Cartoline di Bruno Lucchi: Viaggiare nello Yemen

…che mi ha regalato emozioni e visioni che il tempo non può cancellare

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Era inevitabile che, aprendo la cartella con le immagini dello Yemen, i ricordi e la voglia di viaggiare tornassero vividi.
Quando lavoro alle mie sculture, la mia mente è libera: le mani sanno già cosa devono fare, lasciando spazio ai pensieri di vagare, indipendenti dal presente.
Tra questi pensieri, quello del mio viaggio nello Yemen è tra i più indelebili, nonostante siano passati diciannove anni.
 
Di quel viaggio ricordo chiaramente la motivazione che ci spinse a visitare un Paese dalla bellezza unica, con un'architettura che sembra sospesa tra storia e mito.
Ma, più di tutto, porto con me il ricordo delle fotografie che non ho potuto fare. Le donne, coperte da veli neri, erano sfuggenti.
Poche immagini riuscivo a catturare, spesso da lontano, protetto dalla jeep, o di sfuggita, in movimento.
Non mi è mai piaciuto rubare scatti, ma a volte i divieti sono fatti per essere trasgrediti.
Nel Wadi Do’an, nel sud dello Yemen, grazie alla complicità della guida, riuscii a scattare alcune foto nascosto all’interno dell'autovettura.
Con una scusa, la guida fingeva di chiedere informazioni, mentre io immortalavo le donne che lavoravano nei campi e allevavano capre sotto il sole cocente.
Vestite interamente di nero, con guanti e calze sintetiche, portavano sul capo il modhalla, un grande cappello di paglia appuntito, unico riparo dal sole implacabile.
 
Fotografare i bambini era tutta un’altra storia. Sempre sorridenti, curiosi e pronti a farsi riprendere, si affollavano intorno alla mia Nikon Coolpix 5000, la mia prima macchina fotografica digitale.
Dopo ogni scatto, volevano subito vedersi sul piccolo schermo, ridendo e indicandosi a vicenda. Anche gli uomini erano disponibili, fieri di mettersi in posa con il kalashnikov, la jambiya o il sacchetto di khat, le foglie che masticavano per ore, accumulando un rigonfiamento nelle guance.
Questa pianta, che coltivano con cura, produce un effetto eccitante che dura alcune ore, inibendo fame e stanchezza.
Purtroppo, anche molti adolescenti ne facevano uso abituale: due milioni e mezzo di giovani dipendenti ogni giorno da questa pratica.
 
Straordinaria fu la visita al Rock Palace di Al-Hajar, a circa quindici chilometri da Sana’a. Arroccato su una roccia nel Wadi Dhahr, questo palazzo costruito dall’Imam Yahya negli anni Trenta come residenza estiva è oggi simbolo dello Yemen.
Restaurato e trasformato in museo, è un capolavoro architettonico che domina il paesaggio con la sua imponenza.
 
Ancora più impressionante fu la visita a Shibam, l'antica città murata nel cuore del deserto, soprannominata la «Manhattan del deserto».
Patrimonio mondiale dell'UNESCO, Shibam è il più antico esempio di insediamento verticale al mondo.
Le sue torri di mattoni di fango e paglia, cotte al sole, si innalzano fino a undici piani, sfidando il tempo e le intemperie.
Abitata da quasi duemila anni, prosperò grazie alla sua posizione strategica lungo la via delle spezie e dell’incenso.
Oggi, però, questi edifici necessitano di una continua manutenzione per resistere all’erosione del vento e della pioggia.
 
Un viaggio nello Yemen è un’esperienza che lascia il segno, un’avventura intensa e indimenticabile. Guardando le fotografie, riemergono i ricordi di incontri, paesaggi straordinari, architetture che sembrano sfidare la logica e sguardi nascosti dietro veli.
Ma riaffiorano anche i momenti di pura avventura: i guasti delle Jeep nel deserto, l’atterraggio di emergenza di un aereo subito dopo il decollo per perdita di potenza ai motori, le ore interminabili trascorse in attesa di un altro volo.
 
Oggi, lo Yemen è un luogo sconsigliato dalla Farnesina a causa della sanguinosa guerra civile.
Gli Houthi hanno preso il controllo di ampie porzioni del territorio, mentre il conflitto prosegue con attacchi alle navi nel Mar Rosso e nuove tensioni con Israele.
Eppure, nonostante tutto, voglio sperare in un futuro diverso.
 
Auguriamoci che il 2025 porti pace a questa terra e a tutte le altre che ancora soffrono.
Ogni luogo merita di essere scoperto, vissuto e ricordato, proprio come lo Yemen, che mi ha regalato emozioni e visioni che il tempo non può cancellare.

Bruno Lucchi

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