Dal diario di mia madre, 1 giugno 1946 – Di Luciana Grillo

«Domani andrò a votare e sarà la prima volta. Ti dirò come è andata, ma sono molto emozionata»

Domani mattina andrò a votare. Non ho dubbi, voterò per la Repubblica, mi sembra più giusto scegliere un Presidente, piuttosto che subire un Erede.
Per me sarà la prima volta, perché sono donna. Finalmente anche alle donne è data la possibilità di esprimersi!
Qui è una novità, c’è molto fermento, ma in Uruguay, a Montevideo, dove sono nata, dal 1932 il suffragio è universale: tutti hanno potuto manifestare il loro orientamento politico, uomini e donne, bianchi, negri e mulatti, ricchi e poveri, purché residenti.
Nella mia bella città affacciata sul Rio de la Plata la vita era molto diversa, le strade erano larghe e alberate, l’unica “montagna” era il cerro, una collinetta in confronto ai monti che circondano il mio paese adottivo.
 
Avevo amiche e amici, frequentavo un collegio di suore francesi, ho imparato a dipingere e a suonare il pianoforte, a parlare in francese, mentre con le amiche usavo lo spagnolo castellano e in casa, con mamma, papà, i miei fratelli e le mie sorelle e soprattutto con la nostra domestica – arrivata giovanissima dall’Italia – la lingua di tutti era l’italiano.
Papà declamava i versi della Divina Commedia, noi ragazze preferivamo Leopardi. I maschi amavano il football, Blasito tirava di scherma.
Poi, il ritorno in Italia, per dare a noi cinque figli un’educazione “meno libera” (secondo mio padre).
Dunque, un altro collegio, più severo, poi i fidanzamenti e i matrimoni delle mie sorelle maggiori, la guerra, la paura.
Stavamo per fidanzarci, io e G, ma la guerra ci ha separato, è andato in Africa e per molto tempo non ho avuto sue notizie.
Ho maledetto il re e Mussolini.
 
Mamma ha già preparato l’abito che indosserà domani, è color caffè, ha predisposto anche un cappellino con un po’ di veletta, credo frutto di un adattamento di un cappello da cerimonia.
Le mie sorelle vivono con i loro mariti, andranno a votare e poi verranno a pranzo da noi.
Io non so, ho un vestitino di seta blu a pois bianchi, mi sta bene, piace anche a G… inviteremo a pranzo anche lui?
Da quando è tornato dalla prigionia – l’11 aprile, dopo 5 anni vissuti in Kenya in un campo governato dagli inglesi – cominciamo a fare progetti, forse ci sposeremo l’anno prossimo.
Saremo due cittadini della Repubblica Italiana, o, come dice qualcuno, ancora dei sudditi del re?
 
Qui la propaganda a favore della Monarchia è stata insistente, ma tutta la mia famiglia, soprattutto gli zii antifascisti e di ispirazione socialista sono per la Repubblica.
Anche G, che ha sofferto tanto, sceglierà la Repubblica, mi ha raccomandato di non mettere il rossetto perché la scheda dovrà essere incollata e, se ci fosse un segno di rossetto, sarebbe considerata non valida.
Ciao, diario, vado a cenare, mi chiamano. Domani sera ti racconterò come è andata. Sono molto emozionata.
 
Dal diario di mia madre
1 giugno 1946