I Gliomi sono tumori cerebrali complessi – Di Nadia Clementi

Parliamo col dottor Domenico Aquino dei tumori cerebrali e le sfide della ricerca

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I gliomi sono tumori cerebrali primitivi del sistema nervoso centrale che originano dalle cellule gliali, fondamentali per il supporto e la protezione dei neuroni.
Fanno parte dei tumori rari ma rappresentano una delle forme più comuni e aggressive di neoplasia cerebrale, con una variabilità che rende la diagnosi e il trattamento particolarmente complessi.
Questi tumori si classificano in base al tipo di cellula da cui derivano e al grado di malignità, che può variare da forme a crescita lenta e meno invasive a varianti altamente aggressive e rapide.
Nonostante i progressi della medicina, la prognosi per molti pazienti affetti da gliomi rimane incerta.
 I trattamenti attuali, che includono chirurgia, radioterapia e chemioterapia, spesso offrono risultati limitati, rendendo essenziale la ricerca di nuove strategie diagnostiche e terapeutiche.
 
Il dottor Domenico Aquino, bioingegnere con un'ampia esperienza nel campo della Risonanza Magnetica e della neurodiagnostica, è tra i principali ricercatori nel settore dei tumori cerebrali, con un focus specifico sui gliomi. Il suo lavoro, svolto presso la Fondazione IRCCS Istituto Neurologico «Carlo Besta» e in collaborazione con il Politecnico di Milano tramite il laboratorio LEARN Lab, di cui è uno dei referenti, ha contribuito significativamente all’innovazione delle tecniche diagnostiche e terapeutiche per le patologie cerebrali.
Grazie all’impiego di tecnologie avanzate come la Risonanza Magnetica, il Dr. Aquino ha contribuito ad ottenere risultati fondamentali nella diagnosi precoce, nella valutazione della prognosi e nell’ottimizzazione dei trattamenti per i gliomi.
In questa intervista, il dr. Aquino ci offrirà una panoramica aggiornata sulle sue ricerche e sulle prospettive future nella lotta contro questi tumori cerebrali complessi.
 
Il curriculum del dott. Aquino a questo link.


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Dottor Aquino, la sua ricerca si concentra in modo particolare sui gliomi cerebrali. Potrebbe spiegare brevemente cosa sono e quali sono le principali sfide diagnostiche legate a questi tumori?

«I gliomi cerebrali sono una tipologia di tumori che, come suggerisce il nome, traggono origine dalle cellule gliali, un tipo di cellula tipica del sistema nervoso centrale. Queste cellule hanno lo scopo di garantire l’omeostasi dei tessuti nervosi, ovvero ne garantiscono il corretto funzionamento occupandosi della loro nutrizione e protezione.
«Si tratta di tumori la cui aggressività, e quindi anche la prognosi, può variare notevolmente in base a diversi fattori. Attualmente, la classificazione dei tumori cerebrali dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHO, 2021) si basa su quattro gradi (I-IV) in ordine crescente di malignità. Rispetto alle versioni precedenti, integra in modo più sistematico parametri molecolari, oltre a quelli clinici e istologici, permettendo una caratterizzazione più accurata dei diversi sottotipi tumorali.
«I tumori di grado più basso hanno ovviamente una prognosi migliore e spesso possono essere curati mediante un approccio chirurgico in base alla sede. I tumori di IV grado, come il glioblastoma multiforme, invece costituiscono attualmente la sfida più grande a causa della loro complessità e della resistenza alla terapia.
«La diagnosi di questi tumori non è sempre semplice e in alcuni casi può costituire una vera e propria sfida. Questo è dovuto spesso alla poca specificità dei sintomi in fase iniziale (ad esempio mal di testa, deficit cognitivi o crisi epilettiche) che non consente una tempestiva identificazione della malattia neurologica sottostante.
«In più, tecniche come la Risonanza Magnetica, pur essendo un valido strumento per la diagnosi, non sempre riescono a distinguere i diversi gradi (grading) e tipi tumorali rendendo necessaria la biopsia, cioè un prelievo di un campione di tessuto dal cervello da analizzare in laboratorio, oppure la PET (Tomografia a Emissione di Positroni), non sempre disponibile in tutti i centri.
«La classificazione della tipologia di glioma è fondamentale in quanto consente di indirizzare la terapia, spesso in combinazione di altri trattamenti, nella maniera più adeguata.
«A tal proposito, inoltre, è di estrema importanza e per nulla semplice capire il comportamento del tumore durante la somministrazione di una determinata terapia così da decidere se mantenerla o indirizzare il paziente verso un percorso diverso.»
 
