Modi de dir 'n trentìm/ 34 – Di Cornelio Galas
34ª e ultima puntata dei modi di dire e frasi fatte della tradizione dialettica trentina
>
MA DEVO MÉTERVE LA MERDA SOTO AL CUL PER FARVE CAGAR? – Modo volgare per dire ai tuoi di pendenti di svegliarsi vuoti e di non chiedere aiuto per ogni cosa.
DAMELA TOMELA – Partita di giro popolare. Ovvero la perfetta parità – nel bilancio, nel baratto, in qualsiasi scambio commerciale – tra entrate e uscite.
Serve anche ad indicare l’inutilità di un’azione (damela tomela… sem chi né fodrai né embastii) proprio in virtù del consuntivo citato in apertura. Nel dubbio, tra dato e ricevuto, ci si può sempre affidare al sistema «Férmete n’atimo che fem zó do conti».
ZÀ CHE SON CHI… Preludio a un’azione non prevista, quasi obbligata dal caso (già che sono qui). Indefinita e indefinibile (Podria nar a trovar la Gina o la Olga o la Franca… No quela l’è massa lontana).
Opportunità colta al volo (Pòdo star chi anca a zéna da voi, va bem…). Rara la combinazione con atti di solidarietà (Podria giustarve quela taparela che scorla… Ma no gò drio i atrezi oscia).
NO STA’ A FARME LA BRUTA CERA… – Per bruta cera si intende fare il muso.
SÉT ANCA MÓNA? – Modo sconsolato per giudicare qualcuno che ha fatto una grossa stupidata che danneggia chi ti ha detto la frase.
SÉT ANCA MAT? – Come sopra, ma la cui stupidaggine danneggia l’interlocutore.
NIENTE NO – Negazione assoluta e reiterata. Come dire «No, non se ne parla neanche».
CHI È CHE TIRA AVANTI EL CAREDÈL? – Frase detta dal capofamiglia che, con la scusa che porta a casa i soldi, intende avere sempre ragione.
MENÀRLA PER LE LÓNGHE – Non andare subito al punto perché si ha paura di affrontarlo
EN LA ÉRTA SE VEDE I BÒNI BÒI – È nei momenti di difficoltà che vedi gli amici.
DÀMEN NA SFORZINÀDA – Dammi una forchettata. Di pasta, solitamente. Lo si può anche proporre: «En vòt na sforzinada?»
DÀMEN EN SCIÒF – Dammene un po’. Lo «sciòf» è una unità di misura tipicamente trentina, corrispondente all’incirca a una manata. Al mercato: «La me daga en sciòf de fagiolini».
CIAPÀR EN SCORLÓN – E«l scorlón se ’l ciapa» toccando la corrente elettrica, ma è usato per molte altre cose perché rende l’idea di cosa si prova.
TE DAGO EN SCORLÓN – Ti sveglio fuori io se non ti svegli fuori da solo. Ti do una scossa.
DAGHE EN SCORLÓN VALÀ– Lo si consigoia a chi ha fatto la pipì dietro un albero...
VÀRA CHE SÓM PARTÌ DALA GAVÉTA – Lo dice chi si è fatto da solo, ma a volte lo dice anche chi non si è fatto per niente. È la premessa per spiegare all’interlocutore che ciò che sta per dire è vangelo.
T’HAI FAT SU EN MISCIÒT – Hai messo insieme cose che non possono stare insieme. In questo caso «misciòt» sta anche per «gazèr».
EL SÀT TI? – Lo si chiede a chi fa una domanda sapendo che non ha risposta.
PREDICHE CORTE, LUGANEGHE LONGHE – Poche parole, più fatti.
TE SEI NA MÈZA VIGÒGNA – Sei una mezza vicugna. La vicugna è una lana pregiata prodotta dall’omonimo animale, ma che il dialetto usa per dire il contrario. Mezza, poi…
CIÙCETELA SU – Lo si dice a chi ha combinato qualcosa di brutto e che te ne guardi bene dall’aiutarlo.
CHI SPARÀGNA, LA GATA MÀGNA – Dicesi di chi mette via le cose per non dividerle. E così, quando le trovano, te le portano via senza rimorsi.
L’È UN DE QUÉI STÀIFI – È uno di quelli duri… come el petùm. Uno con due palle così.
MA SE SA BÈM… – Ci mancherebbe altro!
CAN DA L’ÙA – Briccone! (Cane dall'uva)
CAN DAI BÌSSI – Birbante! (Cane dai serpenti)
CAN DA L’OSTIA – Disgraziato!
CAN DA DIO – Bastardo!
CAN DAL PORCO – Sciagurato!
VÈI CHI VALÀ – Tipico ossimoro trentino perché letteralmente sembrano due concetti opposti: «Vieni qui, vai là». In realtà vuol dire solo vieni qui per cortesia.
TO’ DÀI – Altro ossimoro: «Prendi, dai». In realtà vuol dire solo Prendi, per favore.
SU SÓTO e SU SÓRA – Si usano per indicare una cosa che sta in alto. Il primo si usa se è poco in alto, il secondo se è in alto sopra a qualcosa.
DÉI DÉI NELÀ – Ragazzi, per favore fatelo…