo di una complicanza che prende il nome di linfedema, legato all’accumulo di liquido linfatico nell’arto superiore per deficit del drenaggio prossimale.
«I tutori su misura sono fondamentali per mantenere i volumi dell’arto dopo un trattamento decongestivo complesso (con manovre di linfodrenaggio, bendaggio, insegnamento di esercizi) o comunque per ridurre il rischio di evoluzione, grazie all’azione del tessuto elastico a trama piatta.
«È necessario che il tutore (che può essere solo un bracciale, oppure bracciale associato ad un guantino) sia adeguato per quella persona e in quel momento, per cui difficilmente possiamo ricorrere ad un tutore standard.
«Per tale motivo il tecnico ortopedico prende delle misure specifiche ed il tutore viene proprio costruito sulla base delle indicazioni fornite. Possono essere personalizzati anche con aggiuntivi particolari per garantirne una maggior efficacia e tollerabilità.»
 
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Come viene gestita la collaborazione tra i vari professionisti coinvolti nel percorso di riabilitazione (fisiatra, tecnico ortopedico, fisioterapista)?

«Il fisioterapista formato nella gestione delle problematiche oncologiche viene contattato subito dopo la visita per segnalare la necessità di presa in carico. Queste pazienti sono considerate delle urgenze riabilitative, dal momento che i problemi che insorgono nel post operatorio sono di più facile risoluzione se trattati precocemente, per cui non possiamo semplicemente inserirle in lista, pena lo sviluppo di ulteriori complicanze, il peggioramento di una situazione altrimenti solo iniziale, la minor possibilità di risoluzione del problema.
«Il tecnico ortopedico, selezionato dopo gara aziendale, ha accesso alle strutture ospedaliere. Questo è risultato essere importante in quanto la valutazione della paziente diventa davvero una valutazione d’equipe: fisiatra, fisioterapista e tecnico ortopedico valutano la tipologia di linfedema (entità, consistenza) e soprattutto discutono con la paziente delle sue esigenze lavorative e di vita quotidiana, così insieme si decide per il tipo di tutore che garantisca l’efficacia migliore ma che possa essere anche ben tollerato e quindi adeguatamente utilizzato dalla paziente.
«Abbiamo visto che una condivisione degli obiettivi sanitari con le necessità della paziente favorisce un utilizzo più continuativo ed una maggiore collaborazione nel proseguo del percorso. Il momento di incontro dell’equipe, inoltre, è utile per intercettare eventuali peggioramenti clinici prima della visita di controllo fisiatrica prevista, e quindi per poter al bisogno iniziare un trattamento precoce.»
 
La presenza di più punti di erogazione distribuiti nella provincia ha facilitato l’accesso alle cure per le pazienti? Quali vantaggi ha osservato a livello di comodità e continuità terapeutica?

«Se le prime visite dopo invio diretto avvengono solo in due punti in ambito provinciale, le visite successive possono essere effettuate anche in altre sedi (Cles, Borgo Valsugana, Arco) sempre con medici dedicati. Inoltre, in provincia abbiamo ben 13 sedi dove possono essere erogati i trattamenti prescritti, da Tione al Primiero, dalla Val di Sole alla val di Fassa.
«Questo è significativo per la paziente che non deve spostarsi troppo dal domicilio per l’esecuzione di terapie che a volte possono anche essere prolungate, ed in un territorio geograficamente complesso come il nostro avere la fisioterapia vicino a casa facilita non poco l’accesso e la continuità delle cure.
«Tra l’altro, vi è sempre la garanzia di un contatto tra il fisioterapista e il fisiatra che ha prescritto il trattamento in caso di problemi emergenti o semplicemente per la condivisione di un percorso, quindi la paziente si sente in qualche modo protetta e non abbandonata.»
 
Uno degli obiettivi dichiarati è la diffusione di questo modello tra i medici di base. Quali strategie sono in atto per coinvolgerli e fare in modo che le pazienti abbiano un contatto diretto con la riabilitazione anche dopo la conclusione del monitoraggio specialistico?