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Tratta da un lavoro condotto al Besta nel 2024 in cui vengono mostrate le immagini di Risonanza Magnetica di 2 tumori (prima colonna) con le relative tecniche avanzate a fianco. Nello specifico, la seconda colonna mostra delle mappe colorimetriche quantitative che dovrebbero consentire la distinzione tra tumore reale (blu) ed effetto del trattamento (rosso), mentre la terza le mappe di perfusione, ovvero di flusso sanguigno capillare. La colonna più a destra rappresenta la corrispondente immagine istologica della zona tumorale.
 
Qual è il ruolo della Risonanza Magnetica avanzata nello studio dei gliomi? In che modo questa tecnologia ha migliorato la nostra capacità di diagnosticare e monitorare il tumore?

«La Risonanza Magnetica è attualmente lo strumento d’elezione non solo per la diagnosi, ma anche per la valutazione terapeutica dei gliomi cerebrali. I pazienti, indipendentemente dal trattamento ricevuto—che si tratti di chirurgia, radioterapia o altre terapie come chemio-radioterapia e immunoterapia—vengono monitorati nel tempo attraverso tecniche di imaging, in particolare mediante Risonanza Magnetica.
«Questo consente di fare una fotografia nel tempo dello stato del tumore e decidere l’approccio successivo più adeguato, che si tratti di un nuovo intervento chirurgico o di una terapia specifica. Come detto però, la RM convenzionale non è sempre in grado di distinguere i sottotipi tumorali oppure di capire se una terapia sta avendo l’effetto desiderato o se invece debba essere cambiata in corso di trattamento.
«Le tecniche avanzate di Risonanza sono delle tecniche speciali che consentono di ottenere in maniera indiretta ma quantitativa informazioni che con le acquisizioni classiche non sarebbe possibile ottenere. Ad esempio è possibile determinare il flusso di sangue nei vasi patologici tumorali o la loro aumentata permeabilità, parametri che danno informazioni d’ausilio diagnostico e prognostico al neuroradiologo molto utili per la stima dell’aggressività tumorale.
«I tumori più aggressivi in genere richiamano più sangue, formando nuovi vasi sanguigni. E’ poi possibile determinare la complessità della microstruttura cerebrale, altrimenti non visibile in un esame standard, mediante tecniche come il Diffusion Tensor Imaging e capire attraverso di essa l’evolversi del processo patologico sia per cellularità che per infiltrazione o danno delle vie nervose. La spettroscopia RM poi, permette di analizzare la composizione chimico-metabolica del tessuto cerebrale, sia sano che patologico.
«Questa tecnica aiuta a distinguere in dettaglio il tessuto tumorale da quello non tumorale attraverso la quantificazione di specifici metaboliti, a determinare la tipologia del tumore e a monitorare la risposta alla terapia nel tempo.
«Questi sono però solo alcuni esempi: attualmente la ricerca sta facendo notevoli passi avanti e sono state sviluppate tecniche avanzate che consentono misurazioni ancora più dettagliate e precise e che costituiscono uno strumento prezioso nelle mani del neuroradiologo.»
 
In che misura la sua collaborazione con neuroradiologi e neuro-oncologi sta contribuendo a migliorare la diagnosi e il trattamento dei gliomi? Può parlarci della sinergia tra le diverse figure professionali in questo contesto?

