Quella voglia di pace... che ancora non c'è
Le guerre che si stanno combattendo e quelle che si stanno preparando. La belva umana non è proprio sazia di sangue
Le guerre continuano imperterrite ad apparire e scomparire con la regolarità di fiumi carsici. Anche in Europa.
La guerra scoppiata in Ucraina ha colto tutti di sorpresa, perché l’Europa sembrava aver dimenticato il ricorso alle armi nella risoluzione di vertenze internazionali.
Che tra Ucraina e Russia ci fossero problemi, lo sapevamo tutti. Ricordo che lo stesso Durnwalder si era mosso per dimostrare alle parti come fosse possibile la convivenza pacifica di etnie diverse.
Tempo buttato via, perché la scomparsa dell’unione Sovietica aveva tolto il collante di paesi che, pur avendo una lunga e gloriosa storia comune nei secoli, avevano troppe rivalità.
Ma che Putin potesse pensare di piegare l’Ucraina in una guerra lampo, proprio non ce lo aspettavamo.
E, come tutte le operazioni militari, abbiamo visto, nulla è andato come previsto. E nulla è prevedibile.
Le ultime notizie sono contrastanti. Entrambi dichiarano di voler trattare la pace, ma sappiamo che entrambi vogliono ottenere più di quanto possano ottenere o concedere.
Con la ciliegina sulla torta di Putin che, dopo aver minacciato chissà cosa per punire l’Europa che ha messo un tetto al prezzo del gas, ha dichiarato di essere disponibile... a fornire gas a profusione. Risultato? Fa crollare i prezzi del gas, perché ha aumentato l'fferta mentre la domanda è in calo.
Ma i venti di guerra non soffiano solo in Europa Orientale.
Proprio ieri la Cina ha voluto dare sfoggio di potenza facendo sorvolare l’isola indipendente di Taiwan da 71 aerei da combattimento.
Si tratta di una intimidazione senza precedenti, spiegata da una dichiarazione di Pechino che afferma di aver condotto l’esercitazione in risposta a provocazioni e collusioni tra gli Stati Uniti e le autorità dell’Isola.
Pechino considera Taiwan una provincia cinese a tutti gli effetti e vuole che torni a far parte della Cina in tempi brevi.
La dimostrazione di forza è rivolta agli USA che hanno espresso la propria contrarietà a qualsiasi azione della Cina nei confronti dell’alleata Taiwan.
Solo l’11% della popolazione taiwanese gradirebbe far parte della Cina, per cui la maggioranza è del tutto indipendentista.
La situazione è decisamente critica e domani si riunisce il consiglio di sicurezza di Taiwan.
Resta da vedere cosa farà l’alleato americano per rispondere alla provocazione.
E torniamo vicino a casa nostra. Molto vicini.
Come si sa, al crollo della Jugoslavia il Kosovo ha voluto la propria indipendenza come gli altri stati, ottenendola nel 2008.
Ma la Serbia non ha mai accettato di perdere la sovranità sul Kosovo, tanto che dovette intervenire l’ONU inviando sul posto una forza militare di Caschi Blu.
Alla missione ONU, definita Kfor, partecipano in maniera consistente le Forze Armate italiane.
Oltre a collaborare alla ripresa civile del Paese, l’Esercito italiano ha garantito non solo la sovranità ma anche il rispetto per le Istituzioni e la legalità.
Ma la Serbia non ha mai smesso di volere mettere le mani sul Kosovo. Le azioni di disturbo si sono sempre susseguite, anche se in maniera più formale che operativa.
Adesso però ha alzato la voce. Prendendo la scusa di un arresto ritenuto ingiusto, Belgrado ha chiesto consiglio allo Stato Maggiore dell’Esercito, il quale ha proposto il dispiegamento delle truppe sul confine con il Kosovo.
Insomma, per stessa ammissione serba, si sarebbe a due passi di un nuovo conflitto armato.
E, visto che l’Italia è impegnata a mantenere l’indipendenza del Kosovo per conto dell'ONU, la situazione non ci lascia affatto sereni.
G. de Mozzi