Autonomie di Trento e Bolzano, una storia da rileggere oggi / 12
«La grande retata» – Di Mauro Marcantoni
Le ripercussioni della «Notte dei Fuochi» del 1961 furono fortissime, anche a livello internazionale.
Quando, il 24 giugno, Austria e Italia si ritrovarono a Zurigo per riprendere il dialogo sulla questione altoatesina, le posizioni risultarono ancora più distanti del solito.
Roma accusò Vienna di mantenere un atteggiamento ambiguo nei confronti del terrorismo in quanto anche i recenti attentati risultavano essere stati organizzati con materiali di comprovata provenienza austriaca e pretese che l’Austria si impegnasse a mettere in atto efficaci misure preventive contro il terrorismo e cooperasse nella ricerca dei responsabili.
Da parte sua, l’Austria obiettò che il Governo di Roma non disponeva di prove sufficienti e lo accusò di aver adottato misure di controllo poliziesco indiscriminate ed eccessive.
Così, vista l’inconciliabilità delle posizioni, il Ministro degli Esteri Kreisky dichiarò chiusa la fase dei negoziati bilaterali e, appellandosi alla seconda parte della Risoluzione, propose formalmente la nomina di una commissione internazionale di inchiesta.
L’Italia respinse la proposta: il negoziato bilaterale, secondo Roma, non poteva, né doveva ritenersi esaurito.
Per l’Italia, d’altra parte, la sola sede eventualmente idonea per risolvere la controversia, nel caso in cui non si fosse trovato un accordo, sarebbe stata, data la centralità delle questioni giuridiche, la Corte internazionale di Giustizia.
L’intento, nemmeno troppo velato, di Vienna era invece quello di ritornare all’ONU, sperando in una modifica della Risoluzione che tenesse maggiormente conto delle tesi austriache, anche visto il clamore suscitato dagli ultimi episodi di terrorismo.
Terrorismo che non accennava a terminare.
Il 7 luglio si verificò una nuova grande offensiva, questa volta non in Sudtirolo, ma nell’alta Lombardia, ai confini con la Svizzera, e in Trentino, al confine con la provincia di Verona.
Nella notte, una serie di esplosioni bloccò le linee ferroviarie del Sempione e del Brennero. Fortunatamente, i convogli in transito furono fermati appena in tempo per evitare rovinosi deragliamenti.
L’11 luglio, una seconda ondata di attentati colpì le stazioni ferroviarie di Como, Novara e Verona.
Dopo il totale fallimento delle trattative a Zurigo, la ripresa degli atti terroristici aggravò ancor di più i rapporti tra Italia e Austria.
Nei mesi di luglio e di agosto ci fu, tra i due Paesi, un ricorrente scambio di note. L’Italia invitava nuovamente l’Austria ad astenersi da qualsivoglia forma di sostegno morale e materiale alle organizzazioni terroristiche, insistendo perché cooperasse nella ricerca dei responsabili.
In una nota del primo agosto, l’Austria rispose emblematicamente che «la propaganda a favore del diritto di auto-decisione non poteva essere in contrasto con il diritto, essendo tale principio sancito dalla Carta dell’ONU».
Due settimane prima, infatti, l’Austria aveva deciso di ricorrere nuovamente all’ONU, chiedendo di iscrivere all’ordine del giorno dell’Assemblea Generale la questione dello Statuto della minoranza di lingua tedesca dell’Alto Adige.
Alla metà di luglio, intanto, i carabinieri riuscirono a portare a compimento una grande operazione di polizia, che sarebbe stata poi ricordata come la «grande retata».
Dalle indagini era emerso che i terroristi erano stati addestrati in una scuola di sabotaggio appositamente allestita a Innsbruck.
Decine e decine di persone vennero arrestate: tra gli altri, il Segretario generale della Volkspartei Hans Stanek, che teneva nascosto nella propria abitazione un pacco di manifestini identici a quelli lanciati in occasione degli attentati alla ferrovia del Sempione, una decina di membri dell’esecutivo della Volkspartei, e numerosi appartenenti agli Schützen, ufficiali superiori e soldati semplici.
Nel corso delle perquisizioni, vennero ritrovati oltre due tonnellate di esplosivi, alcuni chilometri di miccia, migliaia di detonatori, congegni a orologeria, munizioni e armi di vario tipo.
Per l’organizzazione terroristica fu un colpo durissimo.
Dopo oltre un mese di stato di allarme, gli attentati registrarono una fase di sospensione, anche se era sempre più urgente trovare una soluzione politica alla questione sudtirolese.
Mauro Marcantoni
(Puntate precedenti)