Il cammino di Assisi / 4ª puntata – Di Elena Casagrande
A Montecasale contempliamo la valle assieme a Francesco. Da qui riprendiamo diretti a Città di Castello e poi a Gubbio, sulle orme del lupo «che uomini e donne straziava»
Il chiostro dell’Eremo di Montecasale.
(Link alla puntata precedente)
L’Eremo di Montecasale è quasi una porta verso l’infinito
Non vediamo l’ora di vedere il Convento di Montecasale. A sentire la custode del Museo Civico di Sansepolcro lassù troveremo un’atmosfera unica. Infatti è esattamente così.
La terrazza, con vista sulla valle, sembra un gateway (una porta) per l’infinito.
Qui San Francesco fondò il suo convento nel 1213. L’anno prima l’Abate camaldolese di Sansepolcro gli aveva donato il complesso (già sede di una fortificazione e poi di un eremo con un ospizio per i pellegrini «romei» diretti a Roma), dopo averlo sentito predicare in città.
Francesco, che amava i luoghi poveri e abbandonati, aveva accettato. Il tempo qui non esiste. Ho la sensazione che Sant’Antonio sia appena uscito dalla sua cella, che i tre ladroni convertiti siano raccolti in preghiera nella cappella e che San Francesco se ne stia nell’orto, a testare l’obbedienza di due papabili novizi, piantando cavoli «alla rovescia».
Il raggio di sole ci accompagna anche nei boschi umbri.
Sul cammino devo ricordarmi di essere prudente e di non rimanere sola
Dopo l’Eremo, il sentiero si inerpica bruscamente. Volendo fotografarlo mi accorgo di aver scordato il telefono dai frati.
«Non ha senso che scendiamo in due. Stai qui. Recupero il tuo cellulare e salgo di corsa», – dice Teo.
Rimango a lato del sentiero. Ad un certo punto sento dei rumori che mi allarmano.
«Non può essere già qui, – penso. – Avrei dovuto seguirlo.»
Mi posiziono dietro un cespuglio in attesa di vedere che succede. Per fortuna è la pellegrina di Hannover conosciuta ieri al corteo storico di Sansepolcro.
Sta facendo la Francigena di San Francesco. Si ferma e mi fa compagnia.
In meno di mezz’ora Teo ci raggiunge. Si passa tra boschi e ruderi fino ad Abbadiaccia. Il sentiero CAI 101 diretto a Celalba è segnato male. Cicchiamo il paese.
Ci spingiamo verso Pitigliano (dove non entriamo), per poi risalire a Selci Lama. Lì, finalmente, troviamo il bar per dissetarci. D’ora in poi è tutto un camminare tra campi di tabacco e di fave fino a Città di Castello.
In periferia dei bambini vendono la limonata, stile USA. Mi fanno tenerezza e ne compero due bicchieri.
Il cammino lungo i campi di tabacco.
A Città di Castello l’accoglienza al rifugio lascia un po’ a desiderare
In città si mette a piovere. Troviamo riparo alla Chiesa del Convento delle Clarisse Murate, un tempo dedicata al nostro San Giacomo.
Finito il temporale cerchiamo l’ostello. Giordano, che ha fatto nascere il Cammino di Assisi, al telefono ci dà il codice per prendere la chiave ed entrarci.
Neanche il tempo di digitarlo che arriva di gran carriera una signora anziana. Indispettita comincia a farci il terzo grado senza nemmeno salutare.
«Chi vi ha dato il codice?»
Le rispondo: «Giordano!»
Ma lei non si placa: «Non si fa così. Dovete lasciare la chiave nel bussolotto!»
«Ok. Ma almeno ci faccia entrare!»
«Andiamo a farci una doccia» – mi fa Teo, non accettando il contraddittorio con la vecchietta, che digrigna i denti a mo’ di rottweiler.
Se ne va e poco dopo arriva un signore. Abita qui vicino e ci fa inserire il denaro del pernotto in una cassetta metallica.
Finalmente esce il sole. Usciamo. Dopo un giretto in centro scegliamo di cenare al «Grottino».
Prendiamo bruschette miste per due, Teo bucatini con salsiccia e pistacchio ed io pici, ricotta e noci: tutto ottimo. Siamo in Umbria ed anche le ceramiche del ristorante lo testimoniano, con i loro colori e le loro forme sinuose.
Scorcio di Città di Castello.
In zona ci sono indicazioni di molti cammini e il rischio di perdersi è alto
L’uscita da Città di Castello è agevole, almeno fino al maneggio. Incontriamo un cavaliere.
È cartografo e commenta, con noi, il fatto che in zona siano segnalati 7 cammini!
«Ma non potrebbero accordarsi per un unico tracciato?» – Gli chiedo.
Lui annuisce: «Vero, tutto ciò crea molta confusione tra camminatori e pellegrini.»
Infatti, poco dopo, tra i segnali del sentiero CAI 109 che perdiamo e le nostre piccole frecce verdi che si camuffano tra il fogliame, finiamo su un sentiero in salita nel bosco, senza alcuna vista, senz’acqua e senza indicazioni.
