Grande folla al Sociale per il giornalista Federico Rampini

La vitalità del capitalismo dipende dalla democrazia: «Non sprechiamo una buona crisi»

«Se non c'è nesso tra il sistema degli incentivi - ha detto Rampini - e un simmetrico sistema di castigo che colpisce chi distrugge ricchezza allora il sistema gira a vuoto, mette a udo la realtà che è sotto i nostri occhi e a quel punto non vince più il principio di responsabilità.»
Il relatore, stimolato da Fabrizio Galimberti (autore del libro «SOS economia, la crisi spiegata ai comuni mortali» presentato in questa quarta edizione del Festival) ha illustrato come il conto dei risultati fallimentari del management americano sia stato trasferito alla collettività.

Secondo Rampini in questo modo si è stravolto il sistema di incentivi e deterrenti che è il fondamento dell'economia di mercato e in questo modo il capitalismo diventa responsabile.
«Si è persa la capacità del mercato di allocare le risorse in modo efficiente, premiando le aziende sane e punendo quelle insolventi con la promessa implicita che sarà il governo a salvare quelle troppo importanti per permettersi il fallimento.»

Rampini nella sua relazione ha ribadito più volte che non siamo fuori da guado e che non sono state affrontate le cause vere. Secondo Rampini la crisi ha messo a nudo n'impostura che non può durare e cioè quella di dare ancora credito a consigli di amministrazioni di S.p.A. che hanno fallito. La logica selettiva del capitalismo poteva funzionare se avesse mantenuto fede alle promesse.
«Una rottura si è consumata - secondo l'editorialista di La Repubblica - fra la società occidentale e l'élite che guida le grandi aziende.»

E, se è vero che tra gli effetti collaterali della crisi c'è stato un indebolimento della democrazia, è anche vero che un segnale importante del cambiamento epocale nella società americana è l'elezione, il 4 novembre 2008, di un presidente nero di 47 anni. Ciò significa che anche nei momenti più bui, una parte della società civile americana ha continuato a credere che il cambiamento fosse possibile.
Questa parte di società ha organizzato dal basso, e già da parecchi anni, forme di consenso per una politica nuova. Ci ha creduto fino in fondo e ha avuto ragione.

Il capitalismo, secondo Rampini, ha molte anime e una capacità straordinaria di cambiare. Il cambiamento però avviene quasi sempre dallo scontro fra logica democratica e capitalismo cioè, il capitalismo cambia quando la democrazia lo costringe.
Rampini ha esortato a non smettere di studiare gli anni Trenta del secolo scorso perché le analogie e i parallelismi con la crisi del terzo millennio sono tanti. C'è la necessità di imporre riforme strutturali, nuove regole finanziare e implementare gli interventi sul welfare: esattamente come fece Franklin Delano Roosvelt.

«Attenzione - ha continuato Rampini - a non limitare questa crisi alla sfera finanziaria. La crisi è ben più ampia e fa riferimento all'etica del capitalismo.»
Il giornalista ha messo in guardia dal salutare «come una manna dal cielo» questa crisi perché la decrescita produce solo stagnazione e ha sollecitato la platea a soluzioni di consumo frugale perché - ha detto - «il risparmio è frutto di una saggezza antica. In questo senso c'è molto da imparare dal popolo asiatico».