Robot Mania: al Festival dell'Economia la visione di Freeman
In apertura una sorpresa: un robot della ITT compare sul palco e dialoga con Boeri
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Il primo incontro di questa edizione del Festival dell'Economia, dopo la tradizionale cerimonia di apertura, è stato dedicato ai robot, anzi, alla «robot mania», come recitava il titolo dell'evento che ha visto protagonista Richard Freeman, economista americano, docente ad Harvard, introdotto da Tito Boeri.
In apertura una sorpresa: un robot della ITT compare sul palco e dialoga con Boeri.
Una presenza «dolce», collaborativa, concepita per assistere gli esseri umani in una molteplicità di occasioni, per introdurre un tema che preoccupa tanti lavoratori: cosa succederà quando le macchine lavoreranno e guadagneranno al posto degli uomini?
Le macchine possono in effetti «batterci» in vari ambiti, e a volte lo hanno già fatto. Anche in tempi più rapidi rispetto a quanto inizialmente non fosse stato previsto.
Ma l'uomo ha dalla sua una straordinaria versatilità. Non esiste, per ora, un robot che possa superare l'uomo in tutte le funzioni che quest'ultimo svolge.
Ma nel tempo, il vantaggio comparativo dato dall'uso delle macchine potrebbe spingere l'uomo verso mansioni via via sempre più residuali. E questo comporterebbe senza dubbio dei problemi sul piano del lavoro e della distribuzione del reddito.
Già oggi l'introduzione dei robot può provocare cali di salari nelle aziende (anche se abbatte il costo dei beni prodotti).
Forse la risposta in futuro verrà da una più forte ibridazione fra uomini e macchine, che consentirà di ottimizzare le capacità di entrambi.
Mentre sul piano economico potrebbe venire dalla condivisione dei nuovi mezzi di produzione, i robot, appunto, con modalità simili a quelle che governano il mercato dei fondi pensione e dei fondi sovrani.
Quali saranno le professioni umane ad essere sostituite dai robot dipende più dall'evoluzione della tecnologia che dall'economia, ha spiegato Freeman.
Gli economisti però devono interrogarsi su quali saranno gli impatti sociali di questa sostituzione.
Ma esiste davvero una sfida tecnologica posta dall'Intelligenza artificiale e dai robot all'uomo? È un problema che la tecnologia ha posto anche in passato.
Dagli studi più recenti risulterebbe che alcune mansioni siano già oggi alla portata dei robot, come fare il bucato (compresa la piegatura), o guidare mezzi di trasporto.
Altre mansioni, come ad esempio quella stessa della ricerca scientifica, potranno essere svolte dalle macchine da qui a 50 anni. Naturalmente non tutti sono d'accordo. Per qualcuno, ha ammesso Freemam, questi sono scenari da fantascienza.
La risposta sta forse nel mezzo.
«Se fai il medico di famiglia probabilmente non potrai essere sostituito da un robot. Ma un supercomputer che ha accesso in maniera veloce a tutta la ricerca disponibile e sa come adoperarla potrebbe rappresentare una alternativa interessante per qualsiasi paziente.»
Dal gioco degli scacchi a quello del go, dai sistemi per il riconoscimento facciale ai ballerini artificiali, protagonista dei musical del futuro, gli scenari possibili sono moltissimi. Ma in genere i sistemi più avanzati sono altamente specializzati solo in una cosa. L'uomo, invece, ha il vantaggio della versatilità.
Sul versante economico, è troppo semplice dire che i robot faranno sparire milioni di posti di lavoro. Ci saranno alcune mansioni, altamente specializzate, per le quali il vantaggio comparativo dato dall'uso delle macchine sarà determinante.
Ma in molti altri ambiti l'uomo non sarà sostituibile. E saranno forse ambiti apparentemente molto semplici, come camminare o prendere a calci una palla.
La domanda, a questo punto è: in futuro all'uomo rimarranno solo le briciole, le mansioni più marginali?
Da un lato, il reddito degli esseri umani crollerebbe. Dall'altro, si manifesterebbero anche altri problemi, come l'impatto generato dalla morte del lavoro sul tempo di vita.
In futuro forse si andrà verso una sempre più forte ibridazione uomo-macchina. Uomini con chip, impianti artificiali che gli consentiranno di svolgere alcune mansioni come le macchine, e viceversa, macchine che si umanizzeranno sempre di più.
Quello a cui si assiste per ora, laddove l'intelligenza artificiale fa il suo ingresso in maniera importante, è ad un generale declino del reddito da lavoro, ma soprattutto sul breve periodo. Sul medio-lungo periodo la situazione si stabilizza.
Qualcosa del genere avviene con la disoccupazione. Sul medio periodo si creano anche nuovi posti di lavoro, a patto che si investa nello studio, nella formazione del capitale umano. Le professioni informatiche, soprattutto, cresceranno sempre di più.
Il problema si sposta allora sulla distribuzione del reddito e sulla crescita delle disuguaglianze, definita come straordinaria. Sempre più denaro si incanala verso una percentuale molto esigua di persone, i «padroni delle macchine».
Una possibile soluzione potrebbe essere condividere almeno in parte i diritti di proprietà con i lavoratori.
Discorsi «vecchi» ritornano con vesti nuove: comproprietà e cogestione dei mezzi di produzione. Il modello è dato dai fondi pensione negli Usa e dai fondi sovrani, che generano un effetto simile a quello del reddito di cittadinanza, garantendo a tutti i cittadini livelli di sostentamento adeguati.