Al Mart Rovereto, «Realismi Magici» – Di Daniela Larentis

Pyke Koch e Cagnaccio di San Pietro in dialogo al Mart, in una mostra a cura di Beatrice Avanzi, visitabile fino al 31 agosto 2025

Pyke Koch, Sonnambula che riposa IV, 1971, Museum MORE, Gorssel & Ruurlo (NL).
 
Dal 12 aprile al 31 agosto 2025 il Mart di Rovereto ospita una straordinaria esposizione che mette in dialogo due grandi interpreti del Realismo Magico europeo: il neerlandese Pyke Koch e l’italiano Cagnaccio di San Pietro.
A cento anni dalla nascita del Realismo Magico – termine coniato nel 1925 dal critico tedesco Franz Roh per indicare uno stile che rappresenta la realtà in modo rigoroso e analitico e, al contempo, introduce elementi di incanto e mistero – il Mart propone una mostra che esplora due delle sue declinazioni più affascinanti.
 
Curata da Beatrice Avanzi su idea di Vittorio Sgarbi, presidente del museo, l’esposizione mira a offrire uno sguardo approfondito su una corrente che ha segnato l’arte europea del primo Novecento.
Per la prima volta in Italia, il pubblico potrà conoscere l’opera di Pyke Koch attraverso 31 dipinti – un quarto dell’intera produzione dell’artista – concessi in prestito da alcuni dei principali musei dei Paesi Bassi.
 
e sue opere saranno accostate a una settantina di lavori, tra dipinti e disegni, di Cagnaccio di San Pietro, figura ben nota al Mart e già oggetto di precedenti indagini espositive.
Il percorso espositivo si sviluppa in chiave cronologica e tematica, mettendo in evidenza affinità e divergenze tra i due artisti.
Entrambi autodidatti, si distinguono per uno stile realistico rigoroso, tecnicamente impeccabile, ispirato alla pittura nordica del Quattrocento.
 
Sia Koch che Cagnaccio prediligono la rappresentazione di persone e ambienti umili, ma descrivono i contesti sociali in modo diametralmente opposto.
Se Cagnaccio guarda con empatia alle persone più umili ed emarginate, condividendone il dolore, Koch adotta un approccio più distaccato e ironico, spesso attraversato da una vena di sarcasmo. Le differenze si fanno ancora più marcate sul piano ideologico: mentre Cagnaccio fu antifascista convinto, Koch si avvicinò al nazismo.
 
Entrambi, però, affrontano tematiche sociali e di genere, offrendo interpretazioni opposte ma ugualmente intense della realtà.
Il lavoro di Koch, più visionario e straniante, è intriso di suggestioni provenienti dal circo, dal cinema e dalla fotografia, ed è stato spesso letto in chiave psicoanalitica e politica.
Cagnaccio, invece, si mantiene fedele a un realismo più aderente al dato visibile, seppur caricato di tensione interiore.
 
Il catalogo della mostra, arricchito da saggi critici e apparati scientifici, offre ulteriori chiavi di lettura. Tra gli autori, Marieke Jooren e Susana Puente Matos analizzano l’opera di Koch; Dario Biagi ed Elisabetta Barisoni si concentrano su Cagnaccio.
Il volume include inoltre un testo introduttivo di Vittorio Sgarbi e un contributo curatoriale di Beatrice Avanzi.
 
Sottolinea la curatrice, in un passo del suo contributo critico:
«È caratterizzata da un silenzio assorto, dalla ricerca di un altrove magico, sospeso tra realtà e incanto, la pittura europea degli anni Venti. Sono, in tutta Europa, gli anni del ritorno all’ordine, del desiderio di ricostruire, dopo il fragore delle avanguardie, un linguaggio figurativo fondato sui valori della tradizione, che coincide con la volontà di risollevarsi dalla distruzione della guerra.
«Questo desiderio di fermare [lo] spirito in forme immutabili, eterne si afferma dalla metà degli anni Venti, quando molti artisti, con declinazioni diverse, danno vita a una figurazione lucida e attonita, che si nutre della lezione del passato (in particolare della pittura del Quattrocento) per tradurre in una dimensione altra, pervasa da un sentimento di immobile stupore, la percezione della realtà [...].»
 
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Pyke Koch, Ritratto di Jkvr. J.C. van Boetzelaer II, 1960, Museum MORE, Gorssel & Ruurlo (NL)

 
 Cenni biografici  

Pieter Frans Christiaan.

