I dazi Usa sul vino: niente panico – Di Giuseppe Casagrande
In attesa di verificarne l'impatto le aziende, dopo i primi giorni di smarrimento, puntano su altri mercati: Giappone, Corea, Gran Bretagma, Nord Europa e Russia

Foto di gruppo a Vinitaly di alcuni Vignaioli del Trentino con Mara Lona, Cembrani Doc
Preoccupazione, ma niente panico. Questo il «sentiment» che abbiamo colto visitando i padiglioni del 57° Vinitaly (4.000 le aziende presenti distribuite nei 18 padiglioni della cittadella del vino) inaugurato sabato a Verona tra le nubi minacciose dei dazi introdotti da Trump. La rassegna scaligera si concluderà domani con uno spiraglio di ottimismo, giustificato dai contratti firmati dai numerosi buyer (moltissimi gli americani oltre agli operatori di 140 Paesi: dai giapponesi ai coreani, dai canadesi ai britannici, dai sudafricani agli europei) presenti all'evento fieristico mondiale più importante dell'anno.
Evento che ha visto Verona invasa da una marea di visitatori professionali, wine lover, ma non solo, a conferma dell'importanza di Vinitaly per il business globale del vino.
L'ottimismo di cui parlavamo è legittimato anche dai numeri del pianeta vino made in Italy che - come noto - l'anno scorso ha visto l'export italiano superare quota 8 miliardi di euro.
Un record cui hanno fatto riferimento anche il presidente dell'Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi, e il presidente dell'Unione internazionale degli Enologi Riccardo Cotarella.
Lamberto Frescobaldi, presidente dell'Unione Italiana Vini.
Una strada percorribile? Gli accordi tra le aziende e gli importatori americani
Per quanto riguarda la spada di Damocle dei dazi, Frescobaldi in attesa di verificarne l'impatto dopo i primi giorni di smarrimento, ha indicato una strada percorribile negli accordi tra aziende italiane e gli importatori:
«L'Unione Italiana Vini ritiene che tutta la catena – dalla produzione al punto vendita – debba sacrificare parte dei ricavi per garantire listini invariati al punto vendita, pena l’uscita dal mercato di tante realtà del nostro settore».
Un sacrificio stimato in 323 milioni di euro l’anno che riguarda 480 milioni di bottiglie spedite oltreoceano.
Riccardo Cotarella con il direttore della cantina Valle Isarco Arnin Gratl.
L'esperienza di Pojer&Sandri: «L'America noi l'abbiamo trovata in Giappone»
Nel frattempo, in attesa di verificare i «rumors» che parlano della riduzione dal 20 al 10% della tassazione doganale, si pensa ad altri mercati, ad esempio al mercato canadese, giapponese e coreano.
Fiorentino Sandri, nume tutelare con Mario Pojer della cantina-gioiello di Faedo, cantina con distilleria che quest'anno festeggia le nozze d'oro aziendali, non è preoccupato dei dazi americani.
«I nostri mercati sono altri, il Giappone, ad esempio, - ci ha confessato. - Ogni anno - ha aggiunto - ci chiedono di raddoppiare gli ordini del nostro Zero Infinito. Quest'anno ci avevavo chiesto 30 mila bottiglie.
«Ho potuto soddisfare la richiesta con poche migliaia poichè la disastrosa gelata di aprile aveva compromesso le rese del nostro Solaris.»
Ed ha aggiunto: «Per quanto riguarda l'export, da anni il nostro mercato di riferimento è l'Italia. Noi l'America ce l'abbiamo in casa, lungo la Penisola.»
Fiorentino Sandri, boom di richieste dal Giapppne per lo Zero Infinito.
Luca Rigotti: «Trovare un compromesso in sintonia con l'Unione europea»
«Per quanto riguarda l'export trentino la strada da percorrere è quella della trattativa da concludere con un onorevole compromesso in sintonia con l'Unione europea» - ha dichiarato Luca Rigotti, presidente del Gruppo Mezzacorona nonchè presidente del settore vino Confcooperative Cogeca.
«Il mercato americano è per noi importantissimo - ha aggiunto - sia per quanto riguarda i numeri sia per la capacità di spesa dei consumatori a stelle strisce. Per questo siamo preoccupati.»
A Vinitaly era presente anche il commissario europeo all'Agricoltura e allo sviluppo rurale Christophe Hansen, lussemburghese.
«Di fronte alla mossa di Trump - ha detto - bisogna sedersi attorno ad un tavolo per cercare di trovare un primo accordo diplomatico per ridurre quanto meno la percentuale dei dazi dal 20 al 10%.»
Luca Rigotti, presidente del Gruppo Mezzacorona e Cogeca.
Albino Armani preoccupato per l'expoprt del Pinot Grigio negli Stati Uniti
Sulla stessa linea Albino Armani, presidente del Consorzio Vini Doc delle Venezie, il marchio interregionale che include in un’unica denominazione d’origine le Regioni Veneto, Friuli Venezia Giulia e la Provincia Autonoma di Trento.
Armani è preoccupato poichè l'export in particolare del Pinot Grigio verso gli Stati Uniti copre la fetta più importante dei vini del Consorzio con performance - lo conferma il bilancio 2024 - decisamente in controtendenza rispetto alla contrazione generalizzata dei consumi.
«La tassazione del 20% fa male - ci ha dichiarato - ma cercheremo di resistere. I dazi colpiscono l'intero settore, ora dobbiamo scongiurare la tempesta perfetta: stagnazione economica, contrazione dei consumi, disaffezione e stili di vita delle nuove generazioni, inasprimento delle sanzioni del nuovo Codice della Strada».
Albino Armani, presidente del Consorzio Vini Doc delle Venezie.
Il conte Valperto degli Azzoni: «Troveremo un accordo con i nostri partner Usa»
Nello stand marchigiano del Grppo DAW (Degli Azzoni Wines) con tenute nelle Marche, in Toscana, in Veneto e in Trentino (Tenuta LeVide con i premiatissimi Trentodoc Cime di Altilia e Maso Alesiera) abbiamo incontrato il Conte Valperto degli Azzoni con la responsabile per il mercato americano.
Il Gruppo esporta il 90% dei propri vini negli Stati Uniti, in Canada, Giappone, Nord Europa e Russia attraverso le famose triangolazioni per aggirare le sanzioni dopo l'invasione dell'Ucraina.
«I dazi? Niente panico. In attesa di conoscere gli sviluppi della situazione, cercheremo di trovare un accordo con i nostri partner americani» ci ha confessato.
Il conte Valperto degli Azzoni con uno dei suoi Trentodoc dell'azienda LeVide.
I Vignaioli: «Ridurre i margini tra il prezzo di vendita e quello di acquisto»
Non sono parsi preoccupati nemmeno i piccoli produttori, in particolare i vignaioli indipendenti trentini presenti a Verona nel padiglione collettivo della FIVI.
La presidente Clementina Balter e il vice Nicola Zanotelli ci hanno confidato che, in attesa di conoscere se effettivamente la tassa doganale sarà abbassata al 10%, si cercherà una via di compromesso con gli importatori cercando di venire loro incontro riducendo la marginalità tra il prezzo di vendita e quello di acquisto.
Altri produttori, trentini, altoatesini e di altre regioni, hanno candidamente ammesso quanto dicharato da Fiorentino Sandri: «L' America? Ma è in Italia» - ripetono - «che rimane senza umbra di dubbio il mercato più importante.» Parole sagge.
In alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande - [email protected]
Donatella e Chiara Pedrotti Spumanti nel padiglione di Vinitaly dedicato al Trentino.