Il 28 giugno di 110 anni fa avveniva l’attentato di Sarajevo
Mai due colpi di pistola furono responsabili di tanto disastro: vennero mobilitati oltre 70 milioni di uomini e morirono oltre 9 milioni di soldati e almeno 5 milioni di civili
L'attentato di Sarajevo fu il gesto omicida che colpì l'arciduca Francesco Ferdinando e sua moglie Sofia durante una visita ufficiale nella città bosniaca nel 1914. L'autore dell'attentato era lo studente Gavrilo Princip, membro della Mlada Bosna (Giovane Bosnia), un gruppo politico che mirava all'unificazione di tutti gli jugoslavi (slavi del sud). Anche se con i se e con i ma non si fa la storia, gli osservatori sostengono che se l'assassinio non fosse avvenuto è assai probabile che una guerra generale europea sarebbe comunque scoppiata, innescata da un altro evento in un momento diverso. |
Il 28 giugno 1914, nel giorno di San Vito (Vidovdan), giorno di solenni celebrazioni e festa nazionale serba, Francesco Ferdinando e Sofia (l’erede al trono d'Austria-Ungheria e sua moglie),furono colpiti a morte da alcuni colpi di pistola esplosi dal diciannovenne serbo Gavrilo Princip, membro della Mlada Bosna (Giovane Bosnia), un gruppo politico che mirava all'unificazione di tutti gli jugoslavi (slavi del sud).
Mai nessun colpo di pistola ebbe conseguenze tanto tragiche, perché Il gesto fu assunto dal governo di Vienna come il casus belli che diede formalmente inizio alla Prima guerra mondiale.
Dopo un mese dall'uccisione della coppia, il 28 luglio successivo, l'Austria-Ungheria dichiarò guerra alla Serbia, il conflitto che era alle porte sarebbe stato senza precedenti nella storia e avrebbe richiesto la mobilitazione di oltre 70 milioni di uomini e la morte di oltre 9 milioni di soldati e almeno 5 milioni di civili; la prima guerra mondiale era formalmente iniziata.
In base a Trattato di Berlino del 1878, l'Austria-Ungheria aveva ricevuto il mandato di amministrare le province ottomane della Bosnia ed Erzegovina, anche se l'Impero Turco ne manteneva la sovranità ufficiale.
Questo accordo portò a una serie di dispute territoriali e politiche che nel corso di diversi decenni coinvolsero Russia, Austria, Bosnia e Serbia, finché, nel 1908, l'Impero Austro-Ungarico procedette alla definitiva annessione della Bosnia Erzegovina.
In un periodo storico in cui sorgevano le varie nazionalità europee, le rivendicazioni panserbe non si erano fatte attendere. Un gruppo politico estremista, la Mano Nera, progettò ed eseguì l'assassinio dell'arciduca Francesco Ferdinando, erede al trono d'Asburgo.
Il 28 giugno, giorno dell'uccisione, in Serbia vi si commemora la battaglia della Piana dei Merli del 1389 contro gli ottomani, durante la quale il sultano venne assassinato nella sua tenda da un serbo.
Nessuna data sarebbe stata migliore dell’occasione per le cerimonie patriottiche serbe, in cui gli animi erano predisposti a qualsiasi iniziativa patriottica.
Francesco Ferdinando progettava di riunire anche le terre slave all'Impero Austro-Ungarico sotto una terza corona. Un regno slavo avrebbe potuto fungere da baluardo contro l'irredentismo serbo e Francesco Ferdinando venne quindi percepito come una minaccia da questi stessi irredentisti.
Insomma la sua sorte era segnata da tempo.
Lo svolgimento esatto degli eventi non venne mai stabilito con precisione, principalmente a causa delle incongruenze nei racconti dei testimoni.
Quello che si sa è che i sette giovani cospiratori erano inesperti con le armi, e fu solo grazie a una straordinaria sequenza di eventi che l’attentato ebbe successo.
Attorno alle 10.00, Francesco Ferdinando, sua moglie e i loro accompagnatori, partirono dal campo militare di Filipovic (foto sopra), dove avevano effettuato una rapida rivista delle truppe.
