«Nella terra della speranza»
Messaggio dell’arcivescovo Tisi alla Diocesi e alla comunità trentina per il Giubileo
La guerra che sembra minare alla radice il futuro di molti popoli, in ogni angolo del pianeta («sotto il cielo di Gaza o di Kiev, di Aleppo o di Damasco, della Corea e del Sudan»), accanto alla stanchezza delle nostre relazioni familiari o professionali.
Ma anche la percezione crescente di essere quasi «burattini di un sistema politico-economico che talvolta non si adopera per il bene comune ma tende a perseguire l’interesse personale o di parte».
È il quadro descritto dall’arcivescovo Lauro nel messaggio dal titolo «Nella terra della speranza», indirizzato alla Diocesi e alla comunità trentina in occasione dell’avvio del Giubileo, che si apre a Roma nella notte di Natale e domenica 29 dicembre in tutte le Diocesi, compresa quella di Trento (solenne S. Messa alle ore 15 con processione dalla chiesa di San Francesco Saverio alla Cattedrale).
«In un mondo apparentemente in decadimento, complice anche la narrazione mediatica prevalente, il Giubileo ci propone di essere Pellegrini di speranza, con lo sguardo alla fonte più autentica della Speranza: Gesù Cristo, Figlio di Dio.»
Secondo Tisi, i pellegrini di speranza già non mancano.
«Sono coloro che non s’arrendono al catastrofismo e a ogni alba si alzano per compiere il proprio dovere in una logica di servizio e di gratuità, i giovani che davanti a un orizzonte sempre più carico di incertezze e di illusioni, non ammainano la bandiera dell’entusiasmo e della creatività, gli anziani che non si preoccupano di aggiungere giorni alla vita, ma pensano piuttosto ad aggiungere vita ai giorni o coloro che non s’attardano in logiche ecclesiali paludate e stantie, ma si preoccupano di consegnare al mondo la forma umana della vita di Gesù come unico antidoto alla violenza, al vivere per sé, al narcisismo.»
Don Lauro ricorda poi come il Giubileo fosse storicamente il tempo della liberazione degli schiavi, della remissione dei debiti, ma anche della redistribuzione delle ricchezze, per cui chi aveva perduto la propria terra ne tornava in possesso e la terra stessa veniva lasciata riposare come segno di rispetto.
«Torniamo – invoca dunque l’Arcivescovo – a far riposare la terra!»
«Riposa la terra – concretizza monsignor Tisi – quando si diradano le nostre agende, disposte a cedere tempo alle relazioni autentiche, all’incontro, al dialogo. Quando poniamo l’onestà, la rettitudine, l’interesse per il bene comune prima dello schieramento politico e di ogni scelta amministrativa.
«Riposa la terra quando la finanza spregiudicata non soffoca l’economia reale, fatta di volti e sudore, e quando smette di guardare alle persone come oggetti da monetizzare.»
E ancora, riposa la terra, quando «i nostri comportamenti sono orientati alla tutela dell’ambiente, nella logica di un’ecologia integrale, quando ci apriamo all’accoglienza di chi dalla propria terra è dovuto fuggire, quando abbiamo il coraggio di disconnetterci dalla vita riflessa del mondo digitale per tornare ad assaporare la concretezza di una stretta di mano e di uno sguardo negli occhi.»
«Il Dio della speranza – conclude l’Arcivescovo – accompagni il nostro cammino.»