«Oggigiorno l’approccio alla diagnosi e al monitoraggio dei tumori cerebrali, così come in altri distretti, non è più settoriale, bensì è diventato multidisciplinare.  Il miglioramento della comprensione mediante tecniche e metodologie di valutazione sempre più innovative, non solo in ambito di imaging, ma anche in ambito clinico, istopatologico, molecolare e chirurgico, ha richiesto e richiederà sempre di più un lavoro congiunto tra figure professionali che in passato operavano in maniera più indipendente.
«La complessità delle patologie studiate, si pensi ad esempio al glioblastoma, non può esimersi da un approccio multidisciplinare che sappia mettere insieme tutte le informazioni che ne consentano una precisa caratterizzazione. Se si vuole battere il nemico bisogna conoscerlo.
«È per questo che è sempre più usuale che equipe formate da medici di diverse estrazioni, come neurologi, neuroradiologi, neuro-oncologi, chirurghi, radioterapisti, ma anche da figure differenti, come bioingegneri, fisici, neuro-psicologi collaborino per studiare e comprendere meglio la natura e l’approccio diagnostico e terapeutico da utilizzare.
«Nel nostro Istituto questa è ormai una pratica quotidiana: ogni caso viene studiato con tutte le metodologie e le valutazioni necessarie. I casi vengono discussi in riunioni plenarie in cui ogni figura professionale riporta le proprie valutazioni che, assieme alle altre, permetterà di costituire un quadro più completo per la caratterizzazione e la strategia di trattamento personalizzata.
«Lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale inoltre sta aprendo nuove frontiere, permettendo la comprensione di dinamiche complesse, ma questo richiede tante informazioni e archivi di dati molto grandi che solo un team multidisciplinare e studi multicentrici possono dare.»
 
Quali sono i principali progressi nella ricerca sui gliomi degli ultimi anni? Ci sono nuove scoperte o tecniche promettenti che potrebbero rivoluzionare il trattamento di questi tumori? Esistono trattamenti innovativi che stanno emergendo per affrontare i gliomi? Quali approcci terapeutici sono più promettenti e quali sono le sfide che ancora dobbiamo affrontare per ottenere risultati migliori?

«La ricerca sui gliomi cerebrali e sul loro trattamento è in continua evoluzione. Attualmente abbiamo a disposizione un pool di tecniche e approcci terapeutici molto all’avanguardia. Oggi come oggi un paziente affetto da glioma cerebrale, a seconda della gravità, viene sottoposto ad approcci chirurgici mirati che cercano di rimuovere il tumore con la massima precisione, secondo il criterio della massima resezione sicura per preservare strutture cerebrali indispensabili.
«Questo può avvenire ad esempio, come nel nostro Istituto, utilizzando particolari traccianti fluorescenti che consentono al neurochirurgo di vedere con precisione l’estensione del tumore. In più, mediante una tecnica di Risonanza Magnetica, detta Risonanza Funzionale, è possibile determinare le aree del cervello che si attivano durante l’esecuzione di un determinato compito e fornire al chirurgo una mappa cerebrale che indichi quali sono le aree la cui compromissione potrebbe portare dei deficit lessicali, motori o di altro tipo al paziente, così da risparmiarle ove possibile.
«In ambito radioterapeutico possiamo avvalerci di tecnologie molto precise, come il CyberKnife, che consentono di irradiare con la massima precisione l’area patologica risparmiando il più possibile il tessuto sano circostante.
«Dal punto di vista molecolare poi, sono stati fatti passi da gigante: dall’identificazione di mutazioni genetiche, che consente una più precisa distinzione dei sottotipi tumorali e un miglior approccio terapeutico, fino all’immunoterapia e ai vaccini tumorali con i quali si addestra il sistema immunitario dell’individuo stesso ad attivarsi solo contro le cellule tumorali, offrendo nuove prospettive a terapie molto promettenti già adottate in altri distretti corporei.
«Purtroppo però, nonostante le tecniche si stiano evolvendo moltissimo, non siamo ancora in grado di sconfiggere completamente i casi più gravi, come ad esempio i tumori di IV grado. Come dicevo precedentemente, per poter pensare di caratterizzare al meglio il bersaglio delle nostre terapie è necessario un approccio multidisciplinare che integri vari ambiti e competenze. Facendo un esempio, si intende con pseudo-progressione il momento in cui, durante una terapia, sembra che il tumore stia evolvendo verso uno stadio più aggressivo (progressione) quando in realtà non è così e ciò che si vede è solo un effetto della terapia.
«Capire se il glioma sta progredendo o pseudo-progredendo è ad oggi una sfida determinante in quanto può indirizzare la terapia in maniera diversa.
«Le tecniche avanzate di Risonanza, assieme alla medicina nucleare e alla oncologia molecolare, stanno cercando di trovare dei marcatori predittivi di risposta che aiutino a comprendere in anticipo se il tumore sarà sensibile o resistente a uno specifico trattamento e se stia realmente evolvendo o se il cambiamento sia solo un effetto della terapia.»
 
