La speranza. Energia che gonfia le vele – Di G. Maiolo, psicoanalista

Pablo Neruda: «Soffre più chi spera sempre o chi non sperò mai in nulla?»

L’interrogativo di Neruda è decisamente attuale perché la parola speranza è insistente, provocatoria ma necessaria.
Ce la troviamo ovunque, perché è energia che gonfia le vele, vento che muove la barca forza che ci fa andare avanti.
Non solo quando ci perdiamo nella realtà dei giorni difficili, all’inizio di un nuovo anno e la invochiamo come augurio di cambiamento dopo un fallimento.
 
La speranza ci attende e ci consente di non di paralizzarci nella disperazione. Per alcuni però è illusione ma per altri è fiducia, e per molti è ulteriore sofferenza. In realtà si tratta di energia vitale che ti fa resistere anche nell’oscurità più tenebrosa. L’etimologia latina di «spes» del resto rimanda a «piede» ovvero a qualcosa che fa camminare, a una dotazione naturale che va appresa e poi fatta crescere non solo per raggiungere obiettivi ma per dare significato all’esistenza.
 
Scrive Vito Mancuso in «Destinazione speranza» (ed. Garzanti), che nel tempo in cui la fiducia nel futuro è ridotta al minimo la speranza, sia nell’esistenza orizzontale che in quella verticale, appare dispersa, divorata dalla cultura dominante del nostro tempo il cui senso prevalente è «dominare, prevaricare, vincere».
In mancanza di una formazione morale, insiste Mancuso, prepariamo «i giovani solo in funzione del mondo del lavoro perché producano, non in funzione della società … e meno che mai in funzione di loro stessi perché esercitino la coscienza morale».
 
È questo ciò che rende la speranza un’illusione, quando invece è resistenza e perseveranza, forza che fa superare le avversità e sta, come lui dice, in quel «vuoto al centro» che ci abita. Un vuoto non da riempire ma da curare con libertà e responsabilità.
Nella dottrina cristiana insieme con fede e carità è una delle tre virtù teologali e nella cultura greca era una divinità, Elpis, come per i latini «Spes, ultima dea», era l’ultimo aiuto, quel porto sicuro dove riparare nel mezzo della bufera.
 
Purtroppo la psicologia ha considerato poco la speranza, che invece è un’emozione preziosa, quasi un farmaco. E oggi le neuroscienze ci confermano che con essa si «accendono» aree importanti del cervello e del sistema limbico, da cui si sviluppano «sostanze» in grado di dare sollievo al dolore. Fabrizio Benedetti, neurofisiologo, dice che sperare è un anticipare mentalmente eventi piacevoli del futuro.
 
Del resto a radice «spa» di speranza, di provenienza sanscrita, contiene l’idea dell’energia interna che ti fa muovere nello spazio fisico e in quello mentale, risorsa necessaria per vedere al buio e «intravvedere» nuovi cambiamenti e possibili certezze.
Non è l’attesa di vincere la Lotteria di capodanno, ma carburante per il viaggio o vento per le vele. È punto di forza esterno alla nostra realtà che ci consente di trasformare il male entro cui ci troviamo.
 
Sperare allora è atto di fiducia nell’essere umano, un credere antropologico che «si configura nel sentire che, pur in mezzo a mille traversie – conclude Mancuso – la natura e la storia (…) sono orientate a un senso complessivo individuabile nella maturazione della libertà in termini di consapevolezza, creatività, responsabilità».

Prof. Giuseppe Maiolo psicoanalista
Università di Trento