Belle Epoque. (Erotica storia d’amore di fine ottocento)
Settima Puntata
Alcuni giorni dopo avevamo fatto
l'amore sul tardi, verso le 10 di sera. Una cosa veloce, che sono
quelle che dovrebbero dare più risultati. Io avrei gradito che si
mettesse sopra, ma lei aveva voluto ancora restare passiva. Mi
domandai se si trattasse di una forma di pudore reverenziale nei
confronti di suo marito o il non volermi dare troppa confidenza.
Niente di importante, ma per una qualche ignota ragione avrei
voluto darle il massimo, farle esprimere tutta la femminilità
erotica che possedeva. Insomma, avrei voluto che lei non mi
considerasse come uno stupido oggetto, quello che invece ero e che
a ben vedere ero sempre stato.
E invece proprio quella sera fu lei a prendermi di contropiede.
Lungo la giornata eravamo stati gioviali, avevamo girato il parco e
avevamo parlato di politica, di letteratura, di arte e di moda,
rivelando così che in realtà eravamo preparati in ambiti opposti.
Io non vedevo l'ora che arrivasse la sera, ma avevamo deciso di
procedere all'accoppiamento non prima delle 23, per mantenere la
giusta distanza dalla precedente.
Quando bussai
alla sua porta all'ora giusta ed entrai, lei stava seduta in
poltrona in vestaglia con le gambe accavallate lasciando
vezzosamente scoperta una caviglia. Mi sedetti anch'io.
«Tutto bene?» - chiesi.
Annuì.
«Sempre pronta?»
Annuì ancora.
«Qualche desiderio speciale?» - chiesi con finta magnanimità.
«Sì.»
«Sì? E cosa, di grazia?»
«Vorrei vedervi mentre vi fanno... Mentre vi fellano. Si
può dire così?»
Trasalii.
«Che cosa? Sei impazzita?»
Cercai di sorridere ma mi riuscì solo un sorriso d'imbarazzo. Con
qualsiasi altra donna non ci sarebbero stati problemi, ma lei era
lei…
«Sentite, ho consumato tutte le energie della mia volontà a
chiedervi quello che vi ho appena chiesto. Se volete, fatelo;
altrimenti, procediamo.»
«Ma cosa ti salta in testa?»
«Ci ho pensato. Sentite: con tutta probabilità, questa sarà l'unica
mia occasione di fare sesso nel vero senso della parola. In tutti i
modi, in tutto e per tutto. Tanto, alla fine vi getterò via come un
fazzoletto.»
Mi guardò con ostentata sicurezza.
«Come hai detto?»
«Scusatemi, ma dovete cercare di comprendermi. Non mi capiterà mai
più l'occasione di potermi fare un uomo che mi piace e di fargli
quello che mi pare senza per questo essere considerata una…
troia.»
«Ehi! Ma che parole dici!»
«È quello che dite voi uomini. Quando non ci sta è una… stronza? Ma
quando ci sta…»
«Io non ho mai considerato troia una donna che a letto si diverte
come un uomo!»
«Voi forse no, e questa è una ragione di più.»
«Occazzo…»
«Adesso non usate voi le parolacce. - Mi fermò. - A questo punto
voglio fare tutto. Anche se dovesse non piacermi affatto.
Devo, mi capite?»
Provai un indescrivibile senso di imbarazzo nel rendermi conto
dell'importanza che quei quindici giorni avrebbero assunto nelle
nostre vite. Capii che da quel momento nessuno dei due sarebbe più
stato oggetto di nessun altro.
«Ortensia, io... - pensai ad alta voce. - Sì. Sì, potrei fare
qualcosa del genere. Ma ti rendi conto di quello che mi hai
chiesto?»
«Sì. Ci ho pensato abbastanza e se ci penso ancora non lo faccio
più.»
«Brava, hai ragione. Non pensarci più.»
«Lo voglio. Chiamate Novella in camera vostra. Fatevelo fare. Io vi
guarderò di nascosto da qui.»
Ero incazzato nero. C'era qualcosa che non quadrava, anche se nel
sesso ogni volta è un caso a sé. Presi una decisione.
«Accetto, - dissi, - ma ad una condizione.»
«Bene! - Rispose lei felice. - E quale sarebbe la condizione?»
«Prima devi lasciarmi fare una certa cosa. Alzati, per
favore...»
Si alzò e si mise tra le mie braccia.
«Siediti nel letto e sdraiati
sulla schiena.»
L'accompagnai con le braccia fino a farla sdraiare. Le scoprii le
gambe e le cosce. Lei provò il mai fugato attimo di pudore e
strinse le cosce. Ma il cuore le pulsava.
«Rilassati.»
Appoggiai il viso tra le cosce chiuse e diedi un bacetto. Senza
fare forza le feci schiudere le gambe per far posto al mio viso. Mi
avvicinai al sesso e lo strofinai col naso per farmi sentire.
