Agricoltura e tecnologia, serve una nuova narrazione

L’importanza della ricerca scientifica per garantire alla popolazione mondiale una produzione sostenibile

Quando parliamo di inquinamento, sfruttamento del suolo e cambiamenti climatici, l’agricoltura è fra i principali imputati. Ad esempio, è seconda solo al settore dell’energia per emissione di gas serra nocivi.
Attenzione però: l’agricoltura è anche vittima di tutto ciò, a causa fra l’altro della desertificazione, ma può giocare un ruolo di primo piano nel risolvere questi problemi attraverso l’applicazione pratica della ricerca.
Così Lorenza Alexandra Lorenzetti di Altis - Università Cattolica del Sacro Cuore, ha aperto l’approfondimento dedicato al rapporto fra agricoltura sostenibile, high tech e biotecnologie che si è tenuto presso il Dipartimento di Economia.
Da tutti i relatori un appello all’intera comunità a cambiare approccio e narrazione rispetto alle nuove tecnologie del settore, in una parola «agritech», ovvero la scienza applicata all’agricoltura per produrre meglio.
 

 
Un miglioramento volto non solo a garantire la produzione rispetto all’emergenza alimentare legata alla guerra in corso e alle previsioni di crescita della domanda per l’aumento della popolazione, ma anche orientato alla sostenibilità.
Vi sono, ad esempio, studi che dimostrano la possibilità del suolo di assorbire l’anidride carbonica e diventare in tal modo addirittura più fertile.
Bisogna però, innanzitutto, cambiare mentalità, aprirsi alla conoscenza.
«Le misure di sostegno all’agricoltura premiano spesso il biologico ritenendolo sostenibile, ma bisogna indirizzare le risorse anche su altri metodi, guardando al reale impatto ambientale, – ha affermato Bruno Mezzetti dell’Università politecnica delle Marche. – Il biologico è vincente perché il consumatore ha un diretto contatto col prodotto.
«Ma se al consumatore spieghiamo la tecnologia, allora gli si apre una nuova prospettiva. Ecco perché dobbiamo legare la scienza al mondo produttivo e ai consumatori e far conoscere loro i benefici della ricerca in agricoltura», ha aggiunto Mezzetti.
 

 
Ci sono tuttavia molti dubbi da parte della comunità; l’innovazione genetica viene vista con molto scetticismo, «ma solo perché non è conosciuta bene e nelle scuole viene studiata poco», – ha detto Mario Pezzotti, professore di genetica agraria dell’Università di Verona e direttore scientifico del Centro ricerca e innovazione della Fondazione Edmund Mach.
Bisogna insomma, ha sottolineato Pezzotti nel proprio intervento, cambiare paradigma, abbandonando innanzitutto lo stereotipo del «contadino» parlando invece di agricoltori, vale a dire persone dotate di particolari competenze che padroneggiano dati e tecnologia.
 
Un settore, l’agritech, di grande fascino, importanza e possibile interesse per i giovani studenti, come ha detto in chiusura Anna Gatti, direttore di Lift Lab Scuola di direzione aziendale dell’Università Bocconi di Milano.
«L’agritech rappresenta il futuro, perché combina scienza e natura e se non interveniamo mancherà il cibo; il tema economico aiuta a cambiare mentalità, ma la produzione agricola è un tema etico, prima che economico.»