«Vuoto di memoria»/ 2. Ovvero, come e perché riempirlo
Pensieri e parole sulla mostra che porta alla riscoperta del quartiere del Sas di Trento
Decisamente interessante la mostra che la Fondazione Museo Storico del Trentino ha organizzato nei sotterranei del Sass, lo spazio ricavato proprio sotto piazza Cesare Battisti, quella che nel Ventennio divenne Piazza Littorio e la cui ricostruzione storica è oggetto della mostra intitolata «Vuoti di Memoria».
[l'abbiamo presentata in altro articolo - Vedi]
Questa mostra, che apre il 25 aprile (festa della Liberazione) e chiuderà il 28 ottobre 2012 (90esimo anniversario della Marcia su Roma), si propone di riportare alla memoria un quartiere di Trento scomparso per opera dell’Amministrazione Fascista e sostituito con la fascistissima piazza Littorio.
Il quartiere che era compreso tra Via San Pietro, Via Manci, Via Oss Mazzurana e Largo Carducci venne sventrato per far posto all’innovazione.
Gli organizzatori della mostra non hanno nascosto l’antipatia per il cambiamento voluto dal fascismo. Non piace lo stile, non è piaciuto il metodo, non piace il fascismo, non piace la piazza.
Si può essere d’accordo o in disaccordo, ma quello che si deve cercare di evitare è di trasferire simpatie o antipatie solo perché appartenente a una certa epoca.
Onestamente, la Piazza non è bella. Lo stile fascista che in altre soluzioni si è inserito bene, come Piazza Venezia a Trento o come le stazioni d’Italia, qui non è riuscito. Il progetto iniziale non è stato eseguito fino in fondo, perché di fascista aveva ben poco, e così è nata una piazza destinata a rappresentare solo il retro di costruzioni più importanti.
Ma ci è difficile condannare il tentativo di recupero di una parte della città, considerata degradata.
I grandi sconvolgimenti urbanistici li hanno avuti tutte le città. A partire da Parigi, dove a fine Ottocento ha fatto spianare i quartieri artigianali (Tuileries in francese significa piastrelle) che adesso ospitano le grandi strade che portano all’Eliseo.
A Roma, Mussolini ha spianato parte del centro storico della città per fare spazio alla Via dei Fori Imperiali, sia per dare fiato al traffico romano che per avere una strada degna per fare le grandi parate militari gradite al Fascismo. Allo stesso modo ha creato Via della Conciliazione e tante altre cose.
Per non andare lontani, Trento fu oggetto di una gigantesca rivoluzione urbanistica a metà Ottocento, quando venne costruita la ferrovia del Brennero. Deviato il corso dell’Adige, abbattute le mura della città da Torre vanga a Piazza Fiera, spianate le abitazioni per far posto a Via Verdi.
L’aspetto negativo della decisione del Duce è stata negli abitanti delle zone spianate che sono stati sradicati dalle loro abitazioni e trasferiti nelle nascenti città di Sabaudia e Littoria, costruite sulla bonifica delle Paludi Pontine.
Non conosciamo gli aspetti negativi della scelta di Parigi, anche se certamente ce ne sono stati.
Quello che ha fatto Oss Mazzurana, sindaco di Trento a fine Ottocento, oggi sarebbe stato impossibile. Troppi conservatori, basti pensare che oggi la città è piena di riferimenti agli «EX», Ex Italcementi, Ex Michelin, Ex Zuffo. E quando si prenderanno decisioni sul nome definitivo, con ogni probabilità si toglierà quell’EX, come è capitato per il S. Chiara, sicché ogni volta si deve specificare di quale istituzione si sta parlando.
Insomma, il cambiamento è nella natura delle cose esattamente come per qualcuno è esattamente il contrario . Che cambino in meglio o in peggio è una questione soggettiva. Quello che conta è che non si faccia tabula rasa e che venga mantenuta la memoria di quello che si lascia.
Quando è stato abbattuto il rione, che poi ha fatto posto all’attuale Piazza Cesare Battisti, si è fatto tabula rasa. Sono rimasti però come nel resto del mondo – incrollabili – le vestigia romane. Che, guarda caso, sono resistite anche alla mano pesante dello stile fascista che ha sanato il rione in questione.
Ma come dare colpe a qualcuno che è vissuto in altri periodi socioculturali? Oggi ci sono altre disponibilità, altre sensibilità e altri rimpianti.
Il Trentino ha conosciuto solo due momenti di fasto e di gloria, il Concilio e… la Provincia autonoma di Trento. Tutti gli altri cambiamenti epocali sono avvenuti in momenti in cui si seguiva solo il progresso del momento e non era pensabile spendere soldi per valori che ancora non esistevano.
Basti pensare alla deviazione dell’Adige. Lo si poteva spostare come nelle città dell’Europa settentrionale: un bypass di scolmamento senza cancellare il vecchio alveo. La Mosa che attraversa Liegi non subisce escursioni di piena perché viene deviata prima di entrare in città. Ma cosa sarebbe la città senza l’antico fiume che tuttora accoglie gli ormeggi di chiatte-albergo?
Si poteva rifare il centro del Sas senza prendere la tovaglia dai quattro lati e gettare tutto? Sì, oggi certamente sì. Allora erano altri tempi.
Chiaro che, con la caduta del fascismo, molti avrebbero voluto cancellare le tracce del bieco Ventennio.
Ma c’è poco da fare, la nostra Storia c’è e rimane, bella o brutta che sia.
La memoria a volte sbiadisce i ricordi. Grazie a Dio, però, possiamo riempire il Vuoto di memoria proprio grazie a queste ricostruzioni della Fondazione Museo Storico del Trentino, che sono delle vere e proprie chicche.
E ci sono riusciti, grazie alla fonte impagabile di un fotografo che viveva nell’area e le cui foto sono state scattate per essere rinviate ai posteri per ricordare come eravamo e come siamo adesso.
Immagini che sono bellissime e rappresentano da sole la memoria storica di quanto c’era e di quanto si poteva fare. O non fare.
GdM
In quste foto della Mostra, immagini del rione prima della demolizione.