Economia e giustizia. – I processi troppo lunghi favoriscono chi ha torto, portando all’esasperazione chi ha ragione

Le cause dell'irragionevole durata del processo sarebbero da ricondurre all'organizzazione dei tribunali e agli onorari degli avvocati. - Ma un buon notaio a monte, farebbe «giustizia preventiva»

«Chi ha torto ha ragione?» È la provocatoria domanda che Donatella Stasio, giornalista de Il Sole 24 ORE, ha usato per introdurre l'argomento della lunghezza dei processi e dell'economia processuale in Italia.
Come infatti ha spiegato Daniela Marchesi, ricercatrice all'istituto di studi e analisi economica (ISAE) dove dirige il settore Economia e Diritto, nel processo civile risulta che, causa la lunghezza delle procedure, le due parti abbiano pari forza. Chi sa di essere in torto ha una forza maggiore e trae giovamento dal prolungarsi del processo, per portare all'esasperazione la parte che ha ragione. Questa infatti, all'interno di una causa per recupero crediti sa che più tempo passa più alta sarà la sua perdita ed è quindi portata a trovare un compromesso: questa metodologia porta vantaggio ha chi ha torto (per dare un'idea della lunghezza del processo basti pensare che per un per un recupero crediti in Italia si impiegano 139 giorni, contro i 75 della Francia).

Lo studio di Daniela Marchesi spiega quali siano i fattori che determinano questo processo: a prima vista si potrebbe pensare che l'Italia abbia pochi giudici a decidere le cause, o che investa poco su di loro. In verità dai dati, emerge che i motivi non sono questi. La prima disfunzione, che causa un irragionevole prolungarci dei processi in Italia è una disfunzione che di pende dalla dimensione dei tribunali. È dimostrato che i tribunali più grandi funzionano meglio, sia perché possono usufruire di sezione specializzate, che per il fatto di soffrire meno l'assenza di personale per lunghi periodi come potrebbe essere per una gravidanza.
Il secondo fattore che, secondo Marchesi, incide direttamente sulla lunghezza del processo è l'onorario degli avvocati: in Italia il compenso di un avvocato si basa su una tariffa oraria o a prestazione. Questo fattore induce l'avvocato a far durare più a lungo il processo. Sarebbe più opportuno applicare, come avviene in altri Paesi, una tariffa a forfait. In questi Stati infatti, risulta esserci un minor tasso di "complicatezza" della causa e i processi si risolvono in tempi più brevi.

La tesi è smentita dal professor Giudo Alpa, docente di Diritto civile all'Università di Roma La Sapienza, che invece sostiene come l'eccessivo protrarsi di una causa non giovi nemmeno all'avvocato, né in termini economici (sarebbe più redditizio occuparsi di più cause) né in termini di "fama".
Quello su cui, secondo Alpa, è necessario puntare in Italia è il processo telematico: da una prova effettuata a Genova, attraverso tale procedura, per ottenere lo stesso recupero crediti di cui si diceva sopra sono stati impiegati soltanto 80 minuti.

Anche l'«avvocato» Virginio Rognoni, che dal 2002 al 2006 è stato vicepresidente del Consiglio Superiore della Magistratura (dopo essere stato emerito ministro degli Interni, della Difesa e della Giustizia) conviene con Guido Alpa per quanto riguarda le cause dell'irragionevole durata del processo, aggiungendo che in Italia manca una comune cultura della giurisdizione. Ed è importante a questo proposito anche la formazione dei magistrati, che dovrebbero tutelare, come bene comune, la ragionevole durata del processo.
Ma è, quella di Rognoni, una risposta davvero deludente, se pensiamo quale ruolo ha giocato ai vertici delle Istituzioni del nmostro Paese.

«L'imprenditoria legale - ha concluso Alpa - si basa su di un processo rapido. L'imprenditoria sporca è figlia del processo lento.»
Un'ulteriore causa dell'irragionevole durata del processo, ha precisato dal pubblico il magistrato Mantovani, potrebbe essere riconducibile alla lunghezza dei tempi di decisione: Mantovani auspica una semplificazione degli atti per arrivare presto al processo telematico.

Il notaio Paolo Piccoli, presidente da poco riconfermato alla Presidenza del Notariato nazionale Italiano, ha riflettuto sul capitale umano e sul capitale sociale in tema di giustizia.
«Il ruolo del notaio - ha spiegato Piccoli - è di estrema importanza nella società civile perché garantisce una "giustizia preventiva"».
In effetti, l'intervento di Paolo Piccoli è stato il più interessante della tavola rotonda. Chi si domandava quale ruolo avrebbe potuto giocare un notaio nella disquisizione sulla lentezza dei processi, è stato soddisfatto. In buona sostanza, il concetto di «giustizia preventiva» è un argomento che dovrebbe essere introdotto con maggiore impegno nella vita culturale della gente.
E i costi del notaio, ha detto Piccoli - conti alla mano - sono molto ma molto inferiori a quelli di una qualsiasi azione giudiziaria successivamente portata avanti solo perché a monte non c'era un professionista che la gente considera con superficialità e disinformazione «inutilmente costoso».
«L'attività del notaio deve creare fiducia, - ha concluso Piccoli. - Perché accresce il capitale sociale di una nazione e produce esternalità garantendo sicurezza nelle transazioni.»
Inoltre Paolo Piccoli ha precisato che il concorso per accedere alla professione di notaio è molto rigoroso, e che l'82% degli idonei non è figlio né parente di un notaio. Sono promossi solo i più meritevoli.