Gaja: «Non demonizziamo il vino» - Di Giuseppe Casagrande

L'imprenditore piemontese Angelo Gaja, re delle Langhe, stigmatizza la consuetudine di equiparare il vino, simbolo della nostra civiltà, ai superalcolici

Angelo Gaja accanto alle sue mitiche etichette.

Angelo Gaia, conosciuto in Italia e nel mondo come il «re delle Langhe», interviene sulla «vexata quaestio» della correlazione tra l'alcol e il vino. Parole importanti le sue che fanno chiarezza su un tema oggi più che mai di stringente attualità.
Ma prima di entrare nel merito, riavvolgiamo il nastro a beneficio di quanti non conoscono la storia di questo lungimirante imprenditore piemontese.
La cantina di Angelo Gaja è famosa a livello planetario grazie al brand Gaja che ha fatto conoscere i vini delle Langhe (Barbaresco e Barolo, in particolare) ad una vasta platea internazionale. Il marchio Gaja non è solo uno dei nomi storici del vino italiano, ma un vero ambasciatore che ha contribuito in modo determinante alla fama e alla reputazione internazionale dell'enologia e del settore vitivinicolo del BelPaese.

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Le colline delle Langhe patrimonio dell'Unesco, in primo piano la località Barbaresco.

 
 L'azienda fu fondata nel 1859 a Barbaresco dal patriarca Giovanni Gaja 

La tenuta Gaja, fondata a Barbaresco nel 1859 dal patriarca Giovanni Gaja, deve il suo grande successo alle intuizioni e alla tenacia di Angelo Gaja. Convinto del valore del territorio piemontese e della qualità dei suoi vini, Angelo Gaja ha deciso di puntare ai massimi livelli, curando nei minimi dettagli ogni aspetto della produzione.
I suoi vini nascono da una profonda conoscenza del territorio, da una accurata selezione e valorizzazione delle parcelle più vocate e da una gestione della vigna minuziosa e attenta, basata su un drastico abbassamento delle rese, per cercare di ottenere una maggiore intensità e concentrazione aromatica.
 
Le innovazioni introdotte da Angelo Gaja hanno coinvolto anche la fase di vinificazione, con estrazioni delicate e ben calibrate per esaltare finezza ed eleganza.
Per gli affinamenti, ha sperimentato con successo l’utilizzo delle barrique accanto alle botti grandi, sempre con l’intento di rivelare e mettere in risalto le caratteristiche eccezionali di ogni singolo terroir. Gaja ha sempre ricercato la migliore soluzione, utilizzando ciò che di buono c’era nelle antiche consuetudini del territorio, ma ricorrendo anche a pratiche provenienti da altre grandi regioni del vino.

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Angelo Gaja con la moglie Lucia e i figli Gaia, Rossana e Giovanni.

 
 Negli anni Novanta lo sbarco a Bolgheri, Montalcino e poi in Sicilia 

Proprio la sua visione curiosa e sempre proiettata verso le novità, ha condotto Angelo Gaja ad allargare l’orizzonte della sua attività e a volgere lo sguardo verso altre aree della Penisola particolarmente vocate per la viticoltura. All’inizio degli anni Novanta del secolo scorso, ha acquisito una proprietà a Bolgheri, fondando la cantina Ca’ Marcanda, che produce classici Supertuscan con vitigni internazionali. Sempre allo stesso periodo risale l’acquisizione del podere della Pieve di Santa Restituta a Montalcino, in particolare nella zona sud occidentale della denominazione.
Il crescente interesse suscitato dai vini dell’Etna non poteva lasciare indifferente Angelo Gaja che qualche anno fa è sbarcato in Sicilia, sul versante Sud del vulcano, dove ha fondato assieme al produttore etneo Graci la cantina Idda. La tenuta di 20 ettari, si trova nei territori comunali di Biancavilla e Belpasso ad un’altitudine compresa tra i 600 e gli 800 metri.

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 La riflessione di Angelo Gaja sulle tre tipologie di alcol 

E veniamo alla riflessione di Angelo Gaja sul tema alcol e vino. «È ormai consuetudine - sostiene Angelo Gaja - equiparare il vino ai superalcolici e agli aperitivi unicamente a causa della componente alcolica che hanno in comune. Si tratta di un abuso che dura da troppo tempo. Esistono infatti tre tipologie di alcol».
Alcol di fermentazione:
È immutato da 10.000 anni, da quando il vino è nato, prodotto dai lieviti che si depositano sugli acini d’uva, agenti della fermentazione alcolica, ed è frutto di un processo che è il più naturale, il più bio in assoluto. L’alcol così prodotto è il costituente principale nonché primordiale del vino e si accompagna ad un 3% di altri componenti, il resto è acqua.
Alcol di distillazione: È prodotto dall’arricchimento di alcol a mezzo dell’impianto di distillazione. È frutto della volontà del produttore di realizzare una gradazione alcolica più elevata e far così rientrare la bevanda nella categoria dei superalcolici: durante la distillazione viene persa buona parte degli altri componenti del vino.
Alcol di addizione:
È quello intenzionalmente aggiunto per la produzione di aperitivi e similari attingendo dall’alcol puro di distillazione, privato totalmente dei componenti del vino, in percentuale idonea e in mescolanza ad acqua, materia colorante, aromatizzanti. Ancorché la molecola sia la stessa, sono la natura e la funzione dell’alcol presenti nel vino, superalcolici ed aperitivi a renderli profondamente diversi.

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 Il vino è storia (millenaria), cultura, paesaggio, tradizione, religione 

Non si tratta di stabilire gerarchie o fomentare la competizione tra diversi prodotti, ma solo di offrire il massimo di chiarezza ai fruitori: far credere che il consumo di vini, spiriti o aperitivi sia analogo o anche solo simile è fuorviante e scorretto proprio per le finalità e diverse modalità di assunzione.
Con la demonizzazione in atto dell’alcol la confusione diviene per il vino fortemente penalizzante. Va chiesto a produttori, comunicatori, fruitori di battersi affinché l’immagine del vino venga separata e percepita in modo diverso da quella di superalcolici, aperitivi e similari: e che a portare avanti il progetto siano le associazioni di produttori che nel loro nome includono la parola «vino».
Nessun’altra bevanda prodotta in Occidente ha lo spessore culturale del vino: che affonda le radici nell’umanità, storia, cultura, paesaggio, tradizione, religione.
Già Noè, nella Genesi, cessato il diluvio e sceso dall’Arca, piantò per prima la vite perché si potesse godere del vino come alimento e per festeggiare in compagnia. Angelo Gaja (Barbaresco, 14 febbraio 2025).

E noi aggiungiamo: in alto i calici. Prosit!
Giuseppe Casagrande - [email protected]