Valorizziamo i nostri formaggi – Di Giuseppe Casagrande
A Cibus si è parlato non solo della piaga del falso made in Italy (100 miliardi di danni), ma anche di promozione dei nostri gioielli a marchio Dop e Igp nei ristoranti
Antonio Auricchio, presidente dell' Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp.
I formaggi a denominazione protetta sono una delle filiere più importanti dell’agroalimentare italiano, ma al tempo stesso sono le vittime principali di quel fenomeno mondiale conosciuto con il termine di «Italian sounding».
Sono quei prodotti, autentici gioielli, che invadono i mercati con nomi, colori e slogan riconducibili al nostro Paese.
Un fenomeno, il falso made in Italy, che genera ogni anno un danno stimato in oltre 100 miliardi di euro.
Un esempio emblematico di falso made in Italy è il Parmesan.
Siglato un patto per promuovere i prodotti d'eccellenza nella ristorazione
Se ne è parlato a Parma dove è in corso l'edizione numero 22 di «Cibus», la manifestazione internazionale più glamour del settore food. Ma oltre alla piaga del falso made in Italy si è parlato di un altro aspetto importante: la valorizzazione dei nostri formaggi nei menu dei ristoranti. E a tal proposito è stato firmato un patto tra l'Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp, e la Fipe Confcommercio, Federazione Italiana Pubblici Esercizi, che hanno annunciato l’intesa per promuovere, in Italia e all’estero, i due settori: quello della ristorazione e quello della produzione casearia di eccellenza.
Si tratta di un autentico vademecum pensato per i ristoratori al fine di valorizzare i formaggi Dop e Igp: per ognuno dei 51 formaggi attualmente certificati (e altri ne potrebbero arrivare in futuro) vengono indicate la corretta denominazione nei menu, la descrizione delle loro caratteristiche e le indicazioni sulle modalità di conservazione. Saranno presenti anche consigli sulla «mise en place» e sul mantenimento delle proprietà organolettiche.
Altro esempio di falso made in Italy, la Mozzarella di bufala diventa Zottarella.
I formaggi sono il prodotto italiano più utilizzato all'estero (dopo il vino)
Entusiasta si è dichiarato il presidente dell'Associazione Formaggi Italiani Dop e Igp, Antonio Auricchio: «L'iniziativa è uno strumento importante per la ristorazione italiana, che punta sull’esperienza degli addetti ai lavori per educare correttamente il consumatore, in Italia, ma anche all’estero, dove i formaggi sono il prodotto italiano più utilizzato nei ristoranti dopo il vino per la preparazione dei piatti della cucina italiana.» (Seguono a pari merito olio, pasta e salumi).
«Inoltre - ha aggiunto Auricchio - sarà possibile sensibilizzare i professionisti del settore, ristoratori e chef, sull’importanza di scegliere e utilizzare i formaggi Dop e Igp, di seguire precise modalità di conservazione per permettere ai consumatori di gustarli al meglio e di valorizzarli correttamente all’interno dei menu, contrastando così anche il problema della contraffazione e permettendo a questi autentici ambasciatori della tradizione casearia italiana di essere legittimamente riconosciuti. Valorizzare i formaggi Dop e Igp nella ristorazione significa garantire ai consumatori la possibilità di apprezzare anche fuori casa prodotti unici e di alta qualità, frutto di secolari tradizioni.»
Franco Frattarsi, brand ambassador dei formaggi trentini, nello stand di Cibus con il giornalista Giuseppe Casagrande - foto Matteo Piazza.
La soddisfazione di Franco Frattarsi, brand ambassador dei formaggi trentini
Soddisfazione per questa iniziativa hanno espresso anche Franco Frattarsi, brand ambassador dei formaggi trentini e Maria Vittoria Finco, responsabile marketing della Casearia Monti Trentini di Grigno, presenti a Parma con i loro stand nei padiglioni di «Cibus». I nostri formaggi - hanno ribadito in coro - meritano di essere maggiormente valorizzati sulle tavole dei nostri ristoranti. Impariamo dai cugini francesi che di formaggi a denominazione ne possono vantare la metà rispetto a quelli made in Italy.