Uno degli aspetti cruciali nella ricerca dei tumori cerebrali è la diagnosi precoce. Cosa può fare la ricerca per migliorare la capacità di individuare i gliomi in fase iniziale, quando le possibilità di trattamento sono più efficaci?

«Ovviamente prima si riesce ad arrivare ad una diagnosi, prima si riesce a intervenire e ridurre i rischi. Sono molti anni ormai che la ricerca sta cercando di identificare i cosiddetti biomarker diagnostici, ovvero dei valori quantitativi, che siano di Risonanza, molecolari o di altro tipo, che consentano di diagnosticare con estrema tempestività l’insorgenza di un glioma e la sua evoluzione.
«Attualmente tra gli strumenti a disposizione più promettenti si possono citare: - la biopsia liquida, una tecnica che si contrappone alla classica biopsia e che è molto meno invasiva, che mira a identificare i cosiddetti biomarcatori liquidi, ovvero cellule tumorali circolanti o frammenti di DNA con mutazioni specifiche, attraverso prelievi di sangue o di liquido cerebro-spinale - le tecniche avanzate di Risonanza Magnetica di cui abbiamo parlato - l’Intelligenza Artificiale (AI) che, utilizzando reti neurali e algoritmi sempre più complessi e integrando dati di differente natura (risonanza, PET, dati clinici, istologici e molecolari) sembra sempre più promettente nell’identificazione e nel riconoscimento di indicatori diagnostici di malattia, non identificabili mediante altri approcci.
«Come dicevo precedentemente, credo che un approccio combinato delle metodiche citate, magari all’interno di modelli di AI sempre più avanzati, possa fornire indicazioni sempre più precise e soprattutto tempestive. Ovviamente i risultati dovranno necessariamente essere valutati da specialisti in ambito multidisciplinare.»
 
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Ricostruzione tridimensionale di un fascio di fibre di sostanza bianca, nello specifico il tratto cortico-spinale (in azzurro) e del tumore (in rosso) sovrapposti all’immagine  Risonanza Magnetica del soggetto. Queste ricostruzioni vengono utilizzate in sala operatoria dai neurochirurghi per l'asportazione dei tumori e con il fine di evitare aree sensibili, in questo caso uno dei fasci di fibre deputati al movimento.

 
Guardando al futuro, quali sono le sue aspettative per la ricerca sui gliomi nei prossimi cinque anni? Cosa ci aspettiamo in termini di innovazioni scientifiche che potrebbero avere un impatto significativo sulla cura di questi tumori?

