«Depero new Depero» al MART Rovereto – Di Daniela Larentis
La grande mostra a cura di Nicoletta Boschiero esplora l'attualità delle sperimentazioni dell’artista e le influenze delle sue ricerche in vari ambiti – L’intervista
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Prende il via a quasi vent’anni dall’inaugurazione dello splendido Museo di arte moderna e contemporanea di Rovereto, progettato dall’archistar Mario Botta, «Depero new Depero», una meravigliosa mostra curata da Nicoletta Boschiero dedicata a Fortunato Depero, accompagnata da un prezioso catalogo.
Visitabile dal 21 ottobre 2021 al 13 febbraio 2022 al Mart Rovereto, la grande esposizione, fortemente voluta dal Vicepresidente del museo Silvio Cattani, esplora l'attualità delle sperimentazioni dell’artista e le influenze delle sue ricerche negli ambiti dell'arte, della moda, del design dagli anni Settanta ad oggi.
La Casa d’Arte Futurista Depero ospita in contemporanea un’altra imperdibile mostra nel solco della tradizione curata da Maurizio Scudiero, dal titolo «Depero e la sua Casa d’arte da Rovereto a New York».
Spiega in un passo del suo intervento critico il Presidente Vittorio Sgarbi: «Depero new Depero raccoglie 500 pezzi tra opere, disegni, mobili, oggetti, ricostruzioni, manifesti, fotografie, libri, riviste, fumetti, video e film. È l’occasione per ripercorrere la carriera dell’artista roveretano che parte dal Futurismo e attraverso tappe esemplari giunge fino alle espressioni a noi più contemporanee.»
«Nessuno è più contemporaneo di Depero, la sua vicenda umana è rappresentata a fianco della vicenda artistica che travalica qualunque contrasto, qualunque differenza politica e ci mostra come l’arte vince su tutto.»
L’allestimento della mostra, a cura di Baldessari e Baldessari, esalta il dialogo ideale tra Depero e il Mart mettendo in relazione Depero con lo spazio che lo accoglie.
Artista poliedrico impegnato su vari fronti e ambiti di sperimentazione, dalla pittura ai complessi plastici motorumoristi, dalla grafica al teatro, dalla poesia alla comunicazione, dalla lirica ai progetti editoriali, Fortunato Depero fu un creativo alla ricerca dell’arte totale, fermamente convinto che tra un linguaggio e l’altro non esistessero gerarchie.
Nato in Trentino nel 1892, alla sua morte, nel 1960, lasciò al Comune di Rovereto l’unico museo futurista italiano e il suo archivio personale, comprensivo di circa 3.000 oggetti, tra cui buona parte della sua produzione artistica, carte, materiali e una ricca biblioteca.
Negli anni il Mart ha dato seguito alle idee di Depero, trasformando il suo lascito in un patrimonio in divenire. Ha investito sull’acquisto di decine di opere e di numerosi archivi, su restauri (il più recente riguarda i famosi arazzi normalmente esposti a Casa Depero) e ricostruzioni di costumi, mobili, oggetti, scenografie come quelle, celeberrime, de i Balli Plastici e de Le chant du rossignol.
La grande mostra Depero New Depero per la prima volta rende conto di questa storia.
Una storia che rappresenta più di un capitolo della più ampia storia del Mart.
Una storia che spazia, come avrebbe voluto Depero stesso, dall’arte all’editoria, dal teatro al design, dal fumetto al cinema.
Abbiamo avuto occasione di porgere al prof. Silvio Cattani, Vicepresidente del Mart, e a Nicoletta Boschiero, curatrice della mostra e responsabile della Casa d’Arte Futurista Depero, alcune domande.
Alcune note biografiche prima di passare all’intervista.
Fortunato Depero
Nasce a Fondo il 30 marzo 1892.
Trasferitosi con la famiglia a Rovereto pochi anni dopo la sua nascita, si iscrive alla Scuola Reale Elisabettina, un istituto a indirizzo tecnico e di arte applicata, frequentato negli stessi anni da personalità come Luciano Baldessari, Carlo Belli, Fausto Melotti, Lionello Fiumi e Tullio Garbari.
