Come siamo arrivati al collasso dei mercati

L'autore di Crack: «La società costruita sul debito è all'origine della crisi»

Charles Morris questo pomeriggio ha ripercorso le cause della crisi creditizia alla ricerca di nuove idee per un'economia responsabile e nuovamente «reale». Se il risparmio aumenta, la crescita ne risentirà.

Dalla Fondazione Bruno Kessler l'autore di «Crack», Charles Morris, a confronto con Luigi Spaventa ha ripercorso la nascita dell'«economia strutturata» madre dei mutui subprime (i cosiddetti prestiti «ninja»), fino al crollo di Lehman Brothers, storico istituto bancario diventato simbolo della bolla speculativa del nuovo millennio. Ma cosa ci riserva il futuro? Quali sono gli scenari del post crack? Vari sono i processi economici che devono avviarsi perché la crisi possa indirizzarsi verso una soluzione soddisfacente.

Com'è possibile che il disastro concentrato in un settore dei mutui, gli ormai famigerati subprime loans, abbia congelato il mercato del credito, provocato il fallimento di storici istituti bancari e portato il mercato sull'orlo di un collasso finanziario senza che nessuno degli operatori sia intervenuto? Lo ha spiegato questo pomeriggio dalla Fondazione Bruno Kessler l'avvocato ed ex banchiere Charles Morris autore del testo: «Crack. Come siamo arrivati al collasso dei mercati e cosa ci riserva il futuro».
Un libro agile; capace di rendere comprensibili e perfino affascinanti i dilemmi della finanza grazie ad un utile glossario per i termini più tecnici. Ne ha discusso con l'autore Luigi Spaventa (professore di economia all'Università La Sapienza di Roma e membro del Centre for Economic Policy Research di Londra) che nell'edizione italiana ne ha curato la prefazione.

Spaventa descrive il testo dell'avvocato statunitense come un «libro anticipatore», «follemente impietoso verso il sistema americano», addirittura «epocalmente pessimista». Uno dei pochi che avevano intuito un simile tsunami economico individuando la pericolosità della bolla speculativa del nuovo millennio.

Le analisi sulla crisi mondiale sono ormai numerose, ma cosa ci riserva il futuro? All'autore Spaventa ha rivolto una domanda diretta, in merito alla politica statunitense messa in piedi nel post crisi, i salvataggi e le prospettive future.
«La crisi finanziaria è davvero finita o dobbiamo aspettarci nuovi episodi dannosi per l'economia reale?»
Per Morris nessuno può prevedere cosa succederà. Molti economisti non si sono nemmeno avvicinati alla realtà economica; quello dell'ultimo anno è un vero e proprio «fallimento delle previsioni».

Per l'avvocato statunitense è necessario distinguere tra timidi «germogli iniziali» e proposte concrete, rivolte a risolvere la crisi.
«Sembra che la crisi si sia fermata. Negli Stati Uniti 650 mila posti di lavoro sono andati persi, non c'è nessun motivo per essere ottimisti.»
Solo nel 2008 con i segnali di un'imminente recessione, che già bussava alla porta, sono entrate in vigore le prime misure, tra cui il taglio del tasso d'interesse. La palla di neve dei subprime è divenuta una valanga. Questi erano pari al 2% del credito totale interno agli Stati Uniti e anche un totale mancato rimborso sarebbe stato assorbito dai capitali finanziari esistenti, se si fosse capito per tempo che doveva essere sistemata subito questa partita. Solo nel 2008 con i segnali di un'imminente recessione, che già bussava alla porta, sono entrate in vigore le prime misure, tra cui il tagli del tasso d'interesse.

Luigi Spaventa ha in seguito incalzato l'autore spostando l'attenzione al debito privato ormai piaga degli Usa. Citando La Malfa sostiene che quello americano è un vero e proprio problema, «l'America vive al di là dei propri mezzi».
Il settore più indebitato è quello delle famiglie piegate dai mutui fondiari. Per l'ex banchiere ci sono stati sostanziosi guadagni tra il 2000 e il 2008. Questo fenomeno non ha però riguardato gli americani medi. Il 15% della popolazione non gode di un'adeguata assistenza sanitaria, in alcuni casi il 30%. Gli Stati Uniti hanno un'economia molto più flessibile rispetto alla tradizione europea; è più facile licenziare, c'è più dinamicità però, questa, è una flessibilità che colpisce solo alcuni. Ciò- per l'autore- deve cambiare e coinvolgere la spesa pubblica. Si deve modificare radicalmente il sistema del welfare.

La crisi si è preparata per venti anni. Ora non possiamo tornare al punto di partenza, l'attuale amministrazione statunitense sa che non è possibile e lentamente ci si sta spostando verso il settore pubblico.
Per l'autore di «Crack» nel giro di un decennio gli Usa «assomiglieranno ad uno stato conservatore europeo».