«Cosa fai?» - Mi chiese appoggiando il palmo di una mano sulla mia
guancia.
«Ti bacio.» - Risposi guardandola in viso da laggiù.
«Fermo, non fatelo.»
Strinse nuovamente le gambe e provò a sollevarmi il viso.
Le baciai il basso ventre.
«Rilassati.» - replicai, e la baciai.
«No.» - ripeté, ma stavolta si limitò ad accarezzarmi la guancia e
mi lasciò fare.
«Questa è la mia condizione.»
Sempre con la sua mano che mi accarezzava il viso, iniziai a
baciarle un interno e poi l'altro delle gambe raccolte. Quando
arrivai dove volevo, riuscì solo a sussurrare No! Ma era
più un gemito di piacere che una richiesta di smettere.
Baciai a lungo e lentamente, facendola a volte rabbrividire, a
volte sobbalzare. Poi iniziai a tracciare lettere d'amore con le
labbra, finché non sentii di avere la sua sensibilità sulla punta
della lingua. Proseguii finché non la sentii venire. Mi fermò
dolcemente con una mano solo alla fine.
Le lasciai calmare un attimo le pulsazioni, poi mi distaccai.
«Ora possiamo passare alle tue richieste. - Decisi. - Ma se non ti
è piaciuto, giuro che non te lo farò più.»
In realtà, da quel momento glielo feci tutte le volte, come
preliminare o per pura voluttà. Era una cosa che lei non sospettava
neanche si potesse fare ed era più che probabile che nessuno glielo
avrebbe fatto mai più.
«Ora faccio salire la mia
fedele servetta.» - Le comunicai. E aprii la porta.
«Fermati.»
«Ma come! Ci hai ripensato dopo che io…»
«Sì, ci ho ripensato. Vieni qui. Sono eccitatissima.» - disse,
priva di pudore.
Mi buttò giù di schiena montandomi sopra.
«Cosa vuoi fare?» - le chiesi sorpreso.
«Zitto. Ora vi monto io. Si dice… a… smorzacandela,
vero?»
Mi si mise sopra allargando le gambe e si sedette sui talloni. Poi
si portò avanti per appoggiare il suo considerevole seno sul mio
petto. Mi eccitai anch'io per la piacevole sorpresa e per il suo
entusiasmo, quindi mi mossi per aiutarla mentre cercava di avermi
in quella posizione. In un attimo ero dentro. Lei continuava a
darmi botte sempre più forti. Reagii dando anch'io colpi dal basso.
Le misi le mani sulle tette ma poi, ricordandomi cosa mi aveva
detto giorni prima, le ritrassi.
«Strizzamele pure! - Gridò lei ansimando. - Avevo scherzato. Avevo
solo voluto restituirvi la lezione sulla spremitura dei
testicoli…»
E me le mostrò con ostentazione.
Vi appoggiai le mani e la tenni lontana così, sicché iniziò
nuovamente ad ansimare sempre di più fino a venire. Pian piano si
lasciò andare sul mio petto soddisfatta.
Dopo una breve pausa, e con me sempre dentro di lei, l'accarezzai.
- «Posso farti notare che sono io quello che deve venire?»
«Certo, - disse, sfilandosi dolcemente. - Ma chi vi ha detto che
ogni tanto non possa essere io a dirigere il gioco? Volevo venire e
non ho mai avuto un orgasmo del genere.»
L'accarezzai. Lei piano piano scese con la testa e riposò un po'
appoggiando la guancia sul mio ventre. Mi lasciai andare e finsi di
non accorgermi cosa avesse intenzione di fare. Al mio pene,
tuttavia, non potevo contar balle e infatti si mosse andando ad
avvicinarsi pericolosamente alle sue labbra.
Finsi di accorgermene solo quando ce l'aveva in bocca.
«Ehi! - Dissi col fiatone. - Ma non doveva essere Novella la
fellante…?»
Il mio glande stava godendosela tra lingua e palato. Il suo sedere
stava sulle mie caviglie. Sollevò la bocca dal pasto per rivolgermi
la parola.
«Vi faccio venire se proseguo così?» - E riprese a succhiare sempre
più impegnata.
«Sì. - sussurrai. - Sta' attenta.»
Ma poi non riuscii ad impedirmi di prenderle la testa per i capelli
della nuca e sbatterla su e giù per una manciata di secondi, poi la
mollai.
«Sto per venire. - l'avvisai. Ma ormai sapevo dove mi avrebbe
ricevuto. - Vengo!»
E mi lasciai andare con le braccia allargate sul letto, sobbalzando
per gli spasmi dell'orgasmo. Mi pareva che volesse esplodere.
Per la prima volta in questi casi, mi sentii semplicemente
amato.
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(Continua)
Nel quadro in alto: Jouillard in red di Giovanni
Boldini.