Il dopo-Covid nell’era del digitale: sfide e opportunità

Dialogo oggi fra Innocenzo Cipolletta e l’Ad di Telecom Gubitosi

 
Per il format «Appunti per la ripartenza» del Festival dell’Economia online, che auspicabilmente precede l’edizione «dal vivo» del grande appuntamento, attesa per settembre, il coordinatore del Comitato Editoriale del Festival Innocenzo Cipolletta ha dialogato questo pomeriggio con Luigi Gubitosi, amministratore delegato di TIM e vicepresidente di Confindustria (Servizi innovativi e tecnologici), sulle novità dello smart working, il 5G e le altre infrastrutture necessarie per garantire a tutti l’accesso alla rete, le sfide di un’Italia che vuole accelerare la propria digitalizzazione.
L’incontro, trasmesso come sempre sul sito del Festival, ha consentito di esaminare alcune delle opportunità che si presentano in questa «Fase 2»: in linee generali, la rete diverrà sempre più importante, e l’uso sofisticato dei dati pervasivo.
Sarà necessario utilizzare al meglio i finanziamenti che arriveranno, e farlo presto, sul versante infrastrutturale ma anche su quello dell’avvicinamento dei cittadini all’universo digitale nel suo complesso.
 
«Il Coronavirus – ha detto Gubitosi – giocoforza ha diffuso moltissimo l’uso della rete. Ma ora non dobbiamo togliere il piede dall’acceleratore.»
«Per Telecom Italia quello che abbiamo vissuto è stato un periodo strano, inusuale – ha detto l’Ad di Telecom, raccogliendo gli spunti offerti da Cipolletta. – Ogni mattina andavo in ufficio nel centro di Roma e non incontravo praticamente nessuno. Era difficile fare delle previsioni su quello che sarebbe successo. Dei 44.000 dipendenti di Tim, 9.000, essenzialmente i tecnici, hanno continuato come prima, gli altri sono andati in smart working. Fortunatamente tutto è andato bene, anche quando il traffico ha cominciato a crescere in maniera esponenziale.»
Come osservato da Cipolletta, in effetti questa esperienza drammatica ha avuto suo malgrado anche dei risvolti interessanti.
Innanzitutto si è constatato che la rete ha tenuto. «E questo per il nostro futuro è molto importante, perché la rete è e sarà sempre di più altrettanto importante delle strade e delle autostrade.»
 
Nel futuro vediamo profilarsi il 5G, quindi il cellulare della quinta generazione. La trasformazione sarà simile a quella portata dal 3G, che veicolò i social.
«Abbiamo superato bene il test da sforzo rappresentato dal Covid – ha continuato Gubitosi – ma a breve, con il 4G, sulla rete potremmo avere dei problemi di trasmissione dei dati. Il traffico cresce del 30-40% all’anno. In Italia inoltre abbiamo dei limiti elettromagnetici molto modesti, i più bassi d’Europa. Il 5G è molto più evoluto, ma bisogna crearlo. Nel frattempo stanno circolando idee bizzarre, persino che il 5G, che in Italia ancora non abbiamo, abbia favorito la diffusione del Coronavirus. Qualcosa del genere è successo con l’invenzione della stampa del 500 e con tutte le altre grandi innovazioni. Il 5G in realtà è fondamentale per il Paese. La rete può essere portata dalla fibra ma anche dalle torri, le soluzioni sono più d’una. Ma l’obiettivo è comune, rendere possibile un uso più sofisticato dei dati, che è un altro modo per chiamare l’intelligenza artificiale. Le applicazioni sono moltissime. Anche il contrasto alla diffusione delle pandemie.»
 
Sul mobile comunque il 4G garantisce ancora una ottima copertura, ne resta escluso circa uno 0,5% della popolazione.
Per quanto riguarda il fisso l’Italia viene divisa in 3 aree: le aree nere, ben coperte, che spesso corrispondono ai grandi centri urbani o comunque alle aree trainanti del Paese, le aree grigie, intermedie, su cui sono in arrivo nuovi fondi governativi, e infine le aree bianche, che interessano il 25% della popolazione. Non sono solo al Sud, e costituiscono un problema.
Già è stato fatto uno stanziamento per porvi rimedio, ma la copertura non è ancora avvenuta, forse ci si arriverà nel 2023.
Una priorità per l’Italia è colmare questo digital divide, che trascina con sé altri problemi, di conoscenze, di scolarizzazione, di competitività.
Il Covid-19 ha contribuito a diffondere lo smart working, così come altri eventi epocali hanno favorito la diffusione di altre soluzioni tecnologiche e altre abitudini. Secondo Gubitosi qualcosa di tutto questo rimarrà.
 
Il luogo di lavoro come luogo di socializzazione, almeno per una vasta gamma di professioni, verrà fortemente ridimensionato.
Pensiamo ai call centre, luoghi che concentravano molti lavoratori addetti alle telecomunicazioni.
Lo smart working ha consentito di eseguire le stesse mansioni da remoto, nelle abitazioni stesse dei lavoratori.
Più in generale, l’aumento della capacità di calcolo dei pc e degli altri device porterà a cambiamenti profondi anche nelle nostre città.
Le periferie, un tempo luoghi quasi solo residenziali, diventeranno anche luoghi di lavoro. Ed ancora: il digitale permeerà sempre più intensamente tutti gli ambiti della società, dalla scuola alla giustizia, velocizzando i processi, accrescendo le prestazioni.
In Italia il Covid porterà nuovi finanziamenti, il che rappresenta una grande opportunità per migliorare il Paese.
 
Una cosa estremamente importante sono i tempi di applicazione.
«Bisogna fare presto – ha detto ancora Gubitosi – così come è importante la progettualità. Oltre a superare l’emergenza, dovremo impegnarci per far sì che si apra una stagione di ripresa sostenibile. Dovrà inoltre diffondersi una maggiore consapevolezza delle opportunità offerte dal digitale, ad ogni livello. Il profilo tipico di cui non usa la rete è: persona sopra i 50 anni, con un basso livello d’istruzione, che vive in un piccolo comune. Ma in Italia è ancora difficile diffondere persino l’uso della carta di credito. Sul versante dell’offerta il Paese è cresciuto, è sul fronte della domanda che permangono dei problemi.»
La consapevolezza è che, in ogni caso, il Coronavirus ha diffuso moltissimo l’uso della rete, pensiamo già solo ad applicazioni come Zoom, che hanno conosciuto una crescita spettacolare. Ma ora non dobbiamo togliere il piede dall’acceleratore.