Sviluppi dell’Operazione «Matrioska»: gli indagati ora sono 14

Altri due lestofanti informatici transnazionali sono stati arrestati dalla Guardia di Finanza e dalla Polizia di Stato di Trento

Lo scorso 13 ottobre 2020 gli investigatori trentini della Squadra Mobile e del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria avevano tratto in arresto sette indagati (cinque italiani, un rumeno e un cingalese), che avevano costituito un sodalizio di «cyber criminali» specializzato nella «tecnica del B.E.C.» (Business Email Compromise: truffa della compromissione della email aziendale), uno dei più innovativi sistemi utilizzati per perpetrare frodi informatiche: attraverso sofisticati sistemi di hackeraggio, vere e proprie bande di cyber criminali prendono di mira le caselle di posta elettronica di aziende e professionisti, per controllarle segretamente e fare in modo che riescano a inviare messaggi ai loro clienti, vittime delle truffe, per dirottare pagamenti relativi all’acquisito di beni e servizi nelle mani dei sodalizi criminosi.
 
Nella rete informatica della cosiddetta criminalità 2.0 erano, infatti, finite una società trentina (fornitore) del settore siderurgico e una società bosniaca (cliente), che da alcuni mesi portavano avanti una trattativa per la cessione, da parte dell’azienda italiana, di un costoso macchinario industriale.
Grazie allo sviluppo investigativo, in ambito nazionale ed estero, degli elementi probatori raccolti nel corso delle numerose perquisizioni delegate eseguite nelle città di Belluno, Bergamo, Bologna, Brescia, Lodi, Milano, Modena, Reggio Emilia, Udine e Verona, presso le sedi societarie e i domicili degli indagati, gli investigatori hanno identificato due ulteriori complici, un italiano della provincia di Reggio Emilia ed un nigeriano, che hanno fattivamente partecipato, per il tramite di 2 società, una emiliana e l’altra veronese, al riciclaggio transnazionale dei 600.000 euro illecitamente sottratti alle società frodate.
 
In particolare, i due arrestati oggi hanno partecipato al riciclaggio dell’importo (600.000 euro) sottratto alle due società vittime della frode, denaro veicolato tramite numerosi bonifici verso i conti correnti di sei società fantasma (non realmente operative) con sede rispettivamente a Milano, Modena e Reggio Emilia.
Il tutto accompagnato da false casuali per il pagamento di fatture inerenti cessioni di beni.
 
Le somme, così frazionate, sono poi state bonificate verso:
-  quattro conti correnti esteri di altrettante società con sede in Bulgaria, Ungheria, Slovenia e Gran Bretagna;
-  un conto corrente polacco intestato a un prestanome italiano;
-  un conto corrente italiano di un prestanome senegalese.
 
Il denaro finito all’estero è, infine, rientrato in Italia attraverso bonifici disposti dai medesimi conti correnti stranieri verso i conti nazionali di due società fantasma modenesi e di due prestanome (un italiano e un cingalese), per poi essere ritirato in contanti e quindi «volatilizzarsi» nelle mani dei manigoldi ora indagati.
 
Fondamentale è stata, ancora una volta, l’attività investigativa eseguita all’estero dagli inquirenti tramite appositi Ordini di Indagine Europea emessi dalla Procura Distrettuale di Trento: in particolare, partendo dall’analisi preventiva dei tabulati telefonici eseguita dai poliziotti e finanzieri trentini, gli investigatori della Polizia Federale Tedesca (Bundeskriminalamt) sono riusciti a localizzare l’indagato nigeriano nella città di Brema traendolo in arresto giusto Mandato di Arresto Europeo, spiccato dal GIP presso il Tribunale di Trento su richiesta del P.M. dott. Carmine Russo.
 
Alla luce della attuale situazione di emergenza sanitaria e del conseguente aumento del flusso di informazioni che circolano via mail e su altri canali, le indagini svolte in sinergia dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza confermano, ancora una volta, l’incessante impegno profuso a difesa della sana imprenditoria e di tutti i privati cittadini, oggi più che mai esposti agli attacchi, anche informatici, della criminalità.