L’autonomia del Trentino oggi – Di Mauro Marcantoni – 1

Gli antefatti, fino all’accordo di Parigi tra Alcide Degasperi e Carl Gruber

La vocazione all’autonomia e all’autogoverno del Trentino-Alto Adige/Südtirol ha radici in tradizioni, usanze civiche e regole che le diverse comunità, i diversi gruppi etnici che lo abitano da secoli – le popolazioni di lingua italiana e di lingua tedesca, anzitutto, ma anche i Mòcheni, i Cimbri e i Ladini – seppero darsi e conservare, anche a dispetto dei rivolgimenti politici che interessarono la Regione.
Durante il secolo della appartenenza all’Impero austro-ungarico, il Tirolo storico godeva di significative prerogative di autogoverno: le scuole e la giustizia erano amministrate nelle lingue locali, gli Statuti comunali e le consuetudini delle Magnifiche Comunità garantivano inoltre ai residenti particolari diritti di sfruttamento delle risorse naturali dei territori di appartenenza.
 
Tuttavia, anche se in un contesto relativamente privilegiato per il tempo, i trentini, di lingua e cultura italiane, manifestavano la loro insofferenza per il fatto di essere minoranza ed esigevano tutele maggiori. Tra la seconda parte dell’Ottocento e i primi anni del Novecento, di grande rilievo fu la nascita e lo sviluppo dell’irredentismo trentino, che rivendicava l’appartenenza allo Stato italiano.
Alla fine della Prima guerra mondiale, con l’annessione all’Italia dell’intera regione, la situazione si capovolse: la minoranza linguistica e culturale minacciata divenne quella tedesca.
Re Vittorio Emanuele, nel suo discorso del 1° dicembre 1919, garantì comunque alle nuove province «una scrupolosa salvaguardia delle istituzioni locali e dell’amministrazione autonoma».
L’avvento del fascismo rese però vani questi propositi.
 
In Trentino il centralismo del regime si tradusse nella totale soppressione di tutte le forme di autonomia e in Sudtirolo in una politica di italianizzazione attraverso il massiccio insediamento di italiani provenienti da altre regioni e la messa al bando della lingua tedesca.
Nel 1939, Italia e Terzo Reich firmarono il famigerato «Patto delle Opzioni»: la maggioranza dei residenti sudtirolesi di lingua tedesca e ladina, emarginata ormai politicamente, socialmente ed economicamente, si dichiarò favorevole a emigrare verso i territori del Terzo Reich.
Fu una delle pagine più tristi e drammatiche della storia recente del Sudtirolo. Quasi 75 mila sudtirolesi si trasferirono in area tedesca.
Anche circa 25 mila trentini delle zone mistilingue optarono per la Germania.
A rallentare le operazioni di esodo intervenne però lo scoppio della Seconda guerra mondiale.
 
A seguito dell’armistizio firmato dall’Italia con gli Alleati l’8 settembre 1943, l’intera regione venne di fatto annessa al Terzo Reich.
Per il Trentino si trattava di un vero e proprio sopruso, mentre per la stragrande maggioranza dei sudtirolesi di un «ritorno a casa».
In quel momento, in Sudtirolo, la frattura fra «Optanti» e «Dableiber» (coloro che avevano optato per l’Italia, considerati traditori) diede luogo a un clima di sopraffazione, con episodi generalizzati di tragico revanscismo, sotto la spinta delle «Ortsgruppenleitungen» naziste.
 
All’indomani della fine del Secondo conflitto mondiale, istanze autonomistiche riemersero prepotentemente sia in Trentino che in Alto Adige, con accenti però sensibilmente diversi. In Alto Adige prevalsero infatti le spinte secessioniste per ottenere l’annessione all’Austria.
Le istanze trentine, invece, si concentrarono sul riconoscimento per tutta la regione di un’autonomia speciale in ragione delle sue secolari tradizioni di autogoverno.
Tali istanze furono raccolte, in particolare dall’Associazione Studi Autonomistici Regionali (ASAR), un movimento che ebbe, almeno inizialmente, un grande seguito popolare e che aveva come obiettivo l’autonomia regionale entro lo Stato italiano da Ala al Brennero, compresa la zona ladina dell’Ampezzano.
 
Era, peraltro, ancora aperta la questione del confine italo-austriaco.
L’Austria, che già in precedenza aveva avanzato formale richiesta di plebiscito per l’Alto Adige, chiese la rettifica del confine del Brennero e l’annessione del territorio sudtirolese.
Il Consiglio dei Ministri degli Esteri delle potenze alleate, dopo aver respinto questa richiesta, il 24 giugno 1946 decise in via definitiva di mantenere immutato il confine del Brennero.
A farsi carico delle aspettative e delle speranze delle popolazioni della regione fu il neoeletto Presidente del Consiglio Alcide Degasperi, personalità trentina consapevole che la «questione altoatesina» stava al centro di delicati equilibri internazionali.
E sapeva anche che l’Italia non poteva recitare una parte di primo piano, visto il disastroso ruolo avuto nel corso del conflitto. La sola strada era quella di giungere a un’intesa con l’Austria, che in effetti si concretizzò in quello che è passato alla storia come «Accordo di Parigi» o «Accordo Degasperi-Gruber».

Rielaborazione giornalistica dei contenuti del volume di Mauro Marcantoni STORIA, della Collana Abitare l’Autonomia - IASA Edizioni, Trento.