Che fine hanno fatto i generali al termine della Grande Guerra?
6. Italia – Terza parte: i marescialli d'Italia Luigi Cadorna e Armando Diaz
Luigi Cadorna e Armando Diaz.
In questa puntata parliamo di due generali che hanno scritto le pagine della Grande Guerra: Luigi Cadorna e Armando Diaz.
Ufficiale di grande energia, determinazione e spirito offensivo, Cadorna, ma eccessivamente rigido e chiuso a consigli e interferenze esterne.
Ufficiale sconosciuto ai più fino alla sostituzione del generale Cadorna, restituì dignità al soldato italiano e lo portò alla vittoria.
Cadorna
Luigi Cadorna nacque a Pallanza il 4 settembre 1850.
Figlio del generale conte Raffaele Cadorna (comandante della spedizione che nel 1870 portò all'annessione di Roma al Regno d'Italia), nel 1860 fu avviato dal padre agli studi militari: dapprima alla Scuola militare «Teulié» di Milano e cinque anni dopo all'Accademia Reale di Torino, venendo nominato sottotenente nell'arma d'artiglieria nel 1868, a 18 anni.
Nel 1870, in forza al 2º Reggimento d'artiglieria, partecipò alle brevi operazioni militari contro Roma nel corpo di spedizione comandato dal padre.
Capitano nel 1880, nel 1883 venne promosso al grado di maggiore e assegnato allo Stato Maggiore del Corpo d'armata del generale Pianell.
Nel 1892, promosso colonnello, ottenne il primo incarico operativo in qualità di comandante del 10º Reggimento Bersaglieri, mettendosi in evidenza per la sua rigorosa interpretazione della disciplina militare e per il frequente ricorso a dure sanzioni che gli costeranno anche richiami scritti dai suoi superiori.
Nel 1896, abbandonati gli incarichi operativi, assunse la carica di capo di Stato Maggiore del Corpo d'armata di Firenze.
Nel 1898, con la promozione a tenente generale, entrò a far parte della ristretta cerchia degli alti ufficiali dell'esercito.
Nel 1905 assunse il comando della divisione militare di Ancona e nel 1907 fu a capo della divisione militare di Napoli con il grado di tenente generale, giungendo infine ai massimi vertici delle forze armate.
La mattina del 1º luglio 1914 moriva improvvisamente il generale Alberto Pollio, stroncato da un infarto. Pochi giorni prima, il 28 giugno, Gavrilo Princip aveva assassinato a Sarajevo l'arciduca ereditario Francesco Ferdinando e la consorte Sophie Chotek.
Il 27 luglio successivo il Re Vittorio Emanuele III, su indicazione del generale Baldissera, offrì la carica a Cadorna.
Uniforme del generale Cadorna.
Il 23 luglio l'Impero austro-ungarico aveva consegnato il proprio ultimatum alla Serbia, innescando una reazione a catena che, dopo il dipanarsi di una serie di crisi diplomatiche e contromosse politico-militari, portò in poche settimane allo scoppio della Prima guerra mondiale.
L'esercito che il generale Cadorna ereditava dal proprio predecessore stava affrontando un difficile periodo di transizione, legato al processo di ammodernamento e al dispendio della campagna di Libia.
Quando scoppiò la guerra, avviò le operazioni militari il 23 maggio, consistenti in una lenta avanzata verso il corso dell'Isonzo della 2ª e 3ª Armata contro una debole resistenza.
I combattimenti si accesero solamente con il completamento della radunata ai primi di giugno e la spinta offensiva voluta da Cadorna raggiunse il suo apice fra il 25 e il 30.
Iniziarono le tragiche battaglie dell’Isonzo che portarono scarsi risultati e decine di migliaia di morti.
Nel 1916 Conrad scatenò quella che sarebbe passata alla storia come Strafexpedition.
Cadorna sostituì il generale Brusati con Pecori Giraldi e riuscì a contenere l’offensiva e costituì la V Armata di riserva tra Vicenza e Padova, nel caso che Conrad tentasse ancora qualcosa di simile.
Poi riprese le battaglie sull’Isonzo, il cui unico risultato degno di nota fu la conquista di Gorizia.
Ma l'uscita della Russia dalla guerra a seguito della rivoluzione bolscevica cambiò la situazione strategica liberando ingenti forze tedesche che, dopo due mesi di addestramento e allenamento in Slovenia alla tecnica dell'infiltrazione, furono indirizzate contro il fronte italiano allo scopo di sollevare l'Austria da una situazione vicina al collasso.
