Storie di donne, letteratura di genere/ 461 – Di Luciana Grillo
Raffaella Ranise, «Gli Asburgo. Da Sissi a Zita» – Questo libro è una fonte di informazioni storiche documentate e un omaggio agli Asburgo
Titolo: Gli Asburgo. Da Sissi a Zita
Autrice: Raffaella Ranise
Editore: Marsilio, 2022
Genere: Biografie di Case Reali
Pagine: 152, Brossura
Prezzo di copertina: € 16
Ho già letto e recensito alcuni scritti di Raffaella Ranise, ricordo il vivo interesse che ha suscitato in me la Storia dei Romanov, come ho davanti agli occhi le terribili vicende del campo di concentramento femminile di Ravensbruck.
Ora, con «Gli Asburgo, da Sissi a Zita», Ranise ritorna alle famiglie reali, ne racconta vicende liete e tristi, approfondisce aspetti dei caratteri, descrive abitudini, indaga tra amori e tradimenti, passioni e religiosità.
Inizia con Sissi, ma risalendo nel tempo, mette in evidenza i rapporti non facili fra la mamma Ludovica e il padre Max ed aggiunge che «alcuni studiosi hanno riconosciuto che la difficile vita matrimoniale di Elisabetta possa aver avuto in parte origine dalla solitudine della madre… spesso depressa e sola… ferita per il comportamento del marito e umiliata dal confronto con le sorelle, che avevano contratto matrimoni di maggior prestigio ed erano diventate regine».
Elisabetta, sposando l’imperatore, perse la sua fresca spontaneità e dietro un sorriso enigmatico nascondeva la sua sofferenza, il senso di solitudine, l’inquietudine che la opprimevano. «Per tutta la vita vi sarà una costante frattura tra l’immagine pubblica di Elisabetta e il suo tormento interiore».
Per tutta la vita, «forse Elisabetta aveva semplicemente bisogno di sentirsi amata», avrebbe voluto veder crescere i suoi figli lontano dall’etichetta di corte, a contatto con la natura, in un ambiente meno ostile.
A quel punto, diventata fragile anche fisicamente, Sissi cominciò ad allontanarsi dalla Hofburg, «il viaggio diventò fuga e sopravvivenza… divenne errabonda… quando era lontana da Vienna si sentiva meglio», anche perché il suo Franz «aveva ceduto alle attenzioni di altre donne».
Solo per l’educazione del figlio Rodolfo, l’imperatrice riuscì a imporre le sue vedute e a liberare almeno in parte il giovane erede dalle regole asburgiche, «rigide fino a rasentare la crudeltà».
La morte tragica del figlio rese la corte di Vienna davvero insopportabile per Elisabetta.
L’imperatore «rimaneva inchiodato al tavolo di lavoro, sempre più solo», l’imperatrice viveva «in un profondo stato di prostrazione e di agitazione… ormai sola, eccentrica, sempre alla ricerca di un luogo o di un non luogo, in perenne fuga dal mondo, ma in realtà in fuga da se stessa e dai suoi tormenti interiori».
Improvvisa arrivò la morte, per mano di un anarchico. Elisabetta aveva sessant’anni.
Con il telegramma che gli annunciava la morte della moglie in mano, Francesco Giuseppe, incredulo, mormorò: «Non mi viene dunque risparmiato nulla su questa terra».
La storia non si ferma, neppure quando muore un’imperatrice, e dunque altri eventi drammatici, come l’assassinio di Serajevo il 28 giugno 1914 scombussolano l’Europa e la dinastia degli Asburgo.
Così conosciamo Zita di Borbone-Parma, principessa bella e gentile, alta e snella, con capelli e occhi scuri, sposa di Carlo, il cui nonno era Carlo Ludovico, fratello minore di Francesco Giuseppe.
Zita era nata in Toscana, ma si sentiva francese, conosceva alcune lingue straniere, compreso il tedesco, apprese nel monastero benedettino nell’isola di Wight.
Gli sposi erano molto religiosi, «la fede salda caratterizzò da subito l’unione di Carlo e Zita e li accompagnò nel corso della loro vita», che non fu assolutamente facile.
L’impero era ormai giunto al capolinea, la famiglia reale si spostò in Svizzera, Carlo fece dei tentativi per recuperare il regno d’Ungheria e Zita, sebbene incinta, lo accompagnò, senza alcuna incertezza, perché era convinta che «il dovere di una sovrana è prima di tutto essere fedele alla corona».
A Madeira vissero un periodo abbastanza sereno, anche se i figli erano rimasti in Svizzera e la situazione finanziaria della famiglia era difficile.
Zita non si perse d’animo, andò a prendere i suoi figli, fu accolta con una certa diffidenza ma, nel viaggio di ritorno verso Funchal il re di Spagna, Alfonso XIII le manifestò rispetto e calore.
Certo, la casa dove abitavano era priva di molte comodità, non c’era luce elettrica né acqua calda, dappertutto odore di muffa, ma gli ex sovrani e i loro figli non si lamentavano, avendo accettato con grande dignità condizioni di vita ben diverse da quelle regali.
A fine marzo 1922, Carlo si spense, aveva trentaquattro anni.
Zita, nuovamente incinta, fu accolta con i figli a Madrid dal re di Spagna, ma furono necessari altri traslochi, alla ricerca di abitazioni meno costose da mantenere.
Negli anni seguenti andarono in Belgio, in Portogallo, negli USA, in Canada. Zita era serena, sorretta dalla certezza della fede.
Solo nel 1982 le fu consentito di tornare in Austria, accolta con affetto e orgoglio dai sudditi. Il figlio Otto e la nuora Regina l’hanno assistita amorevolmente fino alla morte, avvenuta nel 1989.
Così Raffaella Ranise chiude la parabola delle Asburgo, così diverse e così speciali, l’una – Elisabetta – inquieta e affascinante, l’altra – Zita – che «ha lasciato il trono e l’Austria troppo presto», eppure sempre serena, «capace di sopportare le difficoltà e il dolore con dignità».
Entrambe hanno lasciato una traccia importante del loro passaggio, entrambe riposano per sempre nella cripta dei Cappuccini.
Questo libro non è solo una fonte di informazioni storiche documentate, è anche un omaggio agli Asburgo, di cui si trova nelle ultime pagine un preciso albero genealogico e un ricchissimo apparato iconografico.
Luciana Grillo - [email protected]
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