La nostra Via Micaelica / 8 di Elena Casagrande
Dopo aver percorso la Valle dell’Albarine, famosa per l’industria tessile della seta, entriamo in Savoia e a Chambery festeggiamo l’anniversario di nozze
Tenay e il ponte sul fiume Albarine.
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Amberieu-en-Bugey, oltreché importante snodo ferroviario, fu anche culla dell’aviazione
È
domenica ed Ambérieu-en-Bugey è deserta. Di origine gallo-romana, un
tempo abitata dagli «ambarri», fu a lungo contesa tra il Ducato di
Savoia e la Francia. L’arrivo della ferrovia, a metà '800, la mise al
centro degli scambi tra Francia, Svizzera ed Italia. La cittadina crebbe
in tutti i sensi, ma fu ad inizio '900 che conobbe il suo momento di
gloria.
Successe per caso, grazie a Louis Mouthier, un ciclista di
Bourg-en- Bresse, che in zona affittò un terreno per esercitarsi col suo
aereo, comperato da pochissimo, un Blériot XI. Finì che, ottenuto il
brevetto, non solo fondò la scuola di volo, ma organizzò anche i primi
raduni aerei: era il 1910. Fu uno dei pionieri dell’aviazione ed oggi,
quel terreno, è la base aerea 278.
Io, davanti al murale con treni e
aerei, provo a telefonare al prete. «Rien» (niente). L’unica è tornare
in periferia, all’Ambhotel. Tutto è così triste, dallo stradone,
all’ospedale, al panino del fast food. Ho voglia di casa.
Il murale di Ambérieu-en-Bugey.
Nella Valle dell’Albarine si sviluppò l’industria della filatura della seta per i mercati di Lione
Lungo
la banchina della D 1504 l’aria odora di montagna. Siamo nel Bugey,
lungo le pendici del massiccio del Jura. A Saint-Rambert-en-Bugey timbro
le credenziali in Comune. Teo mi aspetta al Café de la Poste. Qui ed in
valle, nell’Ottocento, si sviluppò l’industria della filatura dei
cascami di seta (detti «schappe»). Anche a Tenay, dove mangiamo qualcosa
di veloce all’osteria accanto al fiume, ci sono ancora le fabbriche
«Usines du Centre Grandes filatures de Soie», seppur dismesse.
Prima
di Rossilon ci imbattiamo nella località di Les Hôpitaux. «Significa che
viandanti e pellegrini facevano questa via!» – mi dice Teo. Ma poco
dopo la abbandoniamo diretti a Contrevoz. Il paesaggio finalmente si
apre: in fondo le Alpi. All'imbrunire arriviamo a Belley. Scatto solo
una foto, prima di andare in hotel, al busto di Brillant-Savarin. Nacque
qui nel
1755. Fu giurista, politico e buongustaio. Il suo libro, «La
fisiologia del gusto», segnò le basi per la letteratura culinaria
moderna.
Il ponte sul Rodano dopo Belley.
Prima di scendere a Yenne, in Savoia, saliamo verso Pierre-Châtel, un forte trasformato in certosa
Oggi
è il nostro decimo anniversario di nozze. Usciamo all’alba dall’hotel,
senza colazione, per riuscire a festeggiare a Chambéry. Attraversato il
Rodano, placido e maestoso, prendiamo il caffè dopo il porto di
Virignin, in un bar-alimentari. Il cane del proprietario abbaia come un
forsennato ai nostri bastoncini da trekking.
«Mai un attimo di
tregua, in cammino!» – mi dice Teo. «Dai, andiamo» – gli rispondo. In
fondo al paese cerchiamo il sentiero per il forte: «le Chemin du Fort». È
molto ripido, con tornanti stretti, ma in alto, la vista del fiume e
delle sue «gorges» (gole) e lo spettacolo del vecchio monastero
fortificato, ripagano dello sforzo.
