Lettere al giornale – Claudio Riccadonna
Quel vizietto di abbreviare i titoli e di usare acronimi elevandoli al rango di parole
Prof, avv, not, ing... No, mi spiace, gli ultimi tre suonano proprio male! Ne va del decoro di professioni blasonate e nell’immaginario collettivo, anche presente, di attività importanti, meritevoli di alta considerazione sociale.
Prof invece, ormai consolidato nell’uso decennale, è diventata un’espressione simpatica, un suono senza tante pretese, di breve intensità, quasi onomatopeico, che si è imposta di forza nel linguaggio comune.
D’altra parte, il termine professore, così come era chiamato un tempo l’insegnante, risultava, chissà, quasi accademico, distanziante, “freddo” dal punto di vista educativo, pertanto, per quanto, nei decenni, le competenze professionali, pedagogiche, psicologiche, insomma, “tuttologiche” richieste (perdonatemi questa forzatura linguistica) abbiano determinato una complessificazione del suo ruolo, anche in chiave progettuale, si è ridotto a quell’informale prof, più adatto, probabilmente, a sottolineare la sua funzione/missione di educatore-formatore a 360 gradi, “accampato” sul territorio, non isolato sulla “turris eburnea”, capace di esprimere una maggiore vicinanza ai suoi giovani studenti, talvolta in veste di “sostituto genitoriale”, a contatto, anche, con una parte di gioventù, in preda ad una significativa crisi valoriale.
Insomma, l’evoluzione del rapporto tra gli interpreti principali della scuola, ossia famiglie, alunni e insegnanti, l’esigenza di creare un clima relazionale diverso, sicuramente più amichevole e “confidenziale”, la volontà anche del legislatore di ridurre le distanze, la svolta linguistica degli ultimi anni con la tendenza alla “contrazione” del linguaggio, favorita nell’era digitale dal diffondersi delle sue numerose abbreviazioni, hanno ingenerato un indebolimento linguistico, (un accorciamento lessicale, però poi in alcune circostanze, quasi imbarazzante, con tutti i possibili e immaginabili scimmiottamenti).
Tuttavia, forse, meglio così, meglio avvicinare che allontanare e tutti conosciamo la forza delle parole!
Certo con questa breve riflessione non si vuole banalizzare, appellandosi a facili semplificazioni.
Non è senz’altro «quell’innocua abbreviazione» ad aver modificato il valore, il significato di una professione; tuttavia, può risultare una triste metafora di una più pesante “riduzione”, di una perdita progressiva e corrosiva dell’autorevolezza e del prestigio della classe docente.
Una cifra simbolica di una presenza “minuscola” in una società, oltretutto, che non abbonda in slanci ideali.
Claudio Riccadonna
Ala