Natale. – Di Giuseppe Maiolo, psicoanalista

Perché non donare tempo? Basta esercitare lo sguardo attivo, visto che oggi ci si guarda sempre meno negli occhi, presi come siamo da altro

Viviamo un’epoca frenetica dove prevale una quantità di cose da fare e in cui aumenta la sensazione di non aver tempo a sufficienza per realizzarle.
Non riguarda solo gli adulti, ma anche i bambini e i giovani che vivono la stessa dimensione stressante legata a una quantità di impegni da sostenere.
Per i minori, a parte lo stress della scuola con il suo monte ore di lezioni e di compiti forse eccessivo se rapportato ai risultati conseguiti, è il tempo extra scolastico ad essere sovraccarico.
Questo tempo compresso dalle attività però è stato voluto dagli adulti che per combattere l’ozio, hanno messo al bando la noia.
 
Gli adolescenti ora non sanno più annoiarsi rimanendo distesi letto «con gli occhi appesi al soffitto» a pensare e a cercare risposte alle tante domande che affollano la mente in questa fase della vita.
Viceversa hanno sempre in mano il loro smartphone per evitare la noia. Mi domando quindi se quest’anno non si possa provare ad aggiungere ai regali abituali, un dono particolare per le persone care, gli amici, i figli.
E l’interrogativo è: perché non donare tempo?
Ci diciamo che conta la qualità del tempo, ma sappiamo anche che è importante la quantità del tempo da dedicare, perché è questa che ci assicura una presenza affettiva meno frammentaria e più stabile.
 
Si tratta allora di promettere il nostro impegno per un tempo regolare da dedicare all’ascolto partecipato e al dialogo.
Un tempo da utilizzare insieme, un tempo per l’incontro e il confronto e magari anche per lo scontro da tollerare e affrontare. Perché il litigio non fa male, se si sa come gestire il conflitto, come mediare e negoziare.
Nel donare il tempo, ricordiamoci che ne trae vantaggio chi lo riceve ma anche chi lo offre perché a ognuno di noi serve saper dare priorità ai bisogni e significato alle relazioni che contano.
 
Di fatto sorprende non poco vedere che i padri italiani trascorrono max 15 minuti al giorno a giocare coi loro bambini e che più del 50% genitori la sera, passa più tempo online che a interagire con i figli.
Il dono del tempo è saper ascoltare e osservare l’altro, essere in grado di interagire con una comunicazione efficace, che manifesti concreta disponibilità.
I figli, sia grandi che piccoli, vivono spesso la sensazione di non essere visti dagli adulti mentre il tempo di un genitore con il gioco li aiuterebbe a valorizzare le regole e i limiti a cui tutti devono attenersi.
Spesso i piccoli non sanno giocare tra di loro, se non con la mediazione dei giochi tecnologici.
 
Quel tempo da passare insieme aiuterebbe adolescenti e genitori a conoscersi meglio e questi ultimi a capire gli interessi dei figli, quelli coincidenti o quelli divergenti.
Tra le altre cose donare tempo può voler dire esercitare lo sguardo attivo, visto che oggi ci si guarda sempre meno negli occhi, presi come siamo dal display dei dispositivi.
Promettere tempo e donarlo con regolarità, dunque, servirebbe a costruire una condivisione reale e non fittizia, non tanto per il fare, quanto per essere insieme, ridere e fantasticare o sognare e scoprire che un po’ di ozio non è pericoloso ma fa bene!

Giuseppe Maiolo - psicoanalista