La primavera araba, secondo Angelo Del Boca (e secondo noi)
Le speranze della rivolta, la tragedia dei morti, le incognite Lo storico è intervenuto in video-conferenza
Il ruolo dei media. La presenza di giovani. La sospettata influenza
del fanatismo religioso. L'ondata migratoria. Il possibile contagio
verso l'Africa subsahariana.
La guerra in Libia. In un'espressione, al momento molto in voga, la
Primavera Araba è stata al centro dell'incontro con Angelo Del
Boca, narratore, saggista, storico del colonialismo italiano in
Africa e in Libia in particolare.
Lo studioso, uno dei meglio attrezzati e più cercati per parlare di
questo fenomeno, non ha esitato a criticare duramente la posizione
sostenuta da alcuni Stati europei e dell'Italia in particolare.
Angelo Del Boca - per motivi di salute collegato da Torino in
videoconferenza - si è prestato ad un'intervista in pubblico
condotta dal giornalista Pietro Veronese de La Repubblica e da
Giuseppe Folloni, professore di Economia presso l'Università di
Trento.
«La rivolta araba è un tema centrale per il Festival, non solo per
una questione di drammatica contemporaneità - spiega Veronese - ma
anche perché il gesto da cui è cominciato tutto in Tunisia è una
questione molecolare legata alla libertà economica: un giovane
venditore ambulante cui viene sequestrata la merce, vistosi
sottrarre ogni possibilità di sopravvivenza, si è dato fuoco presto
imitato da altri giovani.
«Così come l'ondata migratoria, conseguenza evidente della rivolta,
è un'altra questione attinente alla libertà economica e, in
particolare, alla libertà del mercato del lavoro.»
L'intervista, condotta dai due esperti e dagli interventi del
pubblico, ha consentito di tratteggiare alcuni aspetti della
Primavera araba, partendo dai risultati parziali che oggi sono
evidenti a molti.
«Non un fallimento, anche se così da certi punti di vista potrebbe
sembrare - sottolinea Del Boca, - le rivolte hanno avuto un ruolo
importante nel prendere di sorpresa tutto l'Occidente.»
E sicuramente questo lo hanno fatto. Secondo lo storico italiano,
l'Europa ha fallito nella capacità di prevedere e di capire quanto
stava accadendo: in particolare i governi di Francia e Italia
stavano continuando a intrattenere - apparentemente inconsapevoli -
importanti rapporti con i capi di Stato che poi sono stati
rovesciati.
I media sembrano avere avuto un ruolo importante - in negativo - in
questa vicenda.
Qui Del Boca cita il caso di Al Jazeera responsabile di aver
lanciato notizie del tutto inverosimili e l'affermazione di Lucio
Caracciolo secondo il quale la crisi libica sarebbe stata
caratterizzata da un collasso dell'informazione con la circolazione
di notizie false utilizzate per giustificare l'intervento
militare.
Si sono toccati poi i punti delle differenze di reazione nei
confronti dei paesi in rivolta - ultimatum perentori nei confronti
di alcuni Stati e tolleranza nei confronti di altri - e del
contagio possibile verso Paesi della fascia subsahariana come
Uganda e Camerun che già hanno cercato di raccogliere, finora senza
risultato, la bandiera nordafricana.
Una bandiera e una rivolta seguite anche da ondate di profughi e di
migranti verso le coste del Sud Europa.
Del Boca cita il dato di una tragedia: sarebbero oltre 12 mila i
cadaveri in fondo al canale di Sicilia.
Un capitolo a parte dell'intervista è stato dedicato alla
Libia.
L'azione militare è stata descritta dallo storico come tragica
(9.000 missioni di cui 3.500 con bombardamenti) e dannosa per gli
affari e la credibilità italiani-
«Noi eravamo in una situazione di grande fragilità che ci
consigliava di essere prudenti e defilarci come ha fatto la
Germania, invece abbiamo iniziato una politica ondulatoria
incoerente.»
Un intervento che, secondo Del Boca, mira ad eliminare Gheddafi
dopo averne ucciso il figlio e alcuni nipoti.
Per questo episodio lo storico ed ex partigiano italiano ha voluto
inviare un telegramma al colonnello.
Un testo letto alla fine del suo intervento che contiene le
condoglianze per la morte di persone care, ma anche la condanna per
una guerra giudicata ingiusta e di dubbia legalità.
Desideriamo aggiungere il nostro
parere, anche se non abbiamo preso parte del dibattito. |