Presentato il volume «Trento 1940-45. I testimoni raccontano»
Nadia Mariz ha costruito un grande album di ricordi del periodo più tragico della città
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È stato presentato in Sala Falconetto di Palazzo Geremia del Comune di Trento l’importante volume di Nadia Mariz «Trento 1940-1945 – I Testimoni raccontano», che consiste nella ricostruzione storica e giornalistica dei terribili fatti che avvennero a Trento nella Seconda Guerra Mondiale.
Erano presenti un centinaio di persone, gran parte dei quali i testimoni diretti dei bombardamenti della città, che l’autrice Nadia Mariz ha intervistato per conoscere direttamente da loro i particolari più umani di quel triste periodo per la città.
A parlare, oltre all’autrice, l’assessore comunale alla Cultura Lucia Maestri, il rappresentante della Fondazione Museo Storico del Trentino, prof. Vicenzo Calì, il poeta dialettale Elio Fox e il giornalista Alberto Folgheraiter.
Nadia Mariz ha ringraziato tutti coloro che hanno collaborato con lei per la realizzazione del volume e in particolare i testimoni che hanno raccontato le loro storie, molti dei quali presenti in sala.
Nadia aveva sempre desiderato mettere nero su bianco le testimonianze del nostro tempo prima che proprio il tempo ci portasse vie gli ultimi testimoni. Ci è riuscita e ha fatto un gran bel lavoro.
I punti più interessanti del libro sono sostanzialmente tre.
Il primo è dato dalla ricostruzione storica puntuale e dettagliata dei fatti accaduti durante la guerra. In particolare, abbiamo trovato particolarmente utile la descrizione delle operazioni militari avvenute la notte tra l’8 e il 9 settembre 1943, ovvero poco dopo la dichiarazione dell’armistizio che il governo Badoglio aveva sottoscritto qualche giorno prima.
I Tedeschi, come si sa, si aspettavano l’abbandono della guerra da parte degli Italiani dopo la caduta di Mussolini e difatti dal 25 luglio all’8 settembre avevano fatto scivolare in Alto Adige dal Brennero alcune divisioni corazzate, al comando di Rommel, pronte a intervenire al momento opportuno.
Alle 2.30 di mattina del 9 settembre, i carri armati entrarono in città, assaltarono le caserme e occuparono in breve tempo i punti nevralgici della città. Vennero uccisi dai tedeschi più di 60 soldati italiani, molti dei quali a sangue freddo, a partire dalle sentinelle.
Il sottoscritto non conosceva i dettagli della battaglia di Trento e per questo ringrazia Nadia Mariz per averglielo fatto leggere in un testo dinamico come lo scorrere di un film di guerra
Il secondo punto di forza del libro sono le interviste raccolte.
Chi scrive questa recensione ha avuto la fortuna da una parte di non essere al mondo durante la guerra e dall’altra di aver sentito dai propri genitori che cosa accadde quei giorni. Ricordo ancora l’angoscia nelle loro parole e leggere i racconti dei testimoni riportati in questo libro l’ha fatta rivivere come se fossero fatti accaduti pochi giorni fa.
Trento nella storia non ha mai passato un periodo così tragico. I Trentini pensavano che la Città del Concilio sarebbe stata risparmiata dalle bombe, probabilmente come non pensavano che i Tedeschi avrebbero assaltato la città in una notte prima ancora di sentire se voleva arrendersi.
La meticolosità della ricostruzione la si vede nelle immagini che riportano i registri del cimitero di Trento relativi a quelle stragi.
Il terzo punto sta proprio nelle immagini.
Chi non amasse leggere, potrebbe sempre inumidirsi gli occhi a vedere la città squarciata nel suo cuore pulsante semplicemente guardando le foto, le mappe, i documenti, i titoli dei giornali di allora.
È come vedere un film muto di una guerra assurda e inutile come quella che ha colpito l’asta del Brennero.
Un album di ricordi, di brutti ricordi che è bene tramandare alle prossime generazioni perché sappiano che la nostra città non è stata diversa da tante altre dell’Europa centrale.
< Titolo: Trento 1940-45. I testimoni raccontano Autore: Nadia Mariz Editore: La Grafica - Mori Pagine: 288, rilegato Prezzo: € 45 |
Ciò che vorrei aggiungere ora sono alcune considerazioni di carattere generale, che forse interessano i nostri lettori.
La prima è che il bombardamento della Portèla non è stato il primo assalto di quella che passerà alla storia come la «battaglia del Brennero». Gli alleati, vedendo che alla firma dell’armistizio Badoglio non dava riscontro nei fatti, hanno deliberatamente attivato un attacco terroristico per fare pressione sull’opinione pubblica e di conseguenza sul governo.
I nostri quasi 200 morti della Portèla persero la vita perché avevamo un nuovo capo del governo inetto.
La seconda è che il ponte di San Lorenzo (il secondo dalla rettifica del corso dell’Adige) non venne colpito dalle bombe. Cadde in seguito alle scosse dei bombardamenti. I testimoni ricordano che si sollevò di un paio di metri per poi cadere e rompere nel fiume.
L’obbiettivo della missione aerea era con ogni probabilità la stazione ferroviaria, che non venne colpita per poche centinaia di metri. Secondo i parametri militari, un obbiettivo era tecnicamente raggiunto se le bombe cadevano nell’arco di 500 metri. La stazione era virtualmente distrutta.
Particolare che pochi conoscono è che nel bombardamento del 23 dicembre (distrusse l’abitato dove attualmente sorge la Regione TN AA) morì il grande artista trentino Gino Pancheri.
Il terzo particolare col quale desidero concludere queste piccole precisazioni, sta nel «mistero dei vuoti d’aria» della Paganella che spaventava i piloti alleati e in un certo senso «tranquillizzava» i Trentini, grazie ai quali la città sarebbe stata protetta.
Come sappiamo, non bastò la più bella montagna di Trento contro i liberator. Però è bene conoscere la verità, ricostruita dal sottoscritto nel corso di alcune riflessioni fatte con gli esperti dell’Air Space Museum di Washington.
Non era stregata la Paganella, non c’erano dei vuoti d’aria. Non esistono i vuoti d’aria, ed è stato questo che ci ha portati alla verità: esistono invece forti correnti discendenti.
Ciò che accadeva alla Paganella, guarda caso dopo mezzogiorno, era il vorticoso passaggio dell’Ora del Garda. Saliva dalla valle dei Laghi, spazzolava la Paganella e si gettava nella valle dell’Adige. Ancora oggi, chi passa sull’autostrada nel tratto parallelo al ponte dei Vodi (sulle foci dell’Avisio), deve fare i conti con l’Ora che piomba dall’alto e rischia di far perdere il controllo del veicolo.
Le bombe, raccontano i testimoni, arrivavano a poche centinaia dall’obbiettivo, per poi allargarsi ed evitare il ponte. Per questo dicevano che di giorno veniva distrutto e che di notte i tedeschi lo ricostruivano… Indubbiamente poteva sembrare stregato.
La Paganella, che spesso ha salvato il ponte dei Vodi, purtroppo, non ha salvato la città.
Guido de Mozzi
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Nadia Mariz (Trento 19.09.67) Laureata in Economia, giornalista pubblicista, dal 2005 collabora con l'emittente televisiva Telepace dove si occupa in prevalenza di rubriche e speciali inerenti la storia, la cultura e le tradizioni del Trentino. |