In Paradiso? Sì, berremo vino – Di Giuseppe Casagrande

Suggestiva riflessione di don Luca Passarini tratta dal Vangelo di Matteo. Anche Papa Francesco ricorda che il vino è un dono prezioso da custodire

La cantina Zenato a San Benedetto di Lugana (Peschiera del Garda).

Nonostante i timori e le preoccupazioni dovute alla flessione dei consumi, alle giacenze in cantina e ai cambiamenti climatici, in molte regioni italiane sta entrando nel vivo la vendemmia 2024. Una vendemmia anticipata in numerose zone della Penisola.
In Sicilia la raccolta è già iniziata a metà luglio. E lo stesso dicasi in Maremma toscana, nel Salento, in Puglia e in Basilicata.
Da ieri sino stati raccolti i primi grappoli di Chardonnay anche in Franciacorta, territorio tra i più importanti d’Italia per quanto riguarda gli spumanti Metodo Classico.
La vendemmia di quest’anno arriva dopo una primavera ed un'estate anomala per l’Italia, per effetto del clima, con il Paese di fatto diviso in due: violente precipitazioni al Nord e disastrosa siccità al Sud.
Vendemmia difficile soprattutto in alcune aree del Nordest a causa delle abbondanti piogge primaverili e delle grandinate. E chi ne ha sofferto di più sono i vigneti a regime biologico.
 

Don Luca Passarini con Nadia Zenato durante l'incontro a San Benedetto di Lugana.
 
 Nadia Zenato: «Nelle annate negative dobbiamo saper rinunciare a certi vini»  
A proposito di cambiamenti climatici nei giorni scorsi, in occasione degli incontri periodici sul pianeta vino organizzati dall'azienda veronese Zenato a San Benedetto di Lugana, la titolare Nadia Zenato ha sottolineato quanto sia importante salvaguardare il nostro territorio e l’ambiente in cui viviamo.
«Dobbiamo saper apprezzare ciò che abbiamo senza farci prendere dall’esuberanza, dal voler fare sempre di più.
«Dobbiamo anche avere il coraggio, quando ci sono per esempio delle annate meno favorevoli, rispettare i tempi della natura e saper rinunciare, per esempio, a fare determinati vini.
«Il vino è un bene prezioso che si produce dai tempi più remoti ed è nostro compito salvaguardarlo.»
 
 Nelle celebrazioni il vino deve essere naturale, frutto della vite e non alterato  
All'incontro che aveva come tema il vino nelle diverse tradizioni spirituali è intervenuto con una suggestiva riflessione don Luca Passarini, responsabile della comunicazione della Diocesi di Verona.
«Nel Vangelo di Matteo è scritto che nel Regno di Dio berremo il vino nuovo.
«La novità –- ha aggiunto don Passarini – corrisponde al fatto che non sarà vino alterato dal male, come invece mette in guardia l’Apocalisse.
«Nel Codice di diritto canonico, che è il massimo documento di riferimento di tutte le regole della Chiesa, l’utilizzo del vino per la celebrazione eucaristica è addirittura codificato: il vino deve essere naturale, del frutto della vite e non alterato.
«Nella tradizione cristiana c’è da sempre questa immagine della cura e dell’attenzione legata al vino, di cui ha parlato anche Papa Francesco, ricordando come il vino sia un dono prezioso di cui gioire, da custodire.
«Il vino diventa anche emblema di quell’attenzione al territorio, all’ambiente, alla cura che le è intrinseca. Potremmo dire che i primi veri ecologisti sono proprio i vignaioli.»
 

Dioniso, il Dio del vino e della convivialità per gli antichi Greci.
 
 Nella Bibbia il vino è citato 278 volte e la parola vite 141 volte  
Proprio per questa sua rilevanza valoriale, vigne e vino sono usati come metafora della cura del Signore nei confronti dell’uomo.
Gli stessi termini ricorrono numerosi nei Testi Sacri: la parola vino nella Bibbia viene citata 278 volte, mentre la parola vite ricorre 141 volte.
Noè dopo il diluvio universale è il primo uomo a piantare la vite, a bere il vino e a… ubriacarsi.
«Nel Vangelo secondo Marco – ha precisato don Luca Passarini – il lavoro nei vigneti viene descritto con dovizia di particolari, inusuali per i Vangeli: un agricoltore, che rappresenta Dio, coltiva la vigna e se ne prende cura. In questo modo insegna non solo il rispetto per la vite, ma anche per le persone e per le altre generazioni.
«Nel pensiero tradizionale della Chiesa il vino è condivisione e non solo perché ci permette di condividere qualcosa con qualcuno.
«I Padri della Chiesa, tra cui Sant’Agostino, usavano l’immagine del vino per descrivere la Chiesa stessa: essa, infatti, è qualcosa di intimamente unito e gioioso, frutto della spremitura di tanti acini diversi che diventano una cosa sola.»
 

