Nostalgia, una forma di desiderio – Di G. Maiolo, psicoanalista

La nostalgia deve essere sana e assomigliare all’energia biologica che ci tiene in contatto con le radici e con il punto di partenza

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Ci sono parole nella parlata comune, che hanno sbiadito il significato e, a volte, perso la valenza del sentimento intimo che le impregna.
Una di queste mi pare sia la nostalgia, che in un tempo di transiti e migrazioni accompagna la sofferenza silenziosa di chi deve forzatamente fuggire e abbandonare i luoghi della propria vita.
Nostalgia è allora parola lacerante ma al contempo necessaria per chi è dovuto o deve andare lontano, sfidando il destino e la morte.
Serve perché è desiderio che spinge a immaginare la promessa di un ritorno ed è energia che ti mette alla ricerca del possibile.
Sentimento misto, non di rado ambivalente, colmo di solitudine per la distanza dalle cose familiari e dagli affetti e di speranza o fiducia che tutto possa finire.
È attesa di ritrovare ciò che si è perso e, più di tutto, il tempo di una vita lontana.
 
Ritrovarsi distanti dal passato vuol dire fare i conti con le perdite e le separazioni che ogni vita contiene e riempie di amarezza e sconforto ciò che viviamo, ma è anche ricordo come flusso di emozioni che legano il presente al passato.
Al di là delle lacerazioni di chi parte dai luoghi propri, la nostalgia può anche essere una forma di disagio, una sindrome che contiene tutti i sintomi della malinconia e della depressione.
Più spesso però è uno stato naturale che muove alla ricerca del tempo perduto.
L’etimo ci aiuta, se vogliamo, a cogliere il dolore e il desiderio che sta dentro la parola «nostalgia» perché in greco «nostos» vuol dire «ritorno» e «algos» dolore.
Come a dire che la nostalgia è il sentimento della lontananza che ti fa star male ma che spinge al ritorno e a cercare una via di uscita dal dolore.
 
La letteratura è piena dei temi della nostalgia. Proust, tra i più grandi scrittori di questo sentimento, nella sua «Recherche» (Alla ricerca del tempo perduto, Mondadori) ci ha consegnato il senso più alto dell’attesa e della speranza.
Qualunque sia però l´esperienza che abbiamo, la nostalgia in realtà è stato d’animo che di solito rimanda dell’infanzia e a un tempo lontano che non evapora ma si tinge di mille sensazioni che occupano uno spazio maggiore con l’avanzare dell´età.
Solo quando sovrasta il presente e lo svalorizza, la nostalgia può diventare lamento malinconico e depresso che impedisce di cogliere e quello che c’è, comunque, nel «qui e ora».
 
Allora può diventare stato morboso che influenza il nostro comportamento.
Però di solito è esperienza comune e utile, più vicina alla paura che il luogo in cui siamo, fisico o mentale, non ci riempia come una volta o non ci dia ciò che abbiamo avuto, né ci consoli e ci accarezzi.
Ma se è paura, ci aiuta e ci mette in salvo perché ci serve per convivere con le perdite e ad arginare la disperazione.
La nostalgia a questo punto è sana e assomiglia all’energia biologica che ci tiene in contatto con le radici e con il punto di partenza.
Consente di attingere alle forze generative di un tempo con cui continuare a camminare anche quando siamo stanchi.

Giuseppe Maiolo - psicoanalista
Psicologia delle età della vita - Università di Trento - www.iovivobene.it