Cadorna, al corrente delle manovre nemiche, ordinò la difesa a oltranza che comportava lo scaglionamento in profondità delle artiglierie e delle truppe allo scopo di sottrarle alla prevista violenta preparazione dell'artiglieria nemica. Ordine che non venne mai eseguito
L'offensiva austro-tedesca ebbe inizio a Caporetto alle ore 2.00 del 24 ottobre 1917 con tiri di preparazione dell'artiglieria, prima a gas, poi a granate fino alle 5.30 circa.
Verso le 6.00 cominciò un violentissimo tiro di distruzione a preparazione dell'attacco delle fanterie.
L'attacco delle fanterie cominciò alle ore 8.00 con uno sfondamento immediato sull'ala sinistra, nella conca di Plezzo sul fianco sinistro della 2ª armata (gen. Capello).
A seguito della caduta del fronte e del rischio che venisse tagliata la ritirata della terza armata, Cadorna, fin dal 26 ottobre, ordinò la ritirata sulla linea di resistenza che, nel piano strategico del generale, era stata organizzata e fortificata sulla linea Piave-Monte Grappa: tale linea fu scelta perché breve (poteva essere presidiata da due sole armate), forte anche perché era stata preparata fin dall'anno precedente e sufficientemente distante dal fronte per consentire alle armate di riordinarsi.
Peraltro la ritirata, che era stata già pianificata da tempo, fu condotta con grande ordine malgrado l'intasamento delle strade e dei ponti da parte di profughi e sbandati: la terza armata si schierò dietro il Piave completa di tutte le artiglierie pesanti, la quarta sul Grappa seppur avendo perso 10mila uomini perché il comandante eseguì l'ordine di ritirata con sei giorni di ritardo.
Porro, Joffre e Cadorna.
Il 25 ottobre 1917 il parlamento italiano negò la fiducia al governo presieduto da Paolo Boselli che fu costretto a dimettersi.
Il 30 ottobre il governo si ricostituì sotto la guida di Vittorio Emanuele Orlando, il quale già nei colloqui dei giorni precedenti aveva richiesto al Re la rimozione di Cadorna. Il 6 e 7 novembre si svolge a Rapallo un vertice interalleato fra il nuovo Capo del Governo, i Primi ministri di Francia e Gran Bretagna e i generali Foch e Robertson.
I rappresentanti stranieri si espressero subito per l'allontanamento di Luigi Cadorna dal comando e la sua sostituzione con il Duca d'Aosta. Nel vertice del giorno successivo la sostituzione di Cadorna fu imposta come condizione per l'invio dei rinforzi alleati.
I partecipanti al vertice di Rapallo si trasferirono a Peschiera l'8 novembre per riferire i risultati al Re, il quale si oppose alla nomina del Duca d'Aosta, ma confermò la rimozione di Cadorna.
Il generale Armando Diaz, fino a quel momento comandante del XXIII Corpo d'armata, fu nominato comandante supremo dell'esercito italiano con Decreto del 9 novembre, in sostituzione di Cadorna, il quale, dopo un iniziale rifiuto, accettò l'incarico di rappresentare l’Italia presso il consiglio di guerra interalleato.
Finita la guerra, Cadorna fu senatore dal 1913 al 1928.
Nel 1924 Benito Mussolini lo nominò a sorpresa Maresciallo d'Italia e fu completamente riabilitato a seguito. Tuttavia, Cadorna non aderì al fascismo.
Morì a Bordighera il 21 dicembre 1928 alla «Pensione Jolie», poi divenuta «Hotel Britannique» (via Regina Margherita 35).
Sulla facciata dell'edificio è stata posta una placca commemorativa. La sua salma è tuttora esposta in un mausoleo, opera dell'architetto Marcello Piacentini, nella sua città natale (Pallanza), lungo il Lago Maggiore.
Strada Cadorna sul Grappa.
Le idee di Cadorna, in merito alle tattiche d'attacco, non differivano poi molto da quelle dei generali suoi contemporanei.
Cadorna passa alla storia per le inutili e sanguinose battaglie dell’Isonzo, mentre dovrebbe essere ricordato per aver salvato la ritirata di Caporetto.
Nel 1916, infatti, a conclusione della Strafexpedition, Cadorna capì che in caso di sconfitta il monte Grappa sarebbe stato indispensabile per bloccare il nemico nel settore da Vicenza al Montello e avrebbe costituito quindi il fulcro della difesa italiana.
Da Bassano del Grappa al monte Grappa esiste una strada a tornanti che per circa 25 km si arrampica sino alla cima del monte, chiamata «strada Cadorna» perché da lui fatta costruire.
Aveva dato ordine al genio militare di costruire in breve tempo una strada e due teleferiche che potessero portare mezzi e truppe fino al monte Grappa. Tra militari e civili vi lavorarono circa 30.000 uomini.
Fu una delle scelte strategiche competenti di Cadorna: la strada venne completata pochi giorni prima della disfatta di Caporetto e i contrafforti del Grappa si rivelarono indispensabili, ai fini della difesa della Pianura padana.
Diaz
Armando Diaz nacque a Napoli il 5 dicembre 1861.
Figlio dell'ufficiale di Marina ingegnere del Genio Navale Don Ludovico, nativo di Gaeta e di Donna Irene dei baroni Cecconi, Armando fu avviato giovanissimo alla carriera militare come allievo dell'Accademia militare d'artiglieria di Torino, dove divenne ufficiale.
Prese servizio nel 1884 al 10º Reggimento di artiglieria da campo, e dal 1890 al 1º Reggimento col grado di capitano. Nel 1894 frequentò la Scuola di guerra, classificandosi primo.
Dal 1895 al 1896 lavorò allo Stato Maggiore, nella segreteria del generale Alberto Pollio, e nel 1899 fu promosso maggiore, comandando per 18 mesi un battaglione del 26º Reggimento fanteria.
Nominato tenente colonnello nel 1905, passò dopo alcuni anni alla Divisione di Firenze come capo di Stato Maggiore.
Nel 1910, durante la guerra italo-turca, comandò il 21º fanteria e l'anno dopo il 93º Reggimento fanteria in Libia, che era rimasto improvvisamente senza comando. Sempre in Libia, a Zanzur, fu ferito nel 1912.
Nel 1915, alla dichiarazione di intervento dell'Italia nella prima guerra mondiale, Luigi Cadorna lo nominò maggior generale, con incarico al Corpo di Stato Maggiore come addetto al comando supremo del reparto operazioni.
Ma nel giugno del 1916 Diaz chiese di essere destinato a un reparto combattente.
Promosso tenente generale di divisione, gli fu affidato il comando della 49ª Divisione nella 3ª Armata e nell'aprile del 1917 assunse la carica superiore al XXIII Corpo d'armata.
Questo breve periodo prima di Caporetto gli valse la medaglia d'argento al valor militare per una ferita riportata alla spalla.
La sera dell'8 novembre 1917 fu chiamato, con Regio Decreto, a sostituire Luigi Cadorna nella carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito italiano.
Commentò così: «Assumo la carica di capo di Stato Maggiore dell'esercito. Conto sulla fede e sull'abnegazione di tutti».
E ancora, sulla condizione dell'esercito: «L'arma che sono chiamato a impugnare è spuntata, ma la rifaremo».
Recuperato quello che rimaneva dell'esercito italiano dopo la disfatta di Caporetto, organizzò la resistenza sul fiume Piave e sul monte Grappa, da dove si ricollegava poi al vecchio fronte sull'altopiano di Asiago e nel Trentino meridionale.
L'esercito italiano poté così godere di un fronte di combattimento più corto rispetto al passato di circa 170 chilometri dove poter concentrare le proprie armate facilitando così la difesa.
Gli uomini schierati sul monte Grappa (punto chiave strategico per la difesa italiana) poterono inoltre approfittare delle grandi opere d'ausilio che - come abbiamo visto - in previsione di una disfatta simile a quella verificatasi a Caporetto erano state fatte erigere già da Cadorna all'indomani della Strafexpedition.
Diaz poteva schierare solo 33 divisioni intatte e pronte al combattimento, circa metà di quelle disponibili prima di Caporetto. Per rimpinguare i ranghi si ricorse alla mobilitazione dei diciottenni della classe 1899 (i cosiddetti «Ragazzi del 99») e per il febbraio 1918 altre 25 divisioni erano state ricostituite.
Entro l'8 dicembre 1917 sei divisioni francesi e cinque britanniche con artiglieria e unità di supporto erano affluite in Italia e, sebbene fungessero solo da riserva strategica, permisero al Regio Esercito di concentrare le proprie truppe in prima linea.
Al momento della sua nomina a capo dell'esercito Diaz aveva 11 anni meno di Cadorna e un'esperienza diretta della guerra di trincea del Carso (cosa che mancava al predecessore).
Non è sorprendente quindi che avesse un'idea molto più realistica e moderna della condotta della guerra.
Memore dell'esperienza nello Stato Maggiore di Cadorna, decentrò molte funzioni ai sottoposti, riservandosi un ruolo di controllo, appoggiandosi ai due sotto-capi di Stato Maggiore che lo affiancavano, i generali Gaetano Giardino, ma soprattutto Pietro Badoglio.
Il nuovo Comando supremo dell'esercito italiano sotto Diaz fu meglio organizzato.
Diaz e Badoglio cercarono, con discreti risultati, di migliorare l'addestramento della fanteria italiana e di svilupparne l'armamento, distribuendo ai singoli reparti mitragliatrici Fiat-Revelli Mod. 1914, le pistole mitragliatrici Villar Perosa, i mortai Stokes, lanciafiamme, cannoncini da 37 mm e bombe a mano.
Sotto Diaz furono sperimentati i primi moschetti automatici, furono distribuite 3 milioni delle migliori maschere antigas di fabbricazione inglese, fu avviata la progettazione dei primi carri armati Fiat 3.000 su modello del francese Renault FT e fu potenziata l'aviazione fino a conseguire il dominio dei cieli.
Fu inoltre potenziata l'artiglieria migliorando l'addestramento, le tecniche d'impiego e l'intensità del fuoco.
Si procedette anche ad una riorganizzazione ed un potenziamento del corpo degli Arditi.
Sopra ogni cosa Diaz dedicò molta cura a migliorare il trattamento dei soldati onde guarire i guasti del morale dei reparti: la giustizia militare rimase severa ma furono abbandonate le pratiche più rigide, prima tra tutte la decimazione.
Vi furono miglioramenti nel vitto, che raggiunse le 3.500 calorie, furono introdotti turni più brevi da passare in prima linea, fu migliorata la paga e le licenze furono aumentate per frequenza e durata.
Con la collaborazione del ministro del Tesoro Francesco Saverio Nitti fu creata una polizza gratuita d'assicurazione di 500 lire per i soldati e di 1.000 per i graduati.
Fu poi disposto in termini tassativi che i feriti e i malati dimessi dagli ospedali militari dovessero rientrare ai reparti d'origine, anziché essere destinati dove capitava, aumentando così l'affiatamento tra i soldati.
Alle unità che scendevano dal fronte furono assicurati un riposo effettivo, alloggiamenti confortevoli e possibilità di svago con lo sviluppo di centri ricreativi detti «case del soldato», spacci cooperativi, organizzazione di spettacoli, manifestazioni sportive e case chiuse.
Nel mese di giugno 1918 ottenne la sua prima grande vittoria sul Piave in quella che fu chiamata Battaglia del Solstizio. Tuttavia non comprese che l’impero Austro Ungarico era praticamente sconfitto e attese l’autunno prima di scatenare la battaglia finale.
Iniziò l'offensiva finale il 24 ottobre, scagliando le sue 58 divisioni (51 italiane, 3 britanniche, 2 francesi, 1 cecoslovacca, 1 reggimento statunitense) contro le 73 austriache.
Dopo vari combattimenti sanguinosissimi, nella notte tra il 28 e 29 ottobre Diaz passò all'attacco e Il fronte dell'esercito austro-ungarico si spezzò, innescando una reazione a catena ingovernabile.
Il 30 ottobre l'esercito italiano arrivò a Vittorio Veneto, mentre altre armate passarono il Piave e avanzarono, arrivando a Trento il 3 novembre.
Il 4 novembre 1918 l'Austria-Ungheria capitolò, e per la storica occasione Diaz stilò il famoso Bollettino della Vittoria, in cui comunicava la rotta dell'esercito nemico ed il successo italiano.
Negli anni seguenti rammentò quei giorni di fortuna senza alcuna presunzione, ma conscio dell'importanza dell'opera compiuta.
Il 24 febbraio 1918 era stato nominato dal re senatore del Regno.
Al termine della guerra Diaz con Regio Decreto motu proprio del 24 dicembre 1921 e Regie Lettere Patenti dell'11 febbraio 1923, venne insignito del titolo di Duca della Vittoria.
Andando contro il parere di Pietro Badoglio, Diaz sconsigliò, nel 1922, una soluzione militare della crisi innescata dalla marcia su Roma.
Dopo essere entrato nel primo governo Mussolini, su precisa condizione del re Vittorio Emanuele III che intendeva in questo modo porre nel governo una figura di prestigio e lealmente monarchica, assunse l'incarico di Ministro della Guerra.
Terminata l'esperienza governativa il 30 aprile del 1924, si ritirò a vita privata.
Nello stesso anno, venne insignito insieme al generale Cadorna del grado di Maresciallo d'Italia, istituito espressamente da Mussolini per onorare i comandanti dell'esercito nella prima guerra mondiale.
Morì nel 1928 e fu sepolto a Roma nella chiesa di Santa Maria degli Angeli e dei Martiri, dove riposa vicino all'ammiraglio Paolo Thaon di Revel.
GdM
(Puntate precedenti)
Si ringrazia Wikipedia per le note e per le foto.