Pieter Frans Christiaan Pyke Koch (1901-1991) è uno dei massimi interpreti del Realismo -Magico nei Paesi Bassi. Nel suo Paese sono più utilizzati termini quali Neorealismo o Realismo moderno ma Koch preferiva parlare di Realismo Magico come rappresentazione di ciò che è possibile ma non probabile, distinguendo la propria ricerca da quella del Surrealismo – che invece raffigura l’impossibile – e sottolineando l’affinità con la pittura italiana degli anni Venti.
 
Cresciuto nella tradizione fiamminga e influenzato dalla Neue Sachlichkeit tedesca, Koch è un autodidatta che dipinge, in modo lento e meticoloso, immagini allo stesso tempo precise e ambigue, cristalline e inquietanti, spesso contraddistinte da un’asprezza caricaturale e un’amara ironia. L’artista fonde sulla tela acute osservazioni della realtà, immagini tratte dal cinema o dalla fotografia e influssi della pittura rinascimentale.
 
Dietro questo crudo iperrealismo si celano, talvolta, allusioni e simboli che riflettono il suo interesse per la psicoanalisi freudiana e rimandano a temi come la bisessualità e l’ermafroditismo, apparentemente in contraddizione con le sue inclinazioni politiche.
Vicino alle tendenze di estrema destra, membro del partito nazionalsocialista nederlandese e simpatizzante del fascismo italiano, nel secondo dopoguerra l’artista è accusato di collaborazionismo ma viene presto riabilitato.
A partire dagli anni Cinquanta, il suo lavoro presenta un simbolismo ancora più complesso, intriso di nostalgia per il periodo prebellico e fortemente critico nei confronti del mondo liberale.

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Cagnaccio di San Pietro, Liliana, 926, Collezione privata.

 
Cagnaccio di San Pietro.

Natalino Bentivoglio Scarpa (1897-1946) cresce a San Pietro in Volta, un piccolo borgo di pescatori sull’isola di Pellestrina, nella laguna di Venezia.
A partire dagli anni Venti, adotta lo pseudonimo Cagnaccio di San Pietro, con un richiamo ai grandi maestri del passato e un tributo alle sue umili origini.
Nei suoi dipinti giovanili, eseguiti su semplici cartoni o tavole di legno, si legge la sua ammirazione per l’ambiente popolare dei pescatori che abitano l’isola con le loro famiglie.
L’artista si riconosce «nella semplicità, nell’amore, nella rude e certe volte crudele sincerità, nella purezza della preghiera di questi uomini».
 
Cagnaccio è un autodidatta dal precoce talento e viene notato dal pittore Ettore Tito, suo mentore all’Accademia di Belle Arti di Venezia per breve tempo, poiché Cagnaccio mal sopporta gli studi e preferisce frequentare, invece, l’ambiente d’avanguardia di Ca’ Pesaro.
Qui espone, a partire dal 1923, opere di un realismo tagliente, dal disegno duro e analitico che isola oggetti e figure immergendoli in un’atmosfera rarefatta e straniante.
Più nordico che mediterraneo, lo stile di Cagnaccio si distingue dalle poetiche di Novecento Italiano, allora prevalenti.
 
La sua riluttanza a farsi inquadrare in gruppi e movimenti e il suo aperto antifascismo lo tengono ai margini della scena artistica. Il suo rifiuto della tessera del partito gli preclude la cattedra di disegno all’Accademia di Venezia, mentre il dipinto «Dopo l’orgia» – che insieme a Primo denaro e Zoologia, qui esposti, compone un trittico dedicato al tema del nudo e della prostituzione, pretesto per una dura critica alla corruzione della società – viene rifiutato alla Biennale di Venezia del 1928 per i suoi riferimenti poco lusinghieri al regime fascista.
 
Con «Realismi Magici», il Mart rinnova il proprio impegno nella valorizzazione del Realismo Magico e dell’arte del primo Novecento, offrendo al pubblico un’occasione preziosa di scoperta e approfondimento.
A margine del dialogo tra due tra i più importanti interpreti europei del Realismo Magico, varrebbe forse la pena ricordare che anche il Trentino ha espresso, nel corso del Novecento, voci pittoriche in sintonia con quel clima.
 
Tra queste, merita una menzione Gino Castelli, artista quasi centenario tuttora in vita, la cui opera è stata più volte accostata dalla critica a suggestioni magico-realiste.
Un richiamo che invita a guardare con rinnovata attenzione al panorama culturale del territorio, ricco di esperienze artistiche spesso poco valorizzate.
Per esempio, dare visibilità ai pittori trentini meno noti al grande pubblico del secolo scorso – magari attraverso un piccolo spazio espositivo in dialogo con il contesto più ampio – non significherebbe solo riscoprire singole personalità, ma anche ricomporre un tassello importante della storia artistica locale.
 
Daniela Larentis – [email protected]