Modi de dir 'n trentìm/ 24 – Di Cornelio Galas
24ª puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina
ÀBITEL DA ’STE BÀNDE? – Occhio: non c’entrano le bande malavitose né quelle musicali. Sta per: «Abita da queste parti?» Possibile risposta: «Sì, en font al paés, ma ’l stàga ’n banda ala straa che passa i camion…»
PISÀRSE ADÒS DAL RÌDER – Incontinenza provocata da una incontenibile risata. Altro effetto: «Me vèi da pianzer a forza de rider»; solo apparentemente una contraddizione.
AVÉ ZÀ MAGNÀ? – Domanda ad ospiti che arrivano, inattesi, all’ora di pranzo. Segue: «No, l’è che per méter sù n’altro piat de pasta ghe méto ’n minut neh…». La risposta è sempre di cortesia ma sibillina: «Ma dai che ve dém da far per gnènt, passèvem giust da chi e alóra… Però a sentir l’odor del ragù…ma si valà che tastén».
MOCINÈR – Si dice di chi ha la goccia al naso. Nel senso che dovrebbe pulirsi dal muco, dalle famose candele che scendono. Insomma, è ancora un bambino che non ha imparato a badare a se stesso: ha bisogno della mamma per soffiarsi il naso. Si estende a chi è ancora ingenuo, bambinone. O semplicemente trasandato per pigrizia.
EL S’È SLONGÀ… – Riferito di solito ad un bambino che non si vede da anni. E che nel frattempo ovviamente è cresciuto. Attenzione: mai dire «El s’è slargà» anche di fronte ad un evidente caso di obesità infantile. Sta male.
ENGRANIZÀ – Non vuol dire immerso nel grano o sporco di farina. Si tratta dell’effetto del contatto con carbone e affini. Tipico degli spazzacamini. O di chi ha cercato di spegnere malamente i resti di un barbecue.
SALÙDEME LA SPÓSA – Va detto solo ad amici non gelosi. Altrimenti può far sorgere sospetti su frequentazioni extra-coniugali difficili da risolvere nel corso di una successiva, eventuale, cena per i chiarimenti.
TOLÉ ’N CAFÈ? – Proposta formale. Con la segreta speranza di una risposta di questo tipo: «No, grazie, l’avém ‘péna tòlt al bar». Al che di solito si fa finta di insistere: «Vara che ghe méto n’atimo a meter su la moka…». Il pericolo? Di ricevere una replica del genere: «Ah bèm, se te ’l bevi anca ti, alóra va bèm…». Cioè lo beve per farti un favore. Segue la ricerca di tazzine e piattini puliti (ma impolverati) nella credenza. Con silenziose, impercettibili bestemmie.
SET TI? – Sei tu? Entrata dalla porta d’ingresso con passo ben noto. Chiaro: è lui. Il quale però poteva rispondere «No, son quel altro…». Di certo è difficile che estranei rispondano: «No, son uno co ’na pistola en mam, dìme sol dove te tègni i soldi che vago via subit».
DAI CHE NE VEDEN ’N DÌ – Come dire: spero di non dover passare ancora una serata noiosa come questa. Segue: «Tanto, ’l me numer te ’l gh’ai no?». E via senza chiedere conferma o ridare recapiti in caso contrario.
L'È NA PER SPARZI – È andato al Creatore (o sta per andarci). Volgare: L'è nà de mal.
EL GH’A ’N BRUT COLÓR – Diagnosi superficiale dello stato di salute di un conoscente. Che magari ha dovuto solo rinunciare alle ferie al mare o non ha avuto il tempo di prendere il sole in montagna. Ma normalmente si riferisce a persona terza. Non direttamente all’interessato al quale, invece, si dirà: «Ma sat che te vedo propri ben?».
EL G’HA ‘’NA BRUTA CERA… – Come sopra, ma detto solo di una terza persona.
EL M’HA FAT ’NA BRUTA CÉRA – Dicesi di uno che ti guarda con severità
DÀME ’N BUTÓN – Richiesta d’aiuto, di dinamicità. Na spinta. Nella maggior parte dei casi si tratta di provare (con marcia inserita: non la retromarcia, attenzione) a mettere in moto un’auto con batteria quasi scarica. Può anche essere una sorta di sfida: «Dai, dame ’n butón che dopo te vedi quel che te fago mi…». O ancora, una sorta di complicità il lunedì mattina: «Dame ‘n butòn che ancòi voia de laorar salteme adòs».
