La singolare lettera al direttore giunta in redazione

«Attenzione a manipolare reperti umani della prima guerra mondiale, si potrebbe... risvegliare la Spagnola»

La legge n. 78 del 7 marzo 2001 ideata a «tutela del patrimonio storico della Prima guerra mondiale», copre abbastanza tutti gli aspetti importanti di questa attività. Adeguarsi ad essa è indispensabile per non dover incorrere nelle sanzioni previste.
Per questo è facile incontrare cercatori muniti del loro metal-detector che spazzolano le nostre montagne.
I «tesori» accumulati finiscono, quasi sempre, in collezioni private, a volte, invidiabili.
Tuttavia, questa legge è carente dal punto di vista sanitario.
Mi spiego.
 
La ricerca su gran parte delle nostre montagne non crea grandi problemi, salvo ferite accidentali negli scavi e l’eventuale incontro con residuati bellici dalla forza esplosiva.
Quello invece che dovrebbe preoccupare la Sanità pubblica e l’accesso incontrollato a zone rischiose come quelle dei nostri ghiacciai durante la Prima guerra mondiale.
È notorio per tutti quelli informati che nel periodo 1918-1920, anche in Trentino, imperversava il virus della «spagnola». Moltissimi ne furono colpiti e molti ne morirono.
Tra questi vi erano sicuramente soldati al fronte. E il fronte comprendeva anche i ghiacciai. Adamello, Marmolada, Presanella, Ortles-Cevedale.
 
In questi luoghi, leggendo le relazioni del tempo, i morti, per qualsiasi motivo, venivano spesso seppelliti nel ghiaccio.
Si ricorda la fine fatta dal Tenente Felix Hecht e dei suoi soldati nella battaglia del Corno di Cavento. Al termine del combattimento, tutti i soldati austriaci deceduti furono buttati nel crepaccio terminale a ovest della cima. Dove, ogni estate, alla fine di agosto, gruppi di «recuperanti» si affannano per trovare un’ultima medaglia.
Ma ecco dove sta il problema. In questo frigo naturale tutto si conserva. Parte dei corpi, materiali vari e… batteri e virus.
 
Qualche tempo fa è apparsa questa notizia: - «Nell’agosto del 2016, nella penisola di Yamal, in Siberia, un ragazzo di 12 anni morì di ANTRACE (batterio del Carbonchio) e una ventina di persone furono ricoverate per lo stesso motivo.
Si pensa che il batterio si celasse nella carcassa di una renna infetta, morta 75 anni fa, e che l'ondata di caldo improvviso che colpì la tundra la scorsa estate abbia sciolto il permafrost in cui l'animale era sepolto, dando al patogeno la possibilità di rianimarsi e contaminare suolo e acque, e di infiltrarsi nella catena alimentare.»
A questa fa riscontro quella: - «Nei pressi di luoghi di sepoltura siberiani è stato scoperto, per esempio, un virus intatto dell’influenza spagnola del 1918, e si teme che possa accadere anche con il vaiolo (di cui si registrò una grave epidemia, in Siberia, attorno al 1890) e con la peste bubbonica.»
- Anche quest’altra è significativa: - «Nei ghiacci perenni altri batteri in grado di produrre spore sono il Clostridium tetani e il Clostridium botulinum, responsabili rispettivamente di tetano e botulino.»
 
Queste affermazioni potrebbero essere sufficienti per stimolare la Sanità pubblica trentina (ma anche nazionale) al fine di redigere delle note informative nei pressi dei luoghi di villeggiatura di queste zone alpine.
Il suggerimento di non manipolare reperti umani o carcasse di animali, seppur congelati, senza le dovute precauzioni (guanti, tute, mascherine), dovrebbe essere preso in considerazione.

Con i miei rispetti, mi confermo.
Giuseppe Maria Gottardi