«In passato abbiamo visto come non sempre il medico non specialista possa riconoscere queste complicanze e non sempre sa a chi inviare la paziente, quindi succedeva che una persona dovesse girare a destra e a sinistra prima di trovare il proprio riferimento.
«Abbiamo ovviato a questo problema con la possibilità di invio diretto dalla chirurgia/oncologia, ma rimane in parte il problema nel momento in cui i controlli sono stati sospesi o comunque dilazionati.
«La paziente ha comunque a disposizione le indicazioni che vengono fornite alla dimissione e successivamente anche dai servizi di fisioterapia, per cui vengono forniti indirizzi e recapiti telefonici/e-mail per contattare direttamente il servizio, però sarebbe importante che il medico di base fosse a conoscenza di questo percorso. In ipotesi, vi è il coinvolgimento dell’Ordine dei Medici che è molto attivo per diffondere buone pratiche e protocolli in uso tra specialisti e medici di base.»
 
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Qual è stato il feedback delle pazienti coinvolte nel percorso fino a questo momento? Quali aspetti del percorso hanno apprezzato maggiormente?

«Da quanto riscontrato, le pazienti apprezzano vari aspetti di questo percorso. In primis l’invio diretto: non dover fare passaggi dal medico di base, il CUP, le liste d’attesa per poi magari fare la visita con un medico non formato e quindi dover aspettare ancora per una valutazione corretta.
«Non sono banalità, per una persona in una fase della vita con un carico emozionale così importante. In secondo luogo, la paziente si trova accolta in un percorso condiviso con le varie figure professionali; credo che la paziente possa affrontare un percorso di vita così complesso molto più facilmente, vedendo i professionisti che parlano tra di loro e con la paziente stessa per capire cosa sia meglio fare, dove, con quali modalità e tempistiche e potersi in qualche modo affidare ad essi condividendo però le proprie paure, le domande a cui non si è ancora avuta una risposta, le proprie esigenze.»
 
Quali sono i piani futuri per questa iniziativa? Prevede ulteriori sviluppi o collaborazioni con altre specializzazioni o territori?

«Sicuramente dovremmo trovarci nuovamente per fare il punto della situazione e per capire i punti di miglioramento. Portando l’esperienza di quest’anno al congresso nazionale ITALF di Roma mi sono resa conto di come le realtà italiane siano le più disparate e che non ci sia una uniformità di trattamento su tutto il territorio.
«In qualche modo noi siamo una realtà fortunata, non ovunque per esempio i tutori su misura vengono forniti dall’Azienda Sanitaria in modo gratuito per le persone operate.
«Non è pensabile diffondere questo modello nelle altre Regioni se non con un lavoro a livello ministeriale, però alcuni contatti presi a Roma potrebbero perlomeno favorire una diffusione culturale sui benefici di questa modalità di presa in carico.»
 
Sogni nel cassetto?

«Organizzare ancora incontri con le unità operative di chirurgia, chirurgia plastica e oncologia per condividere le nostre attività; sapere cosa fanno gli altri e mettere gli altri a conoscenza di quanto facciamo noi è fondamentale per garantire alla paziente una presa in carico più adeguata.
«Se io non conosco il tipo di intervento subito, rischio di lavorare in maniera sbagliata; se il chirurgo non sa cosa posso fare io su una cicatrice, non mi invierà la paziente.
«Un coinvolgimento futuro di altre specializzazioni (la dermatologia e le malattie infettive per le complicanze della pelle, la chirurgia vascolare per le possibili problematiche venose associate, la medicina nucleare per la valutazione dell’opportunità dello studio scintigrafico del sistema linfatico) sarebbe davvero il completamento di un percorso che noi miriamo a far diventare più efficace, sicuro e lineare per la paziente.»

Nadia Clementi - [email protected]
Dottoressa Rossella Mattedi - [email protected]
Responsabile F.F. UO Medicina Fisica e Riabilitazione 1
APSS Trento tel. 0461 904490

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