La colonna era composta da sette automobili.
Nella prima auto c’era l'ispettore capo di Sarajevo e tre altri agenti di polizia.
Nella seconda il sindaco di Sarajevo, Fehim Efendi Curcic; il commissario di polizia di Sarajevo, dottor Edmund Gerde.
Nella terza Francesco Ferdinando, sua moglie Sofia, il governatore generale di Bosnia Oskar Potiorek, la guardia del corpo di Francesco Ferdinando e il tenente colonnello conte Franz von Harrach.
Nella quarta il capo della cancelleria militare di Francesco Ferdinando, barone Carl von Rumerskirch, la damigella di Sofia, contessa Wilma Lanyus von Wellenberg, l'aiutante capo di Potiorek, tenente colonnello Erich Edler von Merizzi, il tenente colonnello conte Alexander Boos-Waldeck.
Nella quinta Adolf Egger, direttore dello stabilimento Fiat di Vienna, il maggiore Paul Höger, il colonnello Karl Bardolff e il dottor Ferdinand Fischer.
Nella sesta il barone Andreas von Morsey, il capitano Pilz, altri membri dello staff di Francesco Ferdinando e ufficiali bosniaci.
Nella settima il maggiore Erich Ritter von Hüttenbrenner, il conte Josef zu Erbach-Fürstenau, il tenente Robert Grein.
Alle 10.15 il corteo passò davanti al primo membro del gruppo terroristico, Mehmed Mehmedbaši?. Costui si era piazzato a una finestra di un piano alto, ma in seguito sostenne che non riuscì ad avere il bersaglio libero e decise di non sparare per non mandare all'aria la missione allertando le autorità.
Il secondo membro, Nedeljko ?abrinovi?, lanciò una bomba (o un candelotto di dinamite, secondo alcuni resoconti) contro l'auto di Francesco Ferdinando, ma la mancò.
L'esplosione distrusse l'auto che stava immediatamente dietro (foto sopra), ferendo gravemente i suoi occupanti, un poliziotto e diverse persone che stavano nella folla. ?abrinovi? inghiottì la sua pillola di cianuro e si gettò nelle basse acque del fiume Miljacka. Il corteo accelerò in direzione del municipio e sulla scena scoppiò il caos.
L'auto sulla quale viaggiavano ol'arciduca e la consorte.
La polizia trascinò ?abrinovi? fuori dal fiume ed egli venne picchiato duramente dalla folla prima di venire preso in custodia.
La sua pillola di cianuro era vecchia o con un dosaggio troppo debole e non funzionò.
Il fiume era profondo solo 10 centimetri e non riuscì ad affogarvisi. Alcuni degli altri assassini, o perché presunsero che Francesco Ferdinando era stato ucciso, o perché persero i nervi, abbandonarono la scena.
Arrivando al municipio per un ricevimento programmato, Francesco Ferdinando mostrò comprensibili segni di stress, interrompendo un discorso di benvenuto preparato dal sindaco Curcic per protestare.
«Veniamo qui e la gente ci tira addosso delle bombe.»
L'arciduca si calmò e il resto del ricevimento fu teso ma senza incidenti. Funzionari e membri del seguito dell'arciduca discussero su come guardarsi da un altro tentativo di uccisione senza giungere a una conclusione coerente.
L’idea di schierare lungo le strade le truppe di stanza fuori dalla città venne respinta - pensate - perché i soldati non si erano portati le loro uniformi da parata alle manovre. La sicurezza venne quindi lasciata alla piccola forza di polizia di Sarajevo.
L'unica ovvia misura presa fu che uno degli aiutanti militari di Francesco Ferdinando prendesse una posizione protettiva sulla predella sinistra della sua autovettura. Ciò è confermato dalle fotografie della scena fuori dal municipio.
I cospiratori restanti erano stati ostruiti dalla folla densa e sembrò che il piano per l'assassinio fosse fallito.
Comunque, dopo il ricevimento al municipio, Francesco Ferdinando decise di recarsi all'ospedale per visitare i feriti dalla bomba di ?abrinovi?.
Nel frattempo, Gavrilo Princip era andato in un vicino negozio di alimentari, o perché aveva rinunciato o perché riteneva che l'attacco con la bomba avesse avuto successo.