Respinto all’esame di ammissione all’Accademia di Belle Arti di Vienna, inizia a lavorare come tirocinante presso lo scultore Scanagatta.
Dopo le prime esperienze espositive in ambito roveretano, nel dicembre del 1913 si trasferisce a Roma con Rosetta Amadori sua futura e fedele compagna di vita.
A Roma conosce Balla, Cangiullo, Marinetti e visita una mostra di sculture di Boccioni alla Galleria Sprovieri, che lo colpisce profondamente.
Nel 1914 realizza una serie di disegni ispirati alla simultaneità e al dinamismo boccioniani ed espone all’Esposizione Libera Futurista Internazionale presso la Galleria Sprovieri.
Nel 1915 viene accolto in seno al movimento.
Nel marzo del 1915 firma con Giacomo Balla il manifesto intitolato Ricostruzione Futurista dell’Universo che apre una nuova stagione del Futurismo, esprimendo l’esigenza di un’arte totale, estesa a tutti gli ambiti dell’esistenza, dalla musica alla cucina, dalla moda al teatro, dal design alla pubblicità.
Crea assemblaggi di materiali diversi, che producono effetti sonori, visivi e tattili, cui dà il nome di «complessi plastici motorumoristi».
Nel 1916 riceve nel suo studio romano l’impresario dei Balletti Russi Sergeij Diaghilev, il quale gli commissiona la scenografia e i costumi per il balletto Le chant du rossignol di Igor Strawinskij.
In quel periodo Depero incontra il ballerino Massine, il poeta Cocteau e molti altri artisti, fra cui Picasso, Larionov, la Gontcharova.
Nel 1917 conosce Gilbert Clavel, poeta svizzero, e con lui soggiorna a Capri, dove realizza le illustrazioni per il libro Un istituto per suicidi; in questo periodo prepara anche spettacoli teatrali ed elabora le prime idee del Teatro Plastico.
Nel 1918 realizza in collaborazione con Clavel lo spettacolo dei Balli Plastici, sostituendo gli attori con marionette di legno colorato. Lo show è costituito da cinque atti sulle musiche di Casella, Malipiero, Bartok, Tyrwhitt, presentati a Roma al Teatro dei Piccoli.
Il 1919 vede l’artista impegnato in una fitta serie di mostre realizzate sul territorio nazionale; nel giugno rientra a Rovereto e con la moglie Rosetta apre la «Casa d’Arte Futurista Depero», dove vengono prodotti tarsie in panno, collages e oggetti d’arte applicata. Realizza, in quegli anni, decorazioni e arredamenti d’interni, come quella per il Cabaret del Diavolo a Roma.
Nel 1923 viene invitato alla «1ª Mostra Internazionale d’Arte Decorativa» di Monza, dove ottiene una grande sala personale.
Nel 1924 realizza il balletto meccanico Anihccam del 3000, con musiche di Franco Casavola, che viene messo in scena a Milano dalla Compagnia del Nuovo Teatro Futurista di Marinetti.
Con il 1925 iniziano le esperienze regolari di Depero in fatto di esposizioni all’estero.
Alla «Exposition Internazionale des Arts Décoratifs et Industriels Modernes», dove è presente insieme a Balla e Prampolini, riscuote un notevole successo, tanto che nel dicembre dello stesso anno tiene una personale al Theâtre des Champs Elysées, decidendo di rimanere a Parigi fino alla primavera del 1926.
Nel 1927 pubblica Depero-Dinamo Azari, più conosciuto come il «libro imbullonato», primo esempio di libro-oggetto futurista, che mette in risalto la sua vena innovativa nel campo della grafica e della pubblicità.
Nel settembre 1928 parte per New York, deciso a sperimentare di persona la vita nella grande metropoli nordamericana.
Già a dicembre tiene una personale alla Guarino Gallery, dove espone dipinti e arazzi, seguita da molte altre nel 1929 e nel 1930.