«Sembra di essere a Gran Burrone
e poi basta asfalto!» – mi dice Teo. Sul cammino ci sono anche i
segnali del Cammino Vezelay-Assisi: una colomba bianca accanto ad un Tau
nero su sfondo arancione. Scesi da lì, attraversato il ponte sul
Rodano, entriamo a Yenne, in Savoia. Dopo una pausa lampo, tra i
vigneti, ci dirigiamo a Saint-Jean-de-Chevelu.
La salita al monastero fortificato di Pierre-Châtel.
Il monte del Col du Chat, sopra Saint-Jean-de-Chevelu, è l’ultimo ostacolo prima del Lago di Bourget
Il
bar panetteria è chiuso, per cui niente pit-stop. Suono al Comune.
Tutto tace finché un tizio sbuca dal portone. «È chiuso. Ci sono solo io
che sto facendo dei lavoretti!» – mi sussurra. Gli chiedo dove siano i
bagni pubblici e lui mi risponde che sono giù. «Giù dove?» – chiedo. «Ai
laghi» - mi dice. «Ma è troppo lontano, nemmeno si vedono, da qui, i
laghi di Chevelu!» – gli rispondo. Alla fine, non sono come, cede e mi
fa entrare.
Già che ci sono domando se, per arrivare al lago di
Bourget, ci sia un percorso alternativo alla strada o alla salita al Col
du Chat. Alla mia domanda si esalta. Tutto orgoglioso mi informa che
hanno appena inaugurato il tunnel ciclo-pedonale, proprio a fianco della
strada. «Problema strada risolto!» – spiego a Teo, uscita dalla Mairie
(Comune).
.
Tra i vigneti prima di Saint-Jean-de-Chevelu.
Il lago di Bourget è il più grande e profondo di Francia, dopo la parte francese del Lago Lemano
A
fine paese, vicino alla rotatoria, troviamo l’imbocco del tunnel. È
nuovissimo, illuminato e decorato con murales che riproducono animali,
usi e costumi locali. Dentro fa freddo. Lo percorriamo il più in fretta
possibile. All’uscita rimaniamo letteralmente di sasso: davanti a noi
ecco stagliarsi lo spettacolo del lago di Bourget, blu ed immenso.
Per
scendere nel fondovalle seguiamo un sentiero dove sono affissi dei pali
con svariati segnali dei percorsi locali, compresa la conchiglia del
Cammino di Santiago. In spiaggia ci sono tantissime persone: basta
vedere il parcheggio enorme, pieno all’inverosimile, che costeggiamo
prima di incamminarci verso il capoluogo della Savoia.
Il lago di Bourget..
A Chambéry festeggiamo il nostro anniversario con la «raclette»
Non
ci è molto chiaro come uscire da quel caos, ma una signora che ci vede
fermi davanti alla cartina geografica, ci aiuta e, così, riusciamo a
venirne fuori e a raggiungere Chambéry. Pur esausta prenoto un
ristorantino vicino alla Cattedrale, specializzato in piatti savoiardi:
«Le Sporting». Optiamo per la «raclette» (formaggio fuso) con affettati,
patate lesse ed insalata. Purtroppo l’attrezzo ha un leggero difetto e
non riusciamo a manovrarlo al meglio. Una coppia di commensali vicina al
nostro tavolo ci dà una mano e così passa l’ansia. «Sai che storia
vedere rotolare mezza forma di formaggio a terra?« – dico a
Teo. «Sarebbe un disastro».
La raclette de «Le Sporting»
Seguendo gli elefantini dorati si fa un tour della città di Chambéry, austera ed elegante
A
fine cena fotografiamo la Fontana degli Elefanti, che ora è illuminata
di blu. Per arrivarci basta seguire i segnavia con l’elefantino
incastonati nella pavimentazione delle vie del centro. La fontana fu
eretta nel 1838 per rendere omaggio al generale Benoît de Boigne, che si
arricchì nelle campagne delle Indie Orientali e che fu anche un grande
benefattore della sua città natale. Fece costruire la chiesa dei
cappuccini, il teatro, un ospizio, nuove strade, collegi e lasciò
rendite perpetue, oltreché alla chiesa, anche ai pompieri e ad altri
ordini dediti all’accoglienza dei poveri. E così, pian piano, passando
davanti ai palazzi eleganti della città, ce ne torniamo in albergo.