Uscendo vide l'auto aperta di Francesco Ferdinando tornare indietro dopo aver sbagliato a svoltare, nei pressi del Ponte Latino.
Ponte Princip a Sarajevo.
Mille combinazioni negative portarono al disastro.
Anzitutto l'autista, Franz Urban, non era stato avvisato del cambio di programma e aveva proseguito lungo il percorso che avrebbe portato l'arciduca e il suo seguito direttamente fuori dalla città.
Avanzando verso il lato destro della vettura, Princip esplose due colpi della sua pistola semiautomatica, una Browning FN Model 1910 calibro 7,65×17 mm di fabbricazione belga.
Il primo proiettile colpì la fiancata del veicolo ma la trapassò e colpì Sofia all'addome, mentre il secondo colpì Francesco Ferdinando al collo, dove non era protetto dal giubbetto antiproiettile che indossava.
Princip sostenne in seguito che la sua intenzione era di uccidere il governatore generale Potiorek, e non Sofia.
Entrambe le vittime rimasero sedute dritte sull'auto, ma morirono mentre venivano portate alla residenza del governatore per i soccorsi.
Le ultime parole di Francesco Ferdinando dopo essere stato colpito vennero riportate da von Harrach come le seguenti: «Sofia cara, non morire! Resta in vita per i nostri figli!» ("Sopherl! Sopherl! Sterbe nicht! Bleibe am Leben für unsere Kinder!")
Anche Princip cercò di togliersi la vita, prima ingerendo cianuro e quindi con la sua pistola, ma vomitò il veleno apparentemente inefficace e la pistola gli venne strappata di mano dai passanti prima che avesse la possibilità di esplodere un altro colpo.
Delle rivolte anti-serbe scoppiarono a Sarajevo nelle ore successive all'assassinio, fino a quando non venne ristabilito militarmente l'ordine.
L'assassinio dell'erede al trono dell'Impero Austro-Ungarico e della moglie produsse un grande shock in tutta Europa, e inizialmente ci fu molta simpatia per la posizione austriaca.
Il governo di Vienna vide in ciò la possibilità di sistemare una volta e per tutte la percepita minaccia proveniente dalla Serbia.
Ma di questo parleremo diffusamente nei prossimi servizi.
Il principe Francesco Ferdinando e Gavrilo Princip.
Trisko Grabez, Cvjetko Popovic e Danilo Ilic.
Nedeljko Cabrinovich e Vaso Cubrilovich.
I cospiratori, che erano sotto i venti anni di età al momento dell'assassinio, vennero condannati alla prigione, invece che alla pena capitale.
Ma tre di essi (Danilo Ili?, Mihaijlo Jovanovi? e Veljko ?ubrilovi?) vennero impiccati.
?abrinovi? e Princip morirono di tubercolosi in carcere.
Alcune figure minori vennero prosciolte.
È possibile sostenere che questo episodio mise in moto gran parte dei principali eventi del XX secolo, con dei riverberi che si addentrano nel XXI.
Il Trattato di Versailles alla fine della prima guerra mondiale, viene generalmente collegato alla salita al potere di Adolf Hitler e alla seconda guerra mondiale.
Esso portò anche al successo della Rivoluzione russa che porterà poi alla Guerra Fredda.
Questa a sua volta, diede origine a molti importanti sviluppi politici del XX secolo, come la caduta degli imperi coloniali e l'ascesa degli USA e dell'URSS allo status di superpotenze.
Le alleanze delineate in precedenza e l'esistenza di vasti e complessi piani di mobilitazione resero quasi impossibile fermare, una volta avviati, gli eventi bellici.
Merita tutta via far sapere che all'indomani dell'attentato, il giornalista Edouard Helsey andò a intervistare l'ambasciatore francese a Vienna, Crozier.
«Deploro questo sanguinoso avvenimento – affermò il diplomatico, con una chiaroveggenza disarmante. – Ma so che il fatto assicurerà la pace in Europa per più di mezzo secolo.»
Guido de Mozzi
Si ringrazia Wikipedia per le infotmazioni e le immagini.