Realizza, poi, gli ambienti del Ristorante Zucca (tutto l’arredo e i dipinti murali) e della sala da pranzo del Ristorante Enrico and Paglieri (ambedue distrutti neanche un anno dopo per far posto al Rockefeller Centre), studia soluzioni sceniche e costumi per il Roxy Theatre, per il balletto «American Sketches», oltre che per coreografie di sua ideazione come «Cifre e Motolampade».
Lavora, inoltre, nel settore pubblicitario e dell’illustrazione, realizzando le copertine di alcuni numeri di Vogue, Vanity Fair, Sparks, The New Yorker, New Auto Atlas, Atlantica.
Nell’ottobre del 1930 rientra in Italia.
Nel 1931 espone con il gruppo futurista alla «1ª Quadriennale Nazionale d’Arte» di Roma e pubblica il libro Numero Unico Futurista Campari.
Nel 1932 fonda e dirige la rivista «Dinamo Futurista», che uscirà fino al numero cinque, e partecipa con il gruppo futurista prima alla XVIII Biennale di Venezia, dove ha a disposizione una sala personale, e poi alla V Triennale di Milano.
Nel 1934 vengono pubblicate le sue Liriche radiofoniche, espressamente create per la lettura via radio.
Negli anni seguenti partecipa a numerose mostre nazionali ed internazionali, mentre nel 1938 realizza un volume con 96 tavole a colori dedicate ai Dopolavoro delle Province italiane.
Nel 1940 esce l’importante autobiografia intitolata Fortunato Depero nelle opere e nella vita, edita a cura della Legione Trentina e contenente scritti, disegni, recensioni, riproduzioni delle sue opere.
Nel 1948 si trasferisce nuovamente a New York, dove tiene due mostre personali e pubblica «So I think so I paint».
Cerca anche di promuovere, senza fortuna, il «buxus».
Ritornato in Italia, si dedica alla pittura e alla realizzazione di commissioni pubbliche, come la decorazione della Sala del Consiglio Provinciale di Trento, che lo impegna dal 1953 al 1956.
Nel 1950 lancia il Manifesto della Pittura e Plastica Nucleare. Successivamente, è presente a una serie di esposizioni importanti: nel 1951 alla «IX Triennale di Milano», nel 1952 alla «XXVI Biennale veneziana» e nel 1955 alla «VII Quadriennale di Roma».
Nel 1957, in collaborazione con il Comune di Rovereto, allestisce la Galleria Permanente e Museo Depero, istituzione che oggi conta più di 3.000 fra dipinti e disegni, circa 7.500 manoscritti e una nutrita biblioteca sul Futurismo.
Fortunato Depero muore a Rovereto il 29 novembre 1960.
Prof. Cattani, le prime tre domande le rivolgo a lei. Questa mostra pur essendo di forte richiamo a livello nazionale e internazionale è certamente importante per il territorio, si potrebbe dire che per il MART in un certo senso sia un atto dovuto. Può condividere un pensiero a tale riguardo?
«Certamente credo fosse doveroso da parte del MART dedicare un’esposizione a Depero; il MART è nato grazie alla donazione, al deposito, al passaggio del patrimonio che apparteneva al Comune di Rovereto e che ha permesso di istituire il museo come primo luogo di conservazione e promozione dell’opera di questo grande artista. Lo scorso anno ricorreva il 60° anniversario della sua scomparsa, purtroppo per le ragioni note legate alla pandemia si è dovuto rimandare.»
Lei è il fondatore dell’Istituto d’Arte che porta il nome di questo artista geniale dai molteplici interessi: che importanza ha assunto e assume tuttora l’eredità che ci ha lasciato Depero per la crescita culturale di molteplici generazioni di giovani?
«Depero è stato uno straordinario anticipatore della condizione immaginifica dell’artista di oggi, aspetto che lo fa diventare un personaggio di grande attualità. È stato un artista poliedrico, ha lavorato in modo trasversale, coltivando una visione aperta.
«Pittore, grande illustratore, inventore, un magico poeta del colore ma nello stesso tempo artista che ha influenzato dagli anni Settanta ai giorni nostri profondamente l’arte, la moda, il design e il fumetto.
« Come ho scritto anche in catalogo, voglio pensare che Depero sarebbe qui ora un docente amato e provocatorio, guida avventurosa e abile nei meandri della pratica artistica contemporanea, maestro di infinite elaborazioni.»