Bacco, il Dio del vino per gli antichi Romani.
 
 Saper gioire delle piccole cose: e lo può essere anche un bicchiere di vino  
«Per i Cristiani, nella celebrazione eucaristica il pane diventa il corpo di Dio e il vino sangue, – conclude don Luca Passarini. – Dunque pane e vino richiamano Dio non solo nel momento in cui viene celebrata la Messa, ma sempre, proprio perché ogni volta che bevo un goccio di vino dovrei ricordarmi che quello è dono di Dio, ma anche un invito a farmi a mia volta dono per gli altri.
«La vita è chiamata ad essere una cosa gioiosa e bisogna saper gioire anche delle piccole cose, come può essere un bicchiere di vino. La bellezza del vino è che rappresenta ciò che c’è di più sacro, ma anche di più umano, di festaiolo.
«E la festa è un elemento fondamentale nella fede cristiana. Il vino è un elemento che ha a che fare con l’ordinario ma anche con lo straordinario.»
 
 Il vino nelle culture antiche: Dioniso per i Greci, Bacco per i Romani  
Nelle culture antiche del Medioriente è sempre stata presente la coltivazione dell’uva e il consumo di vino, tanto che esistevano divinità a rappresentarlo: Dioniso, Dio della convivialità, per i Greci, Bacco per i Romani.
Divinità considerate tanto dannose quanto affascinanti: possono infatti spingere l’uomo alla distruzione oppure elevare il suo spirito ed il suo intelletto a stadi superiori.
Nelle religioni orientali il rapporto con il vino è complesso e conflittuale, con modalità e riflessioni anche molto diverse tra loro.
Nel taoismo, una religione in cui l’obiettivo è il raggiungimento della perfezione spirituale, per alcune correnti l’uso di alcool è accettato e amato; per altre rappresenta un ostacolo; per altre ancora l’alcol è totalmente proibito.
Per tutte però, il rituale funebre della durata di più giorni chiamato Jiao prevede l’offerta di vino.
 

Il vino è da tempo immemorabile elemento sacro della tradizione cristiana.
 
 Confucianesimo: il vino è servito durante i banchetti di nozze e nei funerali  
Nel confucianesimo, che è un'ideologia più che una religione, il vino è servito durante il banchetto di nozze (spesso è quello messo da parte al momento della nascita della sposa) e nei funerali, offerto sia al defunto che alla terra.
Nel buddismo, il raggiungimento dell’illuminazione è in contraddizione con il consumo di vino, così come di ogni altro alcolico.
Vi sono però delle eccezioni, come nel buddhismo tantrico (Tibet) e in alcune correnti nello Sri Lanka.
Nell’induismo inizialmente il consumo di vino era proibito a tutti, ma lungo i secoli si è fatta una differenziazione in base alle caste di appartenenza, per cui oggi solo i bramini, che rappresentano la casta più alta, non possono bere alcolici.
 
 Il vino è elemento sacro anche nelle celebrazioni religiose ebraiche  
Nella religione islamica il vino è vietato, nonostante ci sia nel Corano una lode a esso, come dono per l’umanità.
Viene però specificato che è da evitare a causa dell’abuso che l’uomo ne fa, della sua incapacità di controllarsi e quindi dei danni fisici che produce.
Il vino per gli ebri è un elemento sacro: tutte le manifestazioni religiose ebraiche si svolgono in presenza di un bicchiere di vino, da bere all’inizio e alla fine.
Nella cena pasquale ci sono quattro bicchieri di vino, rituale che Gesù riprende nell’Ultima Cena. Per la celebrazione del sabato è previsto il vino rosso e servito fino all’orlo.

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Giuseppe Casagrande – [email protected]

Le Nozze di Cana di Duccio di Buoninsegna, maestro della scuola senese.