«Ormai viviamo nell’era del digitale e dell’Intelligenza artificiale. Chiunque conosce strumenti come chatGPT o analoghi. I modelli di Deep Learning (ovvero reti neurali ad apprendimento profondo) sono sempre più precisi e performanti e possono dare qualcosa in più rispetto all’approccio classico, sia in termini diagnostici che prognostici che terapeutici.
«Già ora molta della strumentazione utilizzata nell’ambito della terapia dei gliomi integra strumenti di AI, sia per l’individuazione del bersaglio del trattamento chirurgico, sia in ambito diagnostico per il corretto svolgimento dell’esame e il miglioramento della qualità delle immagini, sia per l’individuazione di mutazioni genetiche specifiche. In ambito chirurgico, in termini di strumentazione, si stanno implementando sistemi di realtà aumentata in sala operatoria mediante i quali il chirurgo, indossando degli smart glasses, può vedere tridimensionalmente e manovrare le immagini 3D ricostruite del tumore che sta per asportare, integrando dati provenienti da tecniche diverse, esattamente come in alcuni film che abbiamo visto al cinema.
«Attualmente nel nostro Istituto è attivo un centro di eccellenza, il NeuroSym Center, nel quale mediante strumenti di simulazione avanzata i giovani neurochirurghi possono fare pratica e esercitarsi su casi chirurgici complessi.
«Penso perciò che la ricerca sui gliomi si sposterà sempre più verso un approccio personalizzato e di precisione, sfruttando le potenzialità dell’intelligenza artificiale e delle biotecnologie avanzate.
«Nei prossimi cinque anni inoltre mi aspetterei progressi significativi nello sviluppo di terapie mirate basate su analisi genomiche avanzate, con la possibilità di individuare trattamenti specifici per ciascun paziente in base al profilo genetico del tumore.
«Inoltre, l’integrazione di biomarcatori innovativi e tecnologie di imaging avanzato potrebbe migliorare notevolmente la diagnosi precoce e il monitoraggio della malattia.»
 
In che modo la collaborazione internazionale e tra istituti di ricerca sta accelerando i progressi nel campo dei tumori cerebrali? Ci sono progetti a livello globale di cui sta partecipando o che ritiene particolarmente promettenti?

«La collaborazione internazionale e tra istituti di ricerca sta giocando un ruolo fondamentale nell’accelerare i progressi nel campo dei tumori cerebrali. Sono numerosi i bandi europei, internazionali e nazionali che favoriscono la sinergia tra diversi centri di ricerca, permettendo di unire competenze specifiche e ampliare le conoscenze in ambito diagnostico e terapeutico per i gliomi cerebrali.
«Alla base dei progetti multicentrici vi è l’obiettivo di raccogliere una vasta casistica di dati in modo da ottenere una rappresentazione quanto più accurata della popolazione affetta da queste patologie. Inoltre, la collaborazione tra istituti permette di condividere expertise e risorse, accelerando lo sviluppo di nuove strategie terapeutiche.
«Per fare l’esempio di uno dei progetti più promettenti citerei il progetto GLIOMATCH, finanziato dalla Comunità Europea, che coinvolge otto centri clinici europei ed è focalizzato sull’uso dell’immunoterapia per il trattamento dei tumori cerebrali maligni, sia negli adulti che nei bambini.
«Il progetto si concentra in particolare sul glioblastoma multiforme e sui gliomi di alto grado pediatrici, avendo un forte impatto sociale data la casistica della popolazione coinvolta.
«Questi progetti rappresentano esempi concreti di come la collaborazione tra diversi istituti e l’integrazione di approcci innovativi possano contribuire al miglioramento delle cure per i tumori cerebrali.»
 
Per chi desidera intraprendere una carriera nella ricerca sui tumori cerebrali, quali competenze e conoscenze sono fondamentali? Che consiglio darebbe ai giovani ricercatori che si avvicinano a questo campo?

«Chi desidera intraprendere una carriera nella ricerca sui tumori cerebrali deve prepararsi a un approccio multidisciplinare. Le competenze richieste vanno dalla neuroanatomia, neurologia e neuropatologia alla bioingegneria, imaging medico e bioinformatica.
«La combinazione di conoscenze nelle neuroscienze, nelle biotecnologie e nelle tecnologie avanzate, come l’intelligenza artificiale, è fondamentale.
«Oggi, corsi di laurea multidisciplinari come ingegneria biomedica, neuroinformatica e scienze e tecnologie per la salute offrono una solida preparazione.
«Ai giovani ricercatori consiglio di abbracciare una visione più ampia, cercando integrazioni in diversi campi, investendo in formazione continua, e sviluppando competenze di comunicazione e gestione dei dati per affrontare le sfide della ricerca in oncologia cerebrale.»
 
Nadia Clementi n [email protected]
Dottor Domenico Aquino

 
Biomedical Engineer, MRI researcher
Preclinical MRI 7T, Neuroradiology Unit
Fondazione IRCCS Istituto Neurologico "Carlo Besta"
LEARN lab, Joint Research Platform, Politecnico di Milano
Via Celoria,11-20133 Milano