Una data: 14 maggio. Un nome: Ezio Bosso. Una parola: Ciao
Cartoline di Bruno Lucchi: un Musicista, un Artista, un Amico - sappiamo - non ci lascia mai definitivamente
>
La data è il 14 maggio. 1 passato un anno.
Sembra un secolo, anche per colpa del Covid.
La notizia, - nota stonata di quella mattina di un anno fa - scorreva su tutti i media:
Il grande musicista Ezio Bosso è morto.
Un Musicista, un Artista, un Amico - sappiamo - non ci lascia mai definitivamente.
Di Ezio rimane la sua passione, quella della sua vita: la Musica.
La «Musica libera», «di tutti» come diceva, ma anche quella scritta da lui.
Piacevole colonna sonora nella mia vita: a casa, in auto, in studio.
Il primo gesto, automatico, varcata la soglia del mio mondo di scultore, è accendere il lettore.
La scelta deve cadere su un CD che so che ascolterò più volte durante la giornata.
Complicato cambiare disco con le mani sporche di argilla.
E così, immancabilmente, o la «12ma Stanza», o «Under the Trees Voices»,
o quello detto, amichevolmente, degli «Elementi».
Nonostante la sua musica sia sempre con noi, Ezio manca.
Manca il suo sorriso.
Mancano i suoi pensieri, gli «Studi aperti» di Palazzo Barolo, le letture ai brani musicali,
i concerti nei teatri e nelle piazze di tutta Europa.
I social continuano ad essere invasi di immagini, parole, video.
Nel web circolano interviste, filmati, testi scritti da lui e recitati da attori famosi.
In diverse occasioni, ho postato anch'io, alcuni miei scatti.
Cerco di centellinare la pubblicazione su Facebook e Instagram delle sue fotografie.
Gli scatti una volta postati sono persi, non sono più miei.
Sono sincero: ne sono un po' geloso.
Non tanto per le fotografie in sé ma per ciò che rappresentano, ai ricordi a loro legati.
Spesso mi chiedono le stampe delle foto fatte ad Ezio.
Non so, non ho ancora deciso cosa fare. Ho qualche progetto: una mostra, un fotolibro. Chissà?
Ezio con il suo aspetto, il suo viso, il suo sorriso, la sua pettinatura, era poeticamente originale.
Il suo look («suo» sta ad indicare proprio/personale), le scarpe scelte sempre con cura,
il cappello a coprire (forse) il suo riserbo: tutto era unico, riconoscibile.
E le mani?
Lunghe, snelle, nervose, con gli inseparabili anelli.
Più volte ho cercato di fissarle, nella sim della mia Nikon, con la «magica bacchetta» strumento di dialogo intimo con la sua Europe Philharmonic Orchestra.
Troppo veloce il loro movimento e poca la luce per poter usare tempi che potessero coglierle, evitando l'effetto «mosso».
Ho la fortuna di fare un mestiere che più di un lavoro è una passione.
Immergermi nella terra umida e provare a rendere tridimensionali le mie emozioni, mi rende felice.
Con questo spirito mi son tuffato, a più riprese, dentro un'idea che non doveva rappresentare un'immagine statuaria dell'artista Ezio ma, piuttosto, cogliere uno o più particolari che lo identificassero: La mano. La bacchetta da direttore e… «Ciao!»
Mai avevo sentito un direttore d’orchestra salire sul palco e aprire un concerto con un «Ciao!»
Sempre, anche nelle sue esibizioni solo con il pianoforte, l'amato «fratellone» Steinway, la prima nota era sempre e solo «Ciao!»
«Ciao», ora non è più solo un semplice saluto, è anche un modo per sentirlo ancora con noi.
Mano. Anelli. Bacchetta. Ciao. È tutto in quest'opera.
Non è definitiva.
È una «prima lettura», come in musica.
C'è da ritornarci. Lavorarci. Adattarla. Integrarla.
Mi ci vuole tempo prima di essere soddisfatto forse - in realtà - non lo sono mai.
È un divenire continuo.
Non finisco mai di osservarle, ritoccarle, studiarle, modificarle.
Però, in fondo, questa mi sembra un buon punto di partenza.
Spero che Ezio, sia d'accordo.
Bruno Lucchi.
Bruno Lucchi Via Marconi,87 - 38056 Levico Terme – Trento [email protected] +39 (0)461 707159 studio - +39 329. 8632737 www.brunolucchi.it https://www.facebook.com/Bruno-Lucchi-1758717671122775/ https://www.instagam.com/lucchibruno/ |