Competitività e valorizzazione delle risorse umane – Al Festival dell’Economia manager a confronto

Lavorare contenti e coinvolti è il segreto per gestire le risorse umane in modo integrato con le strategie aziendali

Sviluppo del capitale umano nelle aziende industriali, crescita della competitività, valorizzazione delle risorse umane, etica e responsabilità sociale di impresa: su questi temi si è orientato il dibattito della tavola rotonda «Manager a confronto: esperienze di valorizzazione delle risorse umane», promossa questa mattina a Palazzo Calepini da Federmanager Trento, nell'ambito del programma partecipato del Festival dell'Economia di Trento.
Relatori dell'incontro sono stati i manager d'azienda e rappresentanti della società civile: Edoardo Lazzati, presidente nazionale di Federmanager, Massimo Lolli, direttore Risorse umane di Marzotto S.p.A., Giuseppe Roma, direttore del Censis, insieme al docente e teologo don Bruno Tomasi e al filologo linguista Mohsen Mouelhi.

Ad aprire i lavori dell'incontro è stato il presidente di Federmanager Trento, Mario Marchesini, che ha lanciato un invito ai dirigenti affinché non si soffermino esclusivamente sui risultati a breve termine, ma valorizzino invece i giovani talenti.
«Il fattore umano nelle imprese sta crescendo d'importanza nelle sue componenti di creatività, conoscenza e flessibilità, anche e soprattutto in un quadro di competitività crescente e di sempre maggior apertura ai mercati globali.»

«La vera legittimazione della classe dirigente oggi arriva dal basso - gli ha fatto eco Edoardo Lazzati, presidente nazionale di Federmanager. - |I manager devono dimostrare di essere credibili e guadagnare autorevolezza attraverso l'ascolto dei collaboratori. Non basta più la competenza solida e le capacità di comandare, come avveniva trenta anni fa: questi sono soltanto prerequisiti. Il manager oggi deve essere interprete dell'anima di un'impresa, che è fatta di valori intangibili i cui portatori sono le persone, non i numeri.»

Posizione condivisa anche da Giuseppe Roma, direttore del Censis. «Lavorare contenti e coinvolti: questo è il nuovo obiettivo da perseguire per affrontare le sfide del mercato. Da una nostra indagine risulta infatti che più di un terzo dei dipendenti ritiene che gli incontri con i colleghi servano principalmente a sapere cosa è successo in azienda o, peggio ancora, esprimere il proprio dissenso con persone che lo condividono. Questo è indice di un clima aziendale basato sul pettegolezzo e sulla gestione del potere, che generano un potenziale rischio interno di rottura dei rapporti e non condivisione degli obiettivi. La gestione delle risorse umane oggi deve essere molto più integrata con le strategie aziendali, rispetto a quanto avveniva in passato. Va rivisto anche il sistema di distribuzione dei premi di produttività, spesso percepiti come troppo astratti o legati esclusivamente alla sintonia con i capi».

«La managerialità come privilegio di una casta - ha aggiunto Massimo Lolli, direttore Risorse umane di Marzotto S.p.A. - oggi è definitivamente morta. Si parla invece di una managerialità diffusa, di una capacità di previsione del futuro e di programmazione, che non riguarda più soltanto i dirigenti, ma anche, con intensità variabili, i quadri e persino le segretarie. Il pericolo sta però nelle conseguenze di questa maggiore autonomia e responsabilizzazione: la precarietà. Oggi si ricercano capacità cooperativa, dinamismo e creatività e si tende invece ad escludere chi manifesta rigidità, isolamento e conflittualità. Questo meccanismo porta ad un crescente senso di ansia, di solitudine e di rischio che si trasforma in insoddisfazione».
Per stare al passo con i tempi, Lolli offre una via d'uscita: «Occorre promuovere una mobilità sia geografica che funzionale (per cui in Italia siamo in forte ritardo), rilanciare la formazione continua e l'abitudine allo scambio dinamico tra azione e riflessività per meglio gestire i cambiamenti globali.»

La seconda parte della tavola rotonda si è invece focalizzata maggiormente sugli aspetti etici - con alcune considerazioni anche di tipo religioso - che interessano la gestione delle risorse umane nel mercato del lavoro.
Il filologo e linguista Mohsen Mouelhi, muftì della Confraternita Sufi, ha messo in luce, in questo senso, quanto la contaminazione linguistica tra italiano e lingue degli stranieri che arrivano nel nostro Paese, sia specchio di un'integrazione da ricercare attraverso la valorizzazione della differenza culturale, etnica e religiosa.
«Da un'indagine condotta sui termini di origine neolatina in uso nella lingua dei tunisini immigrati in Italia, scopriamo che esistono ben 1500 nuove parole, che salgono a 3000 se si comprendono le derivazioni, dedicate soprattutto al mondo del lavoro, per descrivere la quotidianità fatta di tipi diversi di contratti e problematiche legate a visto e soggiorno.»

Un approfondimento specifico sulla responsabilità sociale di impresa è venuto, invece, dall'intervento del docente e teologo don Bruno Tomasi, che ha richiamato i valori della dottrina sociale della Chiesa come presupposti positivi che, nonostante l'opinione diffusa, legittimano la creazione del progresso, del sistema economico e della proprietà privata, a favore del bene proprio, ma anche di quello della società.
«La sola responsabilità sociale è quella dell'uomo, chiamato a servirsi dei beni, attraverso il lavoro. Le varie certificazioni e bilanci sociali che stanno proliferando negli ultimi anni possono essere ritenuti validi e d efficaci soltanto se dietro vi è coscienza viva.»

(as)