Tornando al Trentingrana, questo formaggio a denomimazione protetta costituisce una specificità territoriale all’interno del Consorzio di Tutela Grana Padano. Il disciplinare di Trentingrana rispetta i requisiti di quest’ultimo, ma prevede anche regole proprie derivanti dagli standard che i produttori hanno voluto adottare per la propria filiera. È riconoscibile dal marchio «Trentino» sullo scalzo delle forme e, all'assaggio, ha un gusto che lo frendono inconfondibile: la fragranza, l'aroma, la dolcezza.
Maria Vittoria Finco, responsabile marketing della Casearia Monti Trentini di Grigno, con il giornalista Giuseppe Casagrande - Foto Matteo Piazza.
Boom di visitatori nello stand della «Casearia Monti Trentini» di Grigno
Affollatissimo a Parma durante i tre giorni di «Cibus» lo stand della Casearia Monti Trentini di Grigno, l'azienda che il prossimo anno festeggerà un duplice importante traguardo: i 100 anni di fondazione (è nata infatti nel 1925 ad Enego sull'Altopiano di Asiago) e i 40 anni di attività in Trentino (risale infatti al 1985 l'inaugurazione dello stabilimento in Valsugana, nella zona industriale di Grigno, al confine tra le province di Trento e Vicenza.
Oggi la Casearia Monti Trentini - ci ha raccontato la responsabile marketing dell'azienda Maria Vittoria Finco - è un importante punto di riferimento per 150 aziende locali che producono latte in provincia di Trento. Cinquanta milioni di fatturato, 110 dipendenti, la Casearia Monti Trentini ha consolidato nel corso degli anni un successo, non solo commerciale, grazie ad una gamma di formaggi di alto pregio.
Tra i gioielli dell'azienda figurano le tre Dop (Grana Padano, Asiago e Provolone Valpadana), ma anche prodotti della tradizione locale come il Vezzena e il Lagorai, la cui storia è legata al territorio trentino e alla Valsugana in particolare. Ma l'azienda è presente sul mercato anche con le caciotte, con i formaggi freschi, stagionati, alle erbe, al tartufo e al peperoncino con una stagionatura meno lunga. Infine una sezione si occupa della creazione in modo naturale di paste filate dolci o affumicate. Tutti prodotti che hanno deliziato il palato dei numerosi buyer e dei visitatori di «Cibus» accorsi in gran numero nello stand della Casearia Monti Trentini.
Il giornalista Giuseppe Casagrande con il pluristellato chef Heinz Beck del Ristorante La Pergola di Roma negli stand di Cibus - Foto Matteo Piazza.
Lo scandalo dei 600 mila ristoranti che si definiscono italiani nel mondo
Parlavamo in apertura del falso made in Italy che genera un giro d’affari e danni per oltre 90 miliardi di euro. Esiste su molti prodotti, ma esistono anche a livello di ristorazione.
Secondo le stime della Fipe, nel mondo esistono 600 mila ristoranti che si autodefiniscono italiani. Di questi soltanto 2.218 lo sono davvero. All’estero, esistono esercizi commerciali (ristoranti, bar, pasticcerie) che offrono servizi, possiedono gli stessi loghi e presentano la stessa offerta di quelli presenti nelle metropoli del nostro Paese. Almeno sulla carta.
In realtà, i menù di questi pseudo «Italian restaurant» non hanno nulla a che vedere con quelli che pretendono di imitare, senza conoscerne la qualità. Secondo un’indagine del Centro Studi Fipe rivolta ai ristoranti certificati italiani all’estero, emerge che nei loro Paesi il 94% degli intervistati rileva nei competitor non certificati contraffazione dei prodotti, l’89% vede contraffazione nelle ricette, non conformi a quelle autentiche, mentre il 60% trova ristoranti falsi italiani e il 43% ha dubbi sull’origine dei prodotti. Uno scandalo.
In alto i calici, prosit!
Giuseppe Casagrande - [email protected]