La Fontana degli Elefanti a Chambéry.
La Patrona della Savoia è la Vergine Nera che si venera nel Santuario di Nostra Signora di Myans
L’indomani,
dopo la colazione davanti alla biblioteca, usciamo dalla città seguendo
una ciclabile. Zigzagando di qua e di là dall’autostrada, tra i vigneti
e le colline, sbuchiamo al Santuario di Nostra Signora di Myans,
Patrona della Savoia. Piove e neanche a farlo apposta si sta per
celebrare la Messa. Ci fermiamo. Le pareti interne del santuario sono
tappezzate di ex voto. La Madonna Nera ha un viso dolce e ci scordiamo
del tempo e della tappa.
Quando ripartiamo è ancora bigio. Dopo un
breve tratto di strada in discesa, a Les Marches, incrociamo la variante
della ciclabile 22 diretta a Saint-Pierre-d’Albigny, dove dormiremo.
Siamo molto vicini allo snodo viario della «Porta di Savoia», ma la
«veloroute» (ciclabile) ci salva.
Gli ex voto del Santuario di Nostra Signora di Myans.
A tre minuti dal B&B di Saint-Pierre-d’Albigny ci prendiamo una scarica di grandine
Dopo
Montmélian ed Arbin, con la sua lapide romana, decidiamo di «correre»
perché il cielo è nero. Mancano circa 10 chilometri. Malgrado gli
sforzi, a 3 minuti d’orologio dal nostro alloggio, becchiamo la
grandine. Cerchiamo riparo in un lavatoio, ma la pioggia entra anche dai
lati. Siamo fradici e al B&B nessuno ci apre.
«Ma abbiamo già
pagato la stanza. Possibile non ci sia nessuno?» – domando a Teo e poi:
«Io mi attacco al campanello». Lo faccio. Poco dopo sento la chiave
girare nella serratura. I proprietari ci guardano stupiti: si erano
dimenticati di controllare le prenotazioni on line! In più stavano
preparando la marmellata di mirtilli, in un’altra ala della casa e non
ci avevano sentito. Poco male: la stanza mansardata è accogliente, la
vista sulla valle piacevole ed io, alla fine, mi pento di aver «abusato»
del campanello.
I segnavia del Cammino Vezelay-Assisi.
Oltre l’Isère imbocchiamo la Val de la Maurienne e l’Italia è vicina, come confermano i cartelli stradali
Oltrepassati
i vigneti del Castello di Miolans, scendiamo al fiume. Passato il Pont
Royal sull’Isère ci emozioniamo: l’Italia è sempre più vicina. Da lì
prendiamo la Route de Randens ed entriamo nella Valle della Moriana. In
paese non vola una mosca. Facciamo una pausa «frittata» all’unico
baretto aperto, ma neanche il tempo di attraversare ponte e ferrovia che
veniamo catapultati nel caos.
Ad Aiguebelle, in questi giorni, si
disputa «L’Échappée Belle», una gara di corsa in montagna molto
impegnativa. C’è gente da mezzo mondo. Per i partecipanti gli
organizzatori cucinano in strada la pasta al sugo. Le vie sono zeppe di
atleti, negozi ambulanti di abbigliamento sportivo e curiosi. Sarebbe
bello stare qui ma Saint-Jean-de-Maurienne ci aspetta. E Teo già
pregusta Modane, dove incontreremo i miei genitori.
Elena Casagrande - [email protected]
(La nona e ultima puntata sarà pubblicata mercoledì 11 dicembre)
Il Pont Royal sul fiume Isère.