«Guerra o pace?» La guerra civile in Ucraina – Di Sandra Matuella
Nostra intervista esclusiva a Sebastiano Caputo, giornalista e reporter che insieme all’inviato di guerra Vittorio Rangeloni terrà una conferenza a Volano
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Il giornalista e reporter Sebastiano Caputo e l'inviato di guerra Vittorio Rangeloni porteranno la loro testimonianza diretta in merito ai fatti della vicina guerra in Ucraina e i retroscena di come i media a livello nazionale e internazionale trattano l'argomento, nell’ambito della conferenza «Guerra o pace?» che si terrà mercoledì 13 dicembre 2017, alle ore 20.30, nell’aula magna della Scuola elementare di Volano.
Organizzata dalle associazioni «La Torre», «Anthropos», «Aiutateci a salvare i Bambini onlus» e «L’Uomo Libero» in collaborazione con l’Azione Cattolica Ragazzi e l’Oratorio di Volano, con il patrocinio istituzionale dei comuni di Volano, Rovereto e Avio, e il supporto della Fondazione Caritro, la conferenza intende affrontare l’importante tema dell’Ucraina «al fine di sondare quali interessi si celino dietro questo conflitto – come spiega Andrea Giovanazzi, responsabile dell’associazione La Torre. – Il popolo ucraino, nel caso specifico, non sarebbe che una vittima di questa guerra per procura che vede nell'espansionismo ad est della NATO uno dei principali motivi.
«Di questi e di altri fondamentali argomenti parleremo con due ospiti d’eccezione quali Vittorio Nicola Rangeloni, corrispondente di guerra dal Donbass, il quale ci racconterà che cosa sta realmente accadendo in Ucraina in questo momento, rompendo così il silenzio assordante della stampa italiana.
«E con Sebastiano Caputo, giornalista e reporter de Il Giornale.it, esperto di Medioriente e di media, il quale ci farà capire quale è la reale posta in gioco in questo conflitto ed il ruolo dei media a livello internazionale, che vede da un lato l’espansionismo americano e dall’altro la Russia di Putin sempre più decisa a porvi un argine.»
La conferenza «Guerra o pace?» sarà moderata da Simone Marletta, presidente dell'associazione «Anthropos», ed è ad ingresso libero. L'evento verrà trasmesso in diretta sul canale Facebook dell’associazione «La Torre».
Sebastiano Caputo, classe 1992, è romano e collabora con il quotidiano Il Giornale e con il portale enciclopedico «Treccani». È ideatore delle riviste periodiche on-line «L’Intellettuale Dissidente» (di cui è direttore) e Contrasti, nonché autore del libro Alle porte di Damasco. Viaggio nella Siria che resiste (GOG Edizioni).
Studioso di arabo, ha realizzato reportage in Russia, Ucraina (Donbass), Siria, Kurdistan iracheno, Iraq, Libano, Palestina, Turchia, Pakistan, Iran, Egitto, Tunisia, Marocco.
A L’Adigetto.it Sebastiano Caputo ha concesso un’intervista in cui parla del suo rapporto con i media digitali e di come vede la delicatissima scelta di Donald Trump di spostare a Gerusalemme l’Ambasciata americana.
Sebastiano Caputo, lei fa parte del giornale www.gliocchidellaguerra.it, una realtà che si batte «per un giornalismo senza censure e senza filtri». Da dove nasce questa esigenza di proporre un’informazione alternativa a quella, diciamo, ufficiale?
«La crisi economica legata al sistema dell'informazione insieme all'avvento di internet hanno cambiato radicalmente l'approccio che i quotidiani, le riviste e le televisioni hanno con le crisi internazionali. Più passa il tempo e più si esauriscono le professioni del corrispondente all'estero e del reporter (o foto-giornalista) da un lato perché hanno dei costi troppo elevati per le redazioni, dall'altro perché ormai non c'è più bisogno di andare sul campo dal momento che esiste google.
«Le conseguenze? Tutte le informazioni che ci arrivano sono di seconda, terza o quarta mano, si copiano e si incollano le notizie senza nemmeno verificare la fonte, oppure ci si affida ai grandi mezzi d'informazione regionali che sono collusi con le agende politiche: vedi il caso della narrativa a senso unico del conflitto in Siria di emittenti Al Jazeera e Al Arabyya, rispettivamente controllate da Qatar e Arabia Saudita.»
E qual è il ruolo del dei giornali on-line rispetto a quelli tradizionali, di carta?
«I media in versione digitale stanno emergendo molto velocemente perché quelli mainstream tradizionali per le persone sono sempre meno autorevoli e credibili: la vittoria di Trump negli Usa ne è l'esempio.
«In questo nuovo campo digitale, però, alcune riviste, come L'Intellettuale Dissidente e Contrasti di cui sono il fondatore, si smarcano dal caos dell'informazione on-line connesso ai social network, attraverso in giornalismo riflessivo, lento, qualitativo, da assimilare, come se si avessero gli articoli stampati su un foglio di carta tra le mani. Ecco il futuro è tutto lì.»
Alla luce della sua esperienza in Medio Oriente, come valuta la scelta di Donald Trump di spostare l'ambasciata americana a Gerusalemme rispetto ai fragili equilibri non solo con il Medio Oriente, ma anche con la Turchia e la Russia?
«Negli ultimi mesi sono stato diverse volte in Libano, Siria, Iraq e Iran perché ho voluto seguire la lotta al terrorismo di Daesh dalla prospettiva dell'alleanza sciita che di fatto ne è uscita, con la Russia di Putin, vincitrice.
«Questa nuova egemonia sciita nel Vicino e Medio Oriente - che con la guerra alla Siria si voleva contenere se non addirittura indebolire - sta ridimensionando il ruolo di Israele, Arabia Saudita e Stati Uniti, che ora puntano a riorganizzarsi militarmente e strategicamente.
«La decisione di Donald Trump di spostare la capitale a Gerusalemme è un chiaro messaggio lanciato a Vladimir Putin. Il Cremlino ha rapporti commerciali e diplomatici con tutti, anche con i governi di Tel Aviv e di Riad, alleati di Washington, nonostante la sua politica estera mediorientale negli ultimi anni sia stata filo-sciita, e dunque anti-israeliana e anti-saudita.
«Persa la guerra in Siria, l'obiettivo dei gruppi di pressione anti-russi che hanno preso in ostaggio l'amministrazione Usa è quello di costringerlo a prendere una posizione netta, decidere da che parte stare, e se possibile, scontentare in primis la Repubblica Islamica dell'Iran.
«Siamo di fronte a una partita a scacchi molto complessa: il Cow Boy ha spostato la regina, ma ancora una volta, Putin ha giocato da vero e proprio Zar. Non si è espresso a riguardo, è andato in Turchia per incontrare Erdogan, poi Assad, e non escludo che nei prossimi mesi vedremo una riappacificazione, se non un incontro, tra Erdogan e Assad.
«In questa partita, sarebbe un colpo letale per il triangolo saudo-israelo-americano che verrebbe marginalizzato dalla regione.»
Sandra Matuella – [email protected]