Che insegnamento può aver lasciato alle generazioni future, a suo avviso?
«Un insegnamento che non è una regola, non è un modulo, è proprio il contrario, è una dichiarazione di apertura, di trasversalità, di ricerca, di innovazione, di sperimentazione, non è certamente un metodo.
«Depero è stato in questo senso un rivoluzionario del linguaggio artistico, un grande personaggio della storia dell’arte, un grande sperimentatore.
«La sua opera è intrisa di una forte vocazione sperimentale insieme a un intento educativo per una cultura estetica diffusa e coinvolgente in uno scenario fantastico in cui la magia delle forme e delle costruzioni risulta sempre più coincidente con la complessità della nostra attuale società.»
Dott.ssa Boschiero, anzitutto può chiarire qual è il compito del curatore di una mostra importante come questa, per dare modo ai lettori di comprendere appieno il ruolo che ricopre questa figura?
«Questo è un progetto molto particolare perché partiamo dopo la morte di Depero. Quindi, rivisitiamo gli anni Ottanta, Novanta e Duemila, per vedere che cosa sia accaduto in questo periodo e come la sua figura abbia influenzato determinati ambiti. Uno di questi ambiti è il design, con i designer Ettore Sottsass e Alessandro Mendini.
«Perché abbiamo scelto questi nomi nella miriade dei designer che avremmo potuto scegliere? Perché il museo ha dedicato loro due mostre, quindi in qualche modo diventano per noi delle figure di riferimento.
«A me interessava questo tipo di progetto perché è da tanto tempo che mi occupo di questo artista, non volevo fare una mostra sulla sua storia, ma presentare la storia di ciò che è accaduto dopo la sua scomparsa. Il mio compito è stato quello di mettere insieme i pezzi secondo questo tipo di visuale, tralasciando ciò che esulava dai temi proposti.»
Come è stato pensato il percorso espositivo?
Il percorso espositivo è diviso per sezioni, una delle quali è Ricostruzioni. Negli anni Ottanta la Galleria Museo Depero, allora si chiamava ancora così, ereditò il lascito Depero decidendo di eseguire delle ricostruzioni di alcune opere andate disperse nel tempo, quindi le sedie del Cabaret del diavolo, la grande scenografia de Le chant du rossignol e dei Balli Plastici.
«Questo è un approccio piuttosto interessante, penso che non ci sia nessun altro artista novecentesco che abbia un numero di ricostruzioni così elevato.
«Tra i designer che hanno riconosciuto apertamente l’influenza di Depero nei propri lavori vi sono Ettore Sottsass e Alessandro Mendini, citati prima, si prosegue poi con i Nuovi Futuristi.
«Negli anni Ottanta ci sono due mostre che rilanciano il futurismo, la prima è Ricostruzione futurista dell’universo, allestita nel 1980 a Torino presso la Mole Antonelliana, e la seconda è Futurismo & futurismi, ospitata nel 1986 a Palazzo Grassi a Venezia. Sono due mostre che rispolverano la figura di Depero, fino ad allora rimasta un po’ in ombra.
«Negli anni Duemila l’opera di Depero viene raccontata soprattutto attraverso film e video; in questa sezione si ricostruiscono non tanto oggetti ma parte della vita di Depero, soprattutto il suo soggiorno in America.
«Poi c’è il Museo; i documenti d’archivio, le riviste, le fotografie e i libri provenienti dall’Archivio del ‘900 del Mart rappresentano l’ambito legato allo studio e alla ricerca dell’opera dell’artista.»
Quante sono le opere esposte e qual è la loro provenienza?
«Le opere appartengono al museo, per la maggior parte derivano dal lascito Depero che è di circa 3. 000 opere. Alcune hanno provenienze differenti, c’è per esempio un lascito che è molto recente, un’opera che non si è mai vista prima; ci sono altre opere in comodato d’uso, appartengono comunque tutte a diverso titolo al museo.
«I pezzi singoli esposti sono circa 500.»
Fortunato Depero, Grattacieli e tunnel, 1930, Mart, Fondo Depero.
