Storie di donne, letteratura di genere/ 514 – Di Luciana Grillo

Cristina Caboni, «La collana di cristallo» – Cristina Caboni regala ai suoi lettori il suo decimo romanzo

Titolo: La collana di cristallo
Autrice: Cristina Caboni

Editore: Garzanti, 2023
Genere: Narrativa italiana contemporanea
 
Pagine: 336, Rilegato
Prezzo di copertina: € 18,60
 
Cristina Caboni incanta chi legge: fin dalle prime pagine si entra nella storia, ci si affeziona a qualche personaggio e si vorrebbe poter leggere tutto senza interruzione.
Con il garbo espositivo che le è proprio, con la capacità creativa che ritrovo in ogni romanzo, Caboni intreccia storie parallele in tempi diversi… poi ci si rende conto che proprio parallele non sono, perché, in seguito a magistrali colpi di scena, si scopre un legame tra passato e presente, o – come in questo caso – tra Juliet e Marina.
 
La prima protagonista è una ragazza fragile come il vetro soffiato che diventa per lei una ragione di vita.
Juliet vive negli Stati Uniti, i suoi fratelli e suo padre sono medici famosi, tutti la amano e la proteggono… fin troppo, perché la sua insicurezza, la sua fragilità vengono considerate quasi patologiche.
E dunque, fin dall’infanzia, «l’avevano portata in un centro specializzato per i disturbi infantili…», le dicono di non esagerare, ma di dedicarsi «a cose che sono alla tua portata…la rabbonivano… si chiedevano se lei fosse all’altezza…».
 
Poi, Juliet viene ammessa al corso per vetrai a Murano, un corso prestigioso, lei è fra i dieci prescelti, e decide di andare a Venezia perché sente per quella città e quell’arte un’attrazione indicibile.
Difficoltà, solitudine, paura di non essere all’altezza tormentano la giovane americana; anche l’accoglienza scontrosa di Jacopo la turba, ma Silvia e Marcus la sostengono e un misterioso taccuino le suggerisce idee splendide per lavorare il vetro e creare oggetti leggeri dai colori incredibili.
 
Caboni si sposta poi negli anni quaranta del secolo scorso, dove un’altra giovane donna, Marina, vuole cimentarsi con la massa incandescente e soffiare nel tubo metallico, come suo padre Giorgio secondo cui, però, «Marinetta è una femmina, non sta bene che lavori nella fornace».
Sullo sfondo, appare ancora un nome di donna, un’antenata capace di creare delle perle straordinarie, Marietta Barovier, che su fogli di carta sottilissima, dai bordi ingialliti, aveva scritto le sue formule «magiche».
 
Dunque, tre donne coraggiose che seguono la loro vocazione, lottando contro stereotipi e pregiudizi che vedevano le femmine incapaci di lavorare il vetro.
E tante altre donne, le Sióre, che le aiutano, le sostengono, lavorano e producono pezzi da immettere nel mercato, «piccoli e delicati… tazze, piattini, ciotole che potevano essere utilizzati per un uso quotidiano. Erano resistenti, colorati, di ottima linea e fattura».
Ciononostante, il pregiudizio era duro a morire: Marina «voleva essere protagonista, occupare un posto, uno spazio perché era capace e brava. Qualche volta pensava a come suo padre l’avesse sottovalutata perché era una donna. Era per questo che l’aveva esclusa dalla gestione dell’attività… doveva essere più brava, più precisa, più forte…suo padre l’aveva giudicata manchevole».
 
Anche Juliet è stata considerata inadatta, troppo fragile, troppo debole. I tempi sono cambiati, a Marina la mamma diceva: «Siamo noi donne a tenere in piedi le famiglie. Prima portando il peso del matrimonio, dopo sopportando umiliazioni, fatica, tutto ciò che la vita decide di buttarci in faccia. E sai perché? Noi abbiamo la forza, noi possiamo sopportare tutto… noi donne, sempre e comunque, noi resistiamo».
La misteriosa, bellissima collana che la tata italiana ha affidato a Juliet svolge un ruolo importante in questa storia, dove tutte le tessere del mosaico infine trovano il loro posto e a chi legge non rimane negli occhi che il bagliore del fuoco e nel cuore il sentimento di pacificazione che come l’acqua morbida della laguna si estende fra tutti, protagoniste e comprimari.

Luciana Grillo - [email protected]
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