Oggi in Italia si commemorano le vittime delle foibe
Le ragioni e i danni generati da una sessantina d’anni di silenzio istituzionale
Oggi la Repubblica Italiana riconosce il 10 febbraio quale «Giorno del ricordo», istituito con Legge n. 92 del 30 marzo 2004, «al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell'esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della più complessa vicenda del confine orientale».
È una ferita molto difficile da rimarginare, soprattutto perché la verità fu tenuta nascosta per quasi 60 anni e la gente non sa bene che cosa sia successo allora, né tantomeno perché sia stata tenuta nascosta.
Per questo la legge vuole che venga diffusa la conoscenza di quei tragici eventi.
Noi qui non vogliamo ricostruire i fatti che storici e giornalisti storici più preparati di noi hanno raccontato e raccontano con cognizione di causa.
Desideriamo però ricordare tre aspetti.
Il primo è che è stato il Partito Comunista Italiano a impedire la diffusione della verità. Il PCI prima era alleato con Mosca e poi, avendo litigato con Stalin, strinse rapporti di stretta amicizia con il vicino Tito, il principale responsabile del massacro delle Foibe.
Il secondo è che l’Italia non fece nulla per aiutare le decine di migliaia di italiani che dovettero abbandonare l’Istria e la Dalmazia lasciando lì tutti i loro averi. Gli autori dell’esodo dovettero trovare sistemazione da soli, il più delle volte a casa di parenti, amici o conoscenti che ebbero la volontà di aiutarli. Si dispersero per tutto il Paese.
Il terzo è che gli unici che difesero gli italiani dal 43 al 45 furono i tedeschi prima e le unità della X Mas poi. Agli alleati, che in quella area erano perlopiù francesi, non importò nulla della tragedia italiana. Così, se da una parte gli italiani commemorano la liberazione dai lager, dall’altra gli italiani sfollati dalla Dalmazia ricordano solo di essere stati aiutati dai Tedeschi e dalla X Mas.
Ci sono tuttora famiglie separate da una sorta di sofferenze «uguali e contrarie» che dovremo curare col tempo, con la cultura e con la storia.
GdM