Quali sono state le difficoltà incontrate nell’allestire la mostra?
«Con Paolo Baldessari, che ha curato l’allestimento, ci siamo trovati d’accordo su molte scelte. Lui desiderava una mostra meravigliosa e in effetti la mostra suscita meraviglia, è una mostra coloratissima che sorprende, quasi teatrale.
«Anche le luci sono molto drammatiche, il soffitto è magnifico, è una specie di tappeto all’incontrario. Il visitatore si sente avvolto, quindi direi che non ci sono state difficoltà per quanto riguarda l’allestimento.
«Difficoltosa è stata la gestazione della mostra, era in programma per lo scorso anno, purtroppo a causa della pandemia è stata posticipata.»
A Rovereto due sono le grandi mostre istituzionali attualmente dedicate al grande artista: quella ospitata al Mart da lei curata e quella ospitata alla Casa Museo Depero di Rovereto curata da Maurizio Scudiero. Potrebbe brevemente delineare i due differenti approcci per informare e indirizzare il visitatore?
«Il mio è un approccio potremmo dire più filosofico, nel senso che metto di mezzo anche il museo e il suo patrimonio; io parlo dei restauri, parlo dell’archivio, parlo della biblioteca, addirittura c’è un approfondimento in catalogo che è sulla didattica, perché Depero è anche stato centrale nelle scelte del Dipartimento educazione.
«La mostra curata da Maurizio Scudiero è invece una mostra più nel solco della tradizione, ci sono opere soprattutto degli anni Venti, opere straordinarie di collezionisti, alcune delle quali viste poco, e naturalmente riprendono le fila di quella che è stata l’attività della Casa d’Arte Futurista Depero.»
Depero seguendo le regole del Futurismo amava «progettare» la vita quotidiana. Qual era la sua visione dell’arte? A suo avviso, qual è stato il suo grande punto di forza/merito?
«Aveva una visione totalizzante, tant’è che lui voleva essere tutto. Voleva essere un poeta, un letterato, uno scenografo, un costumista, un pittore, uno scultore, un performer, era una persona che voleva sperimentare tutto ed essere tutto, non aveva paura di niente.
«Quello che mi piace di Depero è che non aveva una gerarchia per quanto riguarda le opere, nel senso che un olio per lui non era più importante di un bozzetto oppure di un manifesto pubblicitario. Per lui tutto aveva lo stesso valore.
«Questa per me è una grande lezione di vita.»
Può raccontarci qualcosa in merito alla passione di Depero per il teatro?
«Il teatro è stata una passione soprattutto quando muoveva i suoi primissimi passi. Alcune di queste sue attività relative al teatro sono state fallimentari, come la prima, quando gli vennero commissionati la scenografia e i costumi per Le chant du rossignol, un balletto musicato da Strawinskij; lui però era una persona che non si abbatteva mai e questo aspetto lo rende così simpatico, interessante.»
Fortunato Depero, Martellatori, 1923 (ricostruzione 2000), Mart.
L’opera «Grattacieli e tunnel» rinvia ai suoi lunghi soggiorni a New York…
«Parliamo di due scenografie, dedicate alla metropoli, che rappresentano una la superficie e l’altra i sotterranei: Broadway, che è questo crocevia battuto da tantissime persone, e poi la Subway; un lavoro che lui avrebbe dovuto portare a termine, ma siamo nel 1929, l’anno del Crollo di Wall Street, della Grande depressione, un momento difficile.
«Rimangono a tutt’oggi due dipinti straordinari che sono stati scelti nel 1994 anche per Toys, un film americano, dove si riprendono queste scenografie. Depero aveva questa capacità di rinnovarsi continuamente. Noi abbiamo abbinato per l’occasione della mostra due video molto interessanti.»
Un’ultima domanda: come definirebbe questo artista dai mille volti?
«Un artista poliedrico che ha potuto abbracciare diverse discipline, facendo tutto con passione, eccellendo in alcuni ambiti, in altri meno, ma la passione lo ha sempre sostenuto.»
Daniela Larentis – [email protected]
Fortunato Depero, Festa della sedia, 1927, Mart, Fondo Depero.