La relazione di Enrico Moretti: «Ulisse e le sirene del petrolio»

La crescita del suo prezzo, l'economia dei paesi produttori, il programma «Oil for Food» e le rendite illecite. Il petrolio può diventare una vera e propria arma, politica e militare

Enrico Moretti ha iniziato ricostruendo l'andamento del prezzo del petrolio. Dalla seconda guerra mondiale fino alla crisi del '72, il suo prezzo è rimasto sostanzialmente invariato.
Poi, negli anni'70, la grande crisi. Nessuno lo vuole ufficialmente ricordare, ma le domeniche senz'auto sono state una macchia nell'Italia del dopoguerra. Un fallimento dello Stato, un'incapacità assoluta nel programmare i bisogni del Paese. Una vergogna sotto tutti gli aspetti, che non è stata riesumata neppure quando si è trattato di votare il referendum contro la produzione di energia elettrica di origine nucleare.
Un'altra impennata c'è poi stata anche nel 2001, ma per motivi assolutamente imprevedibili ma più che comprensibili. Da allora il prezzo ha continuato a salire e oggi si pensa che questo aumento sia strutturale e non cambierà. Per chi lo importa senza una moneta forte come l'Euro è certamente una brutta notizia. Teoricamente è invece buona per chi lo produce, il cui paese però ne ricava sempre meno di quanto i governi dei paesi importatori ne riescano a ricavare. È vero, per dirla cinicamente, che si tratta di paesi in via di sviluppo, che non hanno le necessità dei paesi del Mondo Occidentale…

«Storicamente, - ha sottolineato Moretti, - in molti di questi paesi si sono però verificati due problemi: mancanza di democrazia e corruzione. Per evitare questi problemi, uno strumento recente e utilizzato in due casi è quello degli "Escrow Accounts", che consentono il controllo delle risorse derivanti dalla vendita del petrolio da parte di organismi come Onu o Banca Mondiale. Queste organizzazioni possono controllare direttamente le risorse ricavate dalla vendita del petrolio e destinarle alle priorità di sviluppo indicate preventivamente dal paese produttore. "Oil for Food" è uno di questi strumenti (un altro esempio è Exxon-Mobil in Chad). Varato nel 1995, il programma consentiva all'Iraq, sotto embargo, di importare cibo e medicinali vendendo petrolio. Ha avuto effetti positivi per la popolazione, soprattutto sul fronte del contrasto alla malnutrizione. Ha fornito alla popolazione civile 32 miliardi di dollari in cibo e medicine. E' stato il programma umanitario più imponente che si sia mai realizzato ma ha avuto anche problemi notevoli. L'errore di fondo, secondo Moretti è stato permettere all'Irak di scegliere i compratori del petrolio e di fissarne il prezzo. La sua tesi è che l'Irak avrebbe venduto il petrolio sotto prezzo movimentando in questo modo un sistema di corruzione basato su tangenti. Per dimostrare questa teoria ha usato tecniche statistiche e dati pubblici. Ha ammesso che questo modo di procedere non permette di raggiungere una prova dei fatti utile ad ottenere condanne in tribunale. E' sufficiente però per porsi molti interrogativi.»

La realtà che dal petrolio ci hanno lucrato troppo tutti. Ha ragione l'Iran a lamentarsi che i paesi produttori guadagnano meno dei paesi consumatori. Hanno torto i Paesi Occidentali a non aver ancora optato con determinazioni per altre fonti di energia, sia elettrica che di propulsione, ben sapendo che il petrolio ha comunque gli anni contati.
Restano misteriosi quei politici che continuano a fare l'orecchio del mercante ai canti delle sirene. Il petrolio resta la fonte principale dell'inflazione nei paesi europei, eppure nessuno vuole rinunciare ad un solo centesimo per impedire questo sconcio per cui i lavoratori a reddito fisso, o a reddito insufficiente, debbano essere costretti a pagare tasse comunque, in proporzione perversa sull'aumento del petrolio.
Di questo aspetto, da noi più volte gettato sul tappeto senza che nessuno lo raccolga, il festival dell'Economia non è riuscito a farsene un problema portante, come se il petrolio fosse diventato il nuovo argomento da emarginare secondo il corrente senso del pudore.