VÒIA DE LAORÀR SÀLTAME DÒS – Non ho proprio voglia di fare niente.
EMPÌZEME – Non va preso alla lettera. L’interlocutore ha solo bisogno di un accendino, di un cerino, di qualcosa che dia fuoco alla sua sigaretta. Non di diventare un bonzo. Né di alzare il livello della propria eccitazione.
MA SE L’HO VIST GIÙST ALGIERI… – Sorpresa, sgomento di fronte a qualcosa che riguarda un conoscente peraltro incontrato di recente. «Quel lì en presón? Ma se l’ho vist giust algièri al bar…». «È mort el Bepi? Ma valà, che l’ho vist algieri e ’l stéva benón».
CÀZZO! – Parola di oscure origini che sta per «orrore», «stupore» o «meraviglia».
ÒSCIA! – Parola di origine cristiana, ostia, usata come esclamzione innocente.
CÀN DA L'ÙA – Esclamazione usata per criticare il furbone che fa i propri interessi sempre.
CÀN DAL BÀSSO! – Esclamazione usata per fare i complimenti a un furbone.
CÀN DAI BISSI – Esclamazione usata per qualificare un furbone odioso.
CÀN DA L'ÒSTIA – Esclamazione usata per qualificare qualcuno che l'ha combinata grossa.
CÀN DAL PORCO! – Esclamazione usata per qualificare un bastardo.
ENSÓMA… – Giudizio sospeso. Che comunque tende al negativo. «Che te par de come ho sbianchezà la sala?» Risposta: «Sì dai, ensoma…». «Com’èla nada ieri sera?» – «Ensoma…».
ME SA CHE L’È STA COLPA DE TUTI QUEI MISCIÒTI – Giustificazione dell’alcolista (non anonimo) al termine di una serata finita con vomito sui sedili in pelle dell’auto appena ritirata dalla concessionaria dall’amico e pretesto per eccessivi brindisi in un locale specializzato in drink.
MA SAT CHE L’È STA COLPA DE QUEL ULTIMO BICIERÒT? – Come sopra: come dire che i 50 bicchieri che hanno preceduto l’ultimo non contano niente.
SE NO TE ’L TACHI ALA CORENTE L’È DIFIZILE CHE ’l VAGA – Richiesta - non sempre anticipata - di energia per far funzionare elettrodomestici. Di solito è preceduta da bestemmie contro chi ha venduto l’apparecchio in questione e analisi del certificato di garanzia.
L’HA TACÀ SU EL CAPÈL – Dicesi di uomo che ha sposato una donna ricca.
SÉT MÀT? – Si dice a qualcuno che vuol fare qualcosa di pericoloso. A volte si accresce la battuta con l’estensione: «Set anca màt?». Come dire che di rogne ne ha già abbastanza senza fare pazzie.
SÉT MÓNA? – Come sopra, ma riferito a un comportamento da stupido e non da matto. Anche in questo caso, si può rafforzare con «Sét anca móna?»
EL SE LASSA… – Cioè: si lascia mangiare, si lascia bere. Non è male. In realtà il retro-pensiero inconfessabile è un altro: «Con tuti i soldi che ’l gh’à, el podéva anca ofrir qualcos de meio».
NO L’È POI MAL… – Come sopra, ma usando una «Litòte», una figura retorica che si usa per affermare qualcosa negando il contrario. Si tratta di un giudizio positivo espresso in modo aggraziato: «Non è poi così male…» Nota: chi lo dice non sa di usare la litote.
Si usa anche in senso negativo: «No la me par massa bèla…».
GHE LA FAGO STAGNÀR – Altra figura retorica, la sineddoche. Si usa spesso, per dire il tutto con poco. Esempio: «Dàmen n’altro», significa «dammi un altro bicchiere di vino come quello che mi avevi dato».
In questo caso è bene avvisare che la frase per esteso è cruda e non si può usare. Significa «Ghe ciàvo la spósa fino a méterla incinta.» Ovviamente quello «stagnare» si riferisce al ciclo.
Non si dice mai direttamente alla persona interessata, perché di solito queste minacce sono fatte da vigliacchi che hanno paura a dirla in faccia.