Mi arrabbio. Per fortuna, in qualche modo, arriviamo a Candeggio.
Vicino alla chiesetta, troviamo il futuro «eco-villaggio» di Roberto e della sua famiglia.
Quando ristruttureranno la vecchia torre, apriranno un albergo per pellegrini. Ci offrono del succo di pesca fatto in casa e noi lasciamo volentieri un’offerta per i prossimi lavori.
A fine paese, dove c’è una fontanella, ritroviamo la Via di Francesco (che si divide in Via di Roma, Via del Sud e Via del Nord) e 7 camminatori di Caserta, intenti a percorrere la Via del Nord.
La segnaletica dei cammini in Umbria.
Davide, dell’Agritur «Il Pioppo», ci fa prendere appunti per la tappa di domani
A Ca’ Riccio decidiamo di «tagliare» per risparmiare un bel po’ di «orecchie» che allungano troppo il percorso.
Da lontano scorgiamo la Pieve de’ Saddi. Un tempo, questa, era chiamata la «Conca d’oro», per il colore giallo dei campi di grano che vi si coltivavano.
Peccato che il cielo si stia rannuvolando. Corriamo all’Agritur «Il Pioppo», per evitare il temporale.
Ci aspettano Davide, un professore di matematica in pensione, e la moglie Lilly, intenta a cuocere le ciacce per una comitiva che arriverà per cena.
Hanno deciso di accoglierci, nonostante l’impegno serale, a patto di cenare in appartamento: la sala, sotto, sarà occupata.
Davide è gentilissimo. Ci spiega pedissequamente la tappa di domani e ci fa prendere appunti, da buon professore.
Il nostro miniappartamento ha le stanze affacciate sul giardino. Davanti troneggia il grande pioppo che dà il nome al casale. Non vola una mosca, almeno fino all’arrivo degli ospiti.
Lilly intenta a cuocere le ciacce.
Arriviamo a Gubbio, terra di lupi e santi
Piove e ritardiamo la partenza, sperando smetta. Dato che non c’è speranza, partiamo con le cappe indossate.
Ci fermeremo solo in caso di grandi scrosci d’acqua. Con tre soste riusciamo ad imboccare la strada interpoderale per Mocaiana.
Alle 15 finalmente scorgiamo il teatro romano di Gubbio. Ci siamo.
Sulla strada ci chiama Don Marco, che abbiamo sentito ieri e che ci dà le indicazioni per trovare il rifugio.
Intanto penso al lupo di Gubbio e a San Francesco. Malgrado sia una località già vista e stravista, Gubbio riesce sempre a farsi ammirare con lo stesso stupore della prima volta.
Visitiamo la Cattedrale, il Palazzo dei Consoli ed il Museo dei Ceri, che celebra la «folle» corsa millenaria dei Ceri (alte colonne di legno, coronate con la statue di Sant’Ubaldo, San Giorgio e Sant’Antonio Abate), che ogni 15 maggio riempie la città all’inverosimile.
A cena, anche se siamo pellegrini, prenotiamo alla «Taverna del Lupo», ristorante del Buon Ricordo. Me la fece conoscere papà, tanti anni fa.
L’uovo soffiato al tartufo è una specialità imperdibile!
L’uovo soffiato della Taverna del Lupo.
Talvolta, tra i pellegrini, si celano persone problematiche e persino truffatori
Alloggiamo all’Oratorio di Santa Maria del Prato. C’è un pellegrino che è ospitato lì da un po’. Dice di essere spagnolo.
Sarà, ma parlando con lui in castigliano non mi sembra affatto. Lui, invece, mi chiede se lo sono io! C’è qualcosa che non va.
Fa il domatore di cavalli e mi racconta di aver lavorato all’ippica di Ischia. Sta andando a Canterbury. Le sue parole mi gelano il sangue. Ripenso a quanto successe ad un proprietario di una finca vicino a Tudela, in Navarra (Spagna), lungo il Cammino dell’Ebro.
Questo signore ci raccomandò di stare molto attenti, sul cammino, anche ai pellegrini! Disse di averne ospitato uno, sedicente domatore di cavalli, per quasi un anno, affinché si occupasse dei suoi animali.
Visto che non lavorava mai nella stalla o nel recinto dei cavalli, si insospettì. Frugando nella sua valigia, trovò delle carte dell’Ippica Aragonese di Saragozza. La contattò e venne a sapere di alcuni furti subiti, pare, proprio ad opera di quell’uomo.
«Capisci Teo? Ti ricordi? Stanotte stai attento al portafoglio e ai documenti.»
«Sarà una coincidenza!» – Mi risponde, ovviamente per tranquillizzarmi.
«Forse»
Ma fatico ad addormentarmi. Nonostante l’operato di Francesco, pare che in zona ci siano ancora lupi.
Elena Casagrande
(La 5ª puntata del Cammino di Assisi sarà pubblicata mercoledì 26 aprile 2023)
Il fascino di